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domenica 18 luglio 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


Germana liberata definitivamente con un secondo esorcismo 25 aprile 1907


In diverse occasioni, durante le crisi, il demonio aveva detto che se ne sarebbe andato, sì, ma che  sarebbe tornato un’altra volta e che la sua seconda presenza sarebbe stata più pesante e spaventosa  della prima. La triste profezia si avverò quattro o cinque mesi più tardi, all’inizio del 1907, quando  la povera Germana si vide ridotta alla condizione dell’anno precedente. Fu necessario pertanto un  nuovo esorcismo e questa volta, in assenza del padre Erasmo che era stato richiamato in Europa, fu  presieduto dallo stesso vescovo missionario del Natal, Monsignor Enrico Delalle. La cerimonia fu  fissata il 24 aprile nella chiesa della missione di San Michele.

Il primo giorno il vescovo, assistito da altri tre sacerdoti, fece l’esorcismo dalle 8 alle 12, e dalle 14  alle 20, ma senza ottenere nulla. Il diavolo evidentemente non aveva nessuna intenzione di  andarsene:

— Ho avuto da Dio, che io odio, il permesso di parlare e di tutto palesare. Finché questo tempo non è passato non me ne vado e voi non potete far nulla per obbligarmi a partire.

Il secondo giorno, 25 aprile, l’esorcismo fu ripreso. Dopo un’ora e mezza l’ossessa si elevò dal  suolo e il demonio cominciò a prendersi gioco del vescovo:

— E allora, signor vescovo, che cos’hai da star lì a bocca aperta? Cerca di fare anche tu come me. E scoppiò in una grossolana risata mentre il vescovo e i sacerdoti che lo assistevano grondavano di  sudore. Poi l’ossessa ripiombò a terra ancora legata mani e piedi.

Il vescovo riprese le preghiere con rinnovato fervore. Si raccomandò a san Michele arcangelo e alla  Vergine Immacolata per un’ora intera, e finalmente vide che la sua preghiera, e la preghiera di tutti  gli astanti, era stata esaudita. La bestia satanica, con un ultimo guizzo di rabbia furiosa e un’ultima  spaventosa imprecazione, finalmente se ne andò dalla giovane che rimase per qualche istante come  priva di vita. Germana fu risollevata, sciolta dai suoi legami e fatta inginocchiare davanti all’altare.  E facile immaginare la gioia, la commozione, la gratitudine con cui il vescovo e gli altri, e la stessa  graziata, cantarono il Magnificat e il Te Deum di ringraziamento.

Germana visse ancora 6 anni dopo la sua liberazione, restando nella missione e edificando tutti con  l’esempio di una vita veramente cristiana. Morì tisica, facendo una morte santa, il 14 marzo 1913  all’età di 24 anni, festa dell’Addolorata, il venerdì di Passione.

Paolo Calliari

lunedì 10 maggio 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


Germana liberata una prima volta 13 settembre 1906

Il vescovo del Natal, da cui dipendeva la missione di San Michele, Monsignor Enrico Delalle della  Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata (OMI), tenuto sempre al corrente dei fenomeni  diabolici di Germana che, in data 10 settembre 1906 aveva autorizzato i due missionari padre  Erasmo e padre Mansueto a fare gli esorcismi prescritti dal rituale per la liberazione dell’ossessa. La cerimonia fu tenuta dalle 7 del mattino del 12 settembre alla presenza anche dei due rettori delle  stazioni missionarie padre Solano e padre Apollinare. Germana, arrivata in chiesa, inginocchiata  davanti all’altar maggiore, era tenuta d’occhio e ben custodita da sei robuste ragazze negre, da due  giovanotti, da un uomo sposato e da due suore, tutti pronti a intervenire non appena ci fosse stato  bisogno, per tener ferma la ragazza e impedire che scappasse. Padre Erasmo le aveva raccomandato  di pregare e di aver fiducia nel Signore.

Finite le litanie dei santi cominciarono gli esorcismi veri e propri, il comportamento dell’ossessa fu  sempre caratterizzato, com’era da aspettarsi, da gesti di ribellione, di rabbia, di insofferenza, di furore, che si manifestavano con maggiore o minore intensità a misura che la cerimonia procedeva.  Il demonio, che parlava attraverso la ragazza, aveva detto chiaramente che fra poco se ne sarebbe  andato:

— Ancora un poco e poi devo andarmene. Uscirò dalla finestra che sta sopra la cantoria, ma voglio  portar con me anche Germana. Quando essa cadrà morta per terra io tornerò all’inferno.

La decisione e ferma volontà di portarsi via l’indemoniata fu espressa altre volte dal demonio  durante l’esorcismo. Naturalmente non le si diede nessuna importanza, il padre si oppose  recisamente e impedì che il triste progetto fosse attuato.

Aumentando l’agitazione dell’indemoniata, a un certo punto le si dovettero mettere le manette per  impedire che si facesse del male o che facesse del male ad altri. Il suo viso prendeva un aspetto  spaventoso e orribile, veramente satanico, quando le si applicava la reliquia della santa croce o la si  aspergeva con acqua benedetta.

Seguiva le preghiere e gli scongiuri del rituale nella lingua latina e rispondeva correttamente, anche  se con manifesta rabbia, alle domande che le erano rivolte in latino. Il furore raggiungeva il  massimo quando nel rituale si leggevano titoli dati al demonio come questi:

— Nemico della fede e del genere umano, autore della morte, radice di ogni iniquità, suscitatore di  invidia, origine dell’avarizia, causa della discordia, eccitatore dei dolori, spirito immondissimo,  perché resisti a Cristo? Temi Cristo che è stato immolato in Isacco, venduto in Giuseppe,  nell’agnello ucciso, nell’uomo crocifisso, e quindi vincitore e trionfatore dell’inferno.

Continuando gli esorcismi Germana si agitava sempre più, batteva i piedi per terra e gridava:

— Giuro che quel Dio che io odio mi ha dato il permesso di entrare nel corpo di Germana.

E indicando il tabernacolo gridò ancora:

— Apritelo!

Padre Apollinare aprì il tabernacolo e mise la pisside sulla porticina in modo che tutti la vedessero.  Il demonio fece fare uno splendido atto di fede nell’eucarestia gridando:

— Sì, là vi è Gesù che mi ha permesso di entrare nel corpo di Germana. Là c’è lui. Germana lo ama ma io lo odio. Permettimi ora di andarmene insieme con Germana attraverso quella finestra là in  alto.

Era già mezzogiorno. Da cinque ore durava l’esorcismo e tutti si sentivano molto stanchi. Il padre  Erasmo ordinò di sospendere la cerimonia per qualche ora e di riprenderla nel pomeriggio.

Alla sera l’esorcismo fu ripreso e la reazione dell’indemoniata fu ancora più violenta del mattino.  Le vene della fronte le si erano gonfiate, così il collo, la testa, le spalle e il braccio sinistro fin quasi  a scoppiare. Le due suore le poggiarono le mani sulla spalla e sulla fronte per attutire il dolore e il  bruciore. Germana soffriva e dal dolore mugghiava e soffiava contorcendosi come un verme.

A una nuova domanda dell’esorcista il demonio rispondeva con un’altra bella professione di fede  nell’eucarestia:

— Là nel tabernacolo c’è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Io non nego Dio ma lo odio. Egli è  presente qui nel sacramento circondato dalla schiera di innumerevoli angeli. Per quanto noi diavoli  siamo bugiardi e ci serviamo della menzogna, talvolta, e anche questa volta, diciamo la verità. Dio,  quando voi lo pregate, ci permette qualche cosa e talvolta no. Questo lo riconosco e lo confermo. Poco dopo egli si chiuse in un mutismo e non volle dire più nulla. Non potendo continuare,  l’esorcismo fu interrotto per essere ripreso l’indomani.

Il giorno seguente, 13 settembre, verso le 8 del mattino, Germana fu riportata, malgrado la sua  ostinata resistenza, in chiesa, fatta inginocchiare nel coro, custodita da due suore e da otto forti  ragazze alle sue spalle. Le altre suore erano nella cappella laterale e le alunne nella navata centrale. 

Tutta la comunità della missione assisteva all’esorcismo che questa volta doveva avere effetto  positivo.

Padre Erasmo, esorcista, nella relazione scritta che ci ha lasciato, riferisce i particolari drammatici  di quell’ultimo sforzo per liberarsi dal demonio:

«Tenevo con la mano sinistra la stola che era stata messa intorno al collo di Germana, mentre con la destra tenevo il rituale. Germana era diventata più nervosa e irritata del solito. Altre suore vennero  nel coro e in tutte erano sette, aggiunte alle otto robuste ragazze che tenevano a bada l’ossessa,  sollevata dal suolo con la sua sedia, e sollevate insieme anche le sette suore e le otto ragazze. Tutti  quelli che erano in chiesa, suore e alunni, e io stesso, lo vedemmo. Germana era irriconoscibile, la  sua faccia era spaventosa e raccapricciante, orribile a vedersi, urlava e ringhiava come un cane.  Suor Luitgarda si prese un forte strattone sul braccio che le fece molto male e vi lasciò un ecchimosi violacea. Io, madido di sudore, continuai l’esorcismo. Il furore parossistico dell’indemoniata non  diminuì, anzi sembrò che aumentasse con pericolo di quanti le stavano attorno, improvvisamente,  mentre le suore tentavano di metterle le manette al braccio destro, essa furente allontanò il braccio e strinse al collo suor Anacleta fino quasi a strozzarla. Poi si alzò dal suolo con la sedia, trascinando  con sé anche la suora che toccava il suolo soltanto con la punta del piede. Ci volle un buon quarto  d’ora perché la suora fosse liberata da quella incomoda situazione e perché l’ossessa, con notevole  sforzo di tutti i presenti e tra urli e imprecazioni a non dire, fosse di nuovo legata mani e piedi e  ridotta nell’impossibilità di nuocere.

«Suor Anacleta tenne legata fissa l’ossessa. Io le tenevo fissa al collo la stola, come prescrive il  rituale. Quando lessi le parole: “Scongiuro te, antico serpente”, essa uscì in smanie e gemiti da far  pietà e tentò di mordere il braccio della suora. Io l’avvertii subito, ma era troppo tardi. L’ossessa  diede un forte morso al braccio della suora, un morso singolare, le maniche del vestito non avevano  nessuno strappo ma sulla pelle si vedeva la traccia dei denti e la bava. La traccia dei denti era  visibile anche sulla pelle, una traccia prima rossa, poi violacea e infine verde. Nel mezzo c’era una  piccola chiazza rossa come la puntura di un insetto. Nei giorni seguenti si videro sul posto delle  vesciche come da bruciatura e la ferita continuò a far male.

«Io continuai l’esorcismo senza impressionarmi o spaventarmi troppo, e questa volta l’esito doveva  essere positivo. Germana si sollevò in aria ancora una volta e poi stramazzò pesantemente al suolo,  fece due o tre capriole su se stessa e poi di colpo si alzò in piedi. Essa era libera e tornata normale. «I lacci e le manette furono tolti ed essa si unì subito agli altri nella preghiera di ringraziamento  dicendo con fervore il suo grazie al Signore per il grande beneficio ricevuto. La sua anima aveva  finalmente ritrovato la pace.

La cerimonia finì col canto solenne del Te Deum».

Paolo Calliari

mercoledì 7 aprile 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA - Particolare avversione alla Madonna e a san Michele Arcangelo

 


GERMANA CELE, NATAL, SUDAFRICA 1906-1907


Particolare avversione alla Madonna e a san Michele Arcangelo

Nella parete della stanza c’era un quadro dell’Immacolata che aveva ai piedi il serpente. Germana,  entrata nella stanza, al vedere il quadro fu subito presa da una furia rabbiosa e la sua faccia fu  trasformata da fare spavento. Cercò invano di sfregiare l’immagine con le unghie e con aghi, le  sputò addosso e la sua bocca era piena di bava schiumosa. Poi si mise a gridare forsennata:

— Si, si, è proprio questa che ci ha schiacciato la testa per mezzo del suo Figlio, Gesù, il figlio  dell’uomo al quale noi portiamo tanto odio. Bene! La prima Eva l’abbiamo potuta strappare dal suo  paradiso. Voleva diventare come Dio la poveretta! Gli occhi le si devono essere aperti. Ah!ah! ah!  Gli occhi di Adamo e di Eva si sono aperti ed essi ci sono cascati come ci eravamo cascati noi, e si  sono perduti. Ed ecco venire la seconda Eva, questa qui, che diventa la Madre del Figlio dell’uomo,  la Madre di Dio, di quello che noi odiamo.

Poi indicò col dito il serpente, rise sgangheratamente e diabolicamente, batté le mani e gridò:

— Questo è uno dei nostri, l’antico serpente. Ah! ah! ah! il serpente è furbo e astuto. Quanto odio e  rancore portiamo noi a questa Maria che ha schiacciato la testa al serpente!

Poi di botto si fermò, si alzò e andò a sedersi in un angolo, uscì in gemiti e grugniti e si coperse la  faccia con le mani. Di tanto in tanto le prendeva un’altra crisi che, si vedeva, la faceva soffrire  crudelmente e la faceva uscire in gemiti, urli e pianti da far compassione.

La povera indemoniata si dimostrava piena di odio e di furore non solo verso la santissima Vergine,  ma anche verso i santi e specialmente verso l’arcangelo san Michele, il principe della schiera celeste che aveva lottato contro i demoni e li aveva sconfitti. Questa lotta combattuta nel cielo deve essere  stata qualche cosa di terribile e di spaventoso e la vittoria che ne seguì qualche cosa di grandioso e  di magnifico. Sarà possibile capire la rabbia di satana e dei suoi colleghi dal senso di desolazione e  dalla disperazione dimostrata dagli indemoniati, cioè dai demoni che sono e operano in essi, quando parlano della felicità che hanno perduta per sempre. E tuttavia non cessano di ripetere l’eterno  ritornello:

— Non adoreremo! Non serviremo, mai, mai, mai!

Paolo Calliari

lunedì 1 marzo 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA - Quanti sono i demoni e cosa fanno

 


GERMANA CELE, NATAL, SUDAFRICA 1906-1907


Quanti sono i demoni e cosa fanno

Anche in Germana, come negli altri indemoniati, si notavano i fenomeni di levitazione, di  xenoglossia, di conoscenza di cose occulte e lontane. Essa era talvolta sollevata in aria restando in  posizione orizzontale, altre volte in posizione verticale. Una volta si sollevò dal letto per due metri  restando sospesa in aria in posizione orizzontale senza nessun sostegno. Le vesti non si aprivano ma restavano aderenti alle gambe e al corpo. Dopo pochi minuti scendeva lentamente e tornava al suo  posto di prima. Un’altra volta si sollevò in posizione verticale, in chiesa davanti a tutti i  parrocchiani della missione. Stava sospesa un metro e mezzo dal suolo e nessuna forza umana  riusciva a farla scendere, neppure quella di diverse robuste ragazze zulù. Solo l’aspersione  dell’acqua benedetta otteneva lo scopo. Essa, con gesti e grida di rabbia, tornava al suo posto e poi  si metteva a piangere come una bambina.

Il demonio è sempre uguale a se stesso. Qualche volta è anche autobiografico, parla di sé e degli  altri demoni, dell’inferno.

Interrogato una volta come potesse conoscere le cose lontane rispose:

— Solo quel Dio che io odio è presente in ogni luogo, e nessun altro, neppure gli angeli e neppure  noi che siamo spiriti. Ma veloci come il pensiero noi possiamo spostarci da un luogo all’altro, però  senza poter essere contemporaneamente in luoghi diversi. Noi siamo innumerevoli legioni, tanto  numerosi che se gli uomini potessero vederci, il cielo ne sarebbe tutto coperto e diventerebbe  oscuro. Gli spiriti numerosissimi che vagano nell’aria, sulla terra e in ogni luogo del mondo, vedono e sentono tutto ciò che gli uomini dicono e fanno, anzi talvolta anche quello che pensano (però  soltanto quando lo esprimono in qualche modo, N.d.A.). Rapidi come il lampo noi ci raduniamo  insieme e ci comunichiamo le notizie. Queste notizie le dobbiamo comunicare anche ai nostri capi.  Lucifero è messo al corrente di tutto e impartisce le sue disposizioni su tutto: lo comunica ai suoi  grandi e i grandi le comunicano a noi.

Riferendosi al suo tempo — siamo nel 1906 — soggiungeva:

— In questo tempo sono state rilasciate dall’inferno e vagano nel mondo numerose schiere di  diavoli. Noi siamo sparsi nel mondo intero e lavoriamo a tutta forza per suscitare tra gli uomini odio, invidia, divisione, discordia, lotta guerra, peccati e vizi. Già, siamo impegnati a tutta forza  perché il nostro tempo è breve e Dio, quel Dio che io odio tanto, ci ha permesso di tentare e di  ingannare gli uomini. Senza la sua volontà e la sua permissione noi non potremmo far nulla. Oh  quanto sono sciocchi gli uomini!

Notiamo di passaggio che appena otto anni dopo queste affermazioni, nel 1914, scoppiava la prima  guerra mondiale con milioni di morti e cumuli di rovine, venendo così a confermare coi fatti quello  che la spavalda superbia del demonio aveva con tanta sicurezza preannunziato.

Paolo Calliari

sabato 14 novembre 2020

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


GERMANA CELE, NATAL, SUDAFRICA 1906-1907


Una predica a due che ha fatto epoca

La relazione del padre Erasmo narra lo svolgimento singolare, in parte drammatico — e in parte  anche comico — di una Messa solenne da lui celebrata nella cappella della missione la domenica 20 agosto 1906 alla presenza di un tolto pubblico. Era presente anche la nostra Germana, tenuta sotto  controllo da una suora e da una robusta ragazza negra, in un angolo, in fondo alla cappella.

Appena cominciata la Messa Germana cominciò a dar segni di insofferenza, a far boccacce, gesti  scomposti, a chiacchierare forte. Al vangelo la cosa si fece ancora più seria. Il celebrante leggeva il  testo di Matteo nel quale erano riferite le parole di Gesù: «Questo genere di demoni non si caccia  che con la preghiera e il digiuno» (Mt 17,21). A quel punto il fracasso diventò assordante. La  ragazza cercava di disturbare il sacerdote in tutti i modi con urli, risate, sghignazzi, battiti di mani,  digrignando i denti, lanciando insulti. Poi improvvisamente sfuggì alle sue guardiane e scappò dalla  cappella.

Padre Erasmo si fermò un istante, la fece richiamare e la fece rimettere, sempre sotto buona guardia, nel primo banco. Lì essa, senza volersi inginocchiare, continuò a far boccacce e a digrignare i denti. Il predicatore cominciò la sua omelia commentando il testo evangelico. Raccomandò agli uditori la preghiera e la vigilanza per non cadere nei lacci del maligno: il demonio, bugiardo fin da principio,  cerca soltanto di ingannare e di sedurre gli uomini per farli cadere in peccato.

Qui comincia il dialogo animatissimo con battute, interruzioni, repliche, negazioni e ritrattazioni  che hanno reso interessantissima e unica quella Messa per tutti quelli che vi erano presenti. Ne  riportiamo in riassunto la parte centrale. Dei due predicatori, padre Erasmo e il demonio, che  parlava per bocca di Germana, il più efficace fu certamente il secondo. I principi della fede e della  morale non potevano essere meglio esposti e spiegati dallo strano e improvvisato predicatore. GERMANA (cioè il diavolo): Falso! falsissimo! È tutto una bugia! — gridò satana interrompendo  padre Erasmo, battendo forte sul banco e gettando in aria i libri della preghiera.

IL PADRE: Taci e dì la veritì!

GERMANA: Sì, è tutto vero quello che dice il padre. 

IL PADRE: Il demonio lavora le anime alla loro perdizione con le tre concupiscenze, la  concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita.

Molti si lasciano sedurre, vivono abitualmente in peccato quando si confessano tacciono. GERMANA: Non confessatevi!

IL PADRE: Taci! Chi pecca è schiavo del peccato e dello spirito del male. Quanto numerosi sono  nel mondo li schiavi di questo genere! Sono ciechi e sordi, si accostano sacrilegamente ai  sacramenti e moltiplicano colpe su colpe.

GERMANA: Tacete sempre in confessione! Dite sempre bugie al confessore!

IL PADRE: Finiscila e confessa la verità.

GERMANA: Sì, quello che dici è tutto vero.

IL PADRE: Io metto davanti a voi — dice il Signore — la vita e la morte. Scegliete. Chi sceglie la  vita e vuole avere giorni buoni abbandoni il male e faccia il bene. Credete in Dio, amatelo e  osservate i suoi comandamenti.

GERMANA: — cercando di contraffare ironicamente la voce, i gesti e le parole del predicatore e  allungando la lingua fuori dalla bocca — Che cosa vuol dire credere? Che osa è Dio? Dov’è Dio?  Tu non l’hai mai visto. Come puoi dire che c’è un Dio?

IL PADRE: Taci, spirito immondo e di la verità.

GERMANA: Sì, c’è un Dio. Egli è in cielo e in ogni luogo. Io l’ho visto.

IL PADRE: Ora è il tempo della grazia — dice l’apostolo questi sono i giorni della salvezza. 

Cercate di sfruttarli al massimo. Spogliatevi dell’uomo vecchio coi suoi vizi e le sue concupiscenze  e rivestitevi dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella verità, nella santità e nella giustizia. GERMANA: No! no! no! Non fate questo. E tutto una bugia e un inganno.

IL PADRE: Silenzio! Cercate, fratelli di fare vera penitenza dei vostri peccati ricordandovi del  sangue, della passione e morte del Salvatore. Inginocchiatevi umilmente davanti al crocifisso e fate  un vero esame della vostra coscienza.

GERMANA: Tu continui a raccomandarmi di tacere e poi continui a parlare. Come mai una predica tanto lunga oggi? Finiscila una buona volta! Tu mi hai già stufato abbastanza.

IL PADRE: Il Signore è il buon pastore che va in cerca della pecora smarrita. Egli è pieno di bontà e di misericordia. Rivolgetevi a lui con fede, con amore e con timore ed egli vi accoglierò. GERMANA: Falso, falso, falso! Non fatelo!

IL PADRE: Dì che non è falso. Te lo ordino!

GERMANA: Sì, è tutto vero, è veramente così.

IL PADRE: Dopo i comandamenti di Dio dovete osservare anche i precetti della chiesa, assistere  alla Messa la domenica e le feste comandate.

GERMANA: Non fatelo. Venite in chiesa dopo l’elevazione, chiacchierate e ridete durante la Messa e uscite di chiesa prima che sia finita. Ma questa predica quanto dura? Quando la smetterai di  parlare?

IL PADRE: L’inferno esiste e molti vi cadono.

GERMANA, ridendo sguaiatamente e battendo le mani dalla gioia: Confessatevi tacendo il peccato, non preparatevi, non pensate al dolore e al proposito. Solo così andrete in paradiso!

IL PADRE, dopo aver invitato l’assemblea a inginocchiarsi e a promettere a Dio di migliorare la  propria vita, recitò diverse preghiere, fece rinnovare i voti battesimali e finì con l’invocazione alla  Madonna essendo quel giorno la festa del Cuore Immacolato di Maria.

GERMANA: Noi (i demoni) non possiamo inginocchiarci, noi non possiamo dare a Dio nessun  onore. Io non posso adorare Dio, fate tutti come me. Date la vostra anima al diavolo.

Dopo la predica fu intonato il Credo. Alle parole «Si è incarnato» Germana ricominciò a strepitare,  a abbaiare e a fare i soliti gesti. Durante l’offertorio si alzò dal banco rimanendo sospesa due metri  nell’aria, poi sghignazzando andò a posarsi nel coro dietro all’altare. Ma bastò una severa occhiata  del celebrante per richiamarla all’ordine e farla tornare subito, da sola, al suo posto. Poco dopo,  restando nel banco, voltò le spalle all’altare e gridò:

— Adorate me.

A un nuovo comando del padre si voltò di nuovo verso l'altare e così rimase fino alla fine. 

Avvicinandosi il momento della consacrazione la sua agitazione aumentò sempre più procurando  non poco disturbo e distrazione ai presenti.

Dopo la Messa ci fu la benedizione eucaristica. Il canto del Tantum Ergo le dava maledettamente  sui nervi. All’incensazione dell’Altissimo non né poté più:

— Finiscila col tuo fumo! e disse una bestemmia che non si può ripetere.

E facile capire la profonda impressione che quella Messa e quella omelia a due deve aver lasciato in tutti i preesenti.

Paolo Calliari

venerdì 25 settembre 2020

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


GERMANA CELE, NATAL, SUDAFRICA 1906-1907

***

Una buona confessione caccia il diavolo

Quando si sentiva maggiormente tormentata dalle vessazioni diaboliche Germana, che ne era  pienamente cosciente, domandava di confessarsi e dalla confessione ricavava sempre un visibile  beneficio. Lo stesso si dica della sua compagna Monika che era soggetta agli stessi fenomeni. La  cosa però non era delle più facili per il confessore che non riusciva a distinguere se parlasse la  giovane o se, attraverso lei, parlasse il demonio. Talvolta il padre Erasmo aveva l’impressione che  da una stessa bocca parlassero due persone. Germana diceva:

— Voglio dir tutto al confessore. Sono stufa di te, non ne posso più. Mi confesso e mi sento libera di te.

La giovane cominciava la confessione, ma stentata- mente, fermandosi spesso quasi non potesse  parlare. La sua gola era come chiusa e legata. Essa era in grado di dire quello che voleva e  rispondere a tutte le domande, ma non di dire i peccati. Solo dopo una speciale benedizione del  confessore poteva dir tutto.

Quando si accostava alla comunione doveva essere sempre assistita perché il demonio la incitava e  spingeva a sputar fuori l’ostia o a togliersela dalla bocca con le dita. Suor Giuliana con altre due  ragazze le stava sempre al fianco per impedire qualunque profanazione del sacramento. Spesso  Germana trovava difficile inghiottire l’ostia, la sua faringe, malgrado ogni sforzo, sembrava chiusa.  Solo dopo che il sacerdote aveva messo nella sua bocca le due dita consacrate l’impedimento  cessava. Durante la comunione talvolta tremava in tutto il corpo, ma poi si calmava. Arrivata la sera del giorno in cui si era confessata e comunicata, di solito riprendevano con più furia gli assalti  demoniaci. Il demonio si vendicava con rabbia rinnovata. Lo si sentiva per gli insulti e i rimproveri  che le rivolgeva per essersi confessata e comunicata.


Dio sa cavare il bene anche dal male

Tutto ciò che Dio fa nel mondo è per il bene dell’uomo. Tutto ciò che egli vuole e tutto ciò che egli  permette — e anche il male, che egli permette ma non vuole — porta talvolta dei frutti buoni. Il  demonio, che odia Dio e odia l’uomo, diventa così, involontariamente, uno strumento per dare  gloria a Dio e per portare la salvezza all’uomo. Anche nel caso che stiamo esaminando è capitato lo  stesso.

Il demonio, per bocca di Germana, diceva cose ignorate dai più e che per via naturale non si  sarebbero mai scoperte, specialmente riguardo a malefatte, mancanze e peccati commessi dai  ragazzi e dalle ragazze della scuola missionaria, e che essi si erano ben guardati dal dire in  confessione perché si vergognavano. Gli interessati diventavano pallidi e tremavano dalla paura. E  siccome queste cose erano dette in pubblico, in faccia a tutti grandi e piccoli, senza riguardo e senza distinzione, con facile scandalo di qualcuno, il padre Erasmo dovette intervenire più volte per farlo  tacere.

La relazione parla di due ragazzi, Ludovico e Franco, che in presenza di padre Erasmo e delle suore  e delle altre alunne della scuola, furono accusati di una serie di brutte azioni, avvelenamenti,  stregonerie, seduzioni di ragazze e altre cose. Alloro tentativo di difesa Germana, cioè il diavolo,  ricordava le circostanze di tempo, di luogo, di persona, delle azioni commesse e rivolto a Franco  diceva:

— Sei ancora un ragazzo, giovane di anni ma vecchio di malizia e di brutte azioni. Sei peggiore di  me. Per questo sei completamente mio, non ti lascerò più finché non ti avrò portato con me nell’inferno.

Il ragazzo, pallido come un cencio e tremando, tirò fuori dalla tasca la corona del rosario, pregando  il padre Erasmo di farlo tacere.

— Taci! — gli ordinò il padre.

Il demonio si azzittì ringhiando come un cane. I due ragazzi corsero subito in chiesa a confessarsi.  Ludovico morì pochi anni dopo assistito dal sacerdote e con tutti i sacramenti, di una malattia che  egli stesso si era comprata coi suoi vizi. Franco, dopo aver recato grave danno a una donna e portato alla rovina altre persone, morì pazzo.

Lo stesso capitò ad altre due ragazze di nome Cordula e Crescenza. Al sentirsi dire apertamente le  loro malefatte si misero a tremare piene di vergogna senza poter dire una parola. A una terza, che da molto tempo non si era più confessata, Germana, cioè il demonio, disse:

— Ah! tu sei mia, sei una mia schiava che fa tutto quello che voglio io.

E battendole confidenzialmente la mano sulla spalla continuò:

— Già, tu sei la mia compagna carissima. Non confessarti, non confessarti più, non serve a niente  confessarsi.

I superiori e gli alunni della missione, che in un modo o nell’altro venivano a sapere di questi fatti,  ne restavano molto impressionati. Era il demonio che parlava e sapendo da che pulpito veniva la  predica, si poteva capirne meglio anche il significato e capirne le conseguenze. I confessionali erano sempre affollati di penitenti. Essi avevano capito che solo una confessione ben fatta poteva tener  lontano da loro un avversario così feroce. Così gli interventi sfacciati e volgari del demonio  servivano praticamente ad allontanare da lui le anime e ad avvicinarle di più a Dio.

***

Paolo Calliari

sabato 22 agosto 2020

TRATTATO DI DEMONOLOGIA



GERMANA CELE, NATAL, SUDAFRICA 1906-1907


***
Prime manifestazioni diaboliche

Nel 1906 Germana aveva 17 anni. Nell’estate di quell’anno si manifestarono in lei e nella. sua  compagna Monika Mohletsche — in misura però inferiore in quest’ultima — dei fenomeni strani e  insoliti che non trovavano nessuna spiegazione o motivazione naturale. I suoi occhi avevano preso  un’espressione strana e conturbante. Di notte spesso si agitava e gridava: «Sono dannata! Mi sono  confessata e comunicata indegnamente. Voglio ammazzarmi, impiccarmi. E satana che mi chiama». 

Tutte le raccomandazioni erano inutili. Si calmava per qualche tempo e poi riprendeva con violenza  ancora maggiore. Un giorno fece avere al padre Erasmo, superiore della missione, un biglietto: era  l’attestato firmato col suo sangue nel quale era detto che si era data al diavolo. Come fosse arrivata  a tanto nessuno lo potè mai sapere. Da allora trascurò quasi del tutto i sacramenti. Il 20 agosto 1906  il furore e l’agitazione arrivarono al parossismo.

Essa digrignava i denti in modo spaventoso, abbaiava come un cane e domandava aiuto:

— Suora, fa venire il padre Erasmo. Voglio confessarmi e dir tutto. Fa presto perché satana mi sta  ammazzando. Non ho più nulla per difendermi, la medaglia che mi avevi dato l’ho buttata via.

Suor Giuliana si affrettò a metterle al collo un’altra medaglia miracolosa e una di san Benedetto e  ad aspergerla con acqua benedetta. La ragazza gridava ancora più spaventata:

— Tu mi bruci. Fa venire presto il padre Erasmo, egli solo mi può aiutare.

Arrivato il padre Erasmo il diavolo si manifestò in altro modo facendo sentire, attraverso la bocca  della giovane, la sua voce:

E venuta adesso la nostra ora — diceva cori voce cavernosa — adesso verremo in gran quantità  sulla terra per tentare, sedurre e tormentare gli uomini. Guai a te, Germana! Finora ero io solo a  tormentarti, d’ora in poi saremo in molti.

— Che cosa volete da me? — rispondeva la giovane —. E stata la suora a chiamare il padre, io non  c’entro. E non gli ho neppur detto il più fino a questo momento.

Padre Erasmo la benedisse. Essa proseguì parlando sempre col demonio:

— Devo dir tutto al padre. Sì, glielo dico. Mi sento sfinita, non ne posso più. Tu mi tormenti troppo. Il padre ha in mano il foglio firmato che tu vuoi indietro, egli ora lo ha con sè. Satana mi tormenta  in modo insopportabile.

Il padre abbordò direttamente il demonio:

- Chi sei?

— Sono io e basta.

— Sei tu Germana?

— No, non sono Germana. Devo lasciarla fra poco, tuttavia è mia e resta mia. Io tornerò a  impossessarmi di lei. Togli via quell’immagine, l’immagine di Maria. Essa ci ha schiacciato il capo. Gettala via! Vedi il serpente ai suoi piedi? Quello è uno di noi, è il drago.

E scoppiò in una risata gelida, sarcastica.

Germana continuò:

— Sì, sono stata io a chiamare il demonio ed egli è venuto. Per quattro volte ho fatto la comunione  degnamente, ma dopo di allora l’ho fatta sacrilegalmente senza mai confessarlo e senza dire che  avevo chiamato il demonio. Sono disperata, sono dannata.

E cominciò a mugolare, a piagnucolare, a grugnire, a abbaiare, a strepitare.

Il padre interrogò di nuovo il demonio:

- Chi sei?

— Sono satana, il nostro re è Lucifero. Il suo potere è immenso, ha sotto di sè molti sudditi che lo  servono. Siamo stati cacciati dal cielo anche se i nostri peccati erano meno numerosi di quelli degli  uomini.

Ma c’è un inferno?

— Sì, c’e un inferno. Il fuoco li non risplende come da voi, non ha nessun confronto col vostro  fuoco, ma anche nell’oscurità più profonda noi ci vediamo e ci riconosciamo tra noi. Cristo con la  sua morte in croce ci ha sconfitti, ma ora siamo in tanti sulla terra per ingannare e perdere gli  uomini. Cristo verrà ancora una volta nell’ultimo giorno e noi saremo giudicati una seconda volta  davanti a tutto il mondo. Noi crediamo in Dio, ma lo odiamo cordialmente.

E Germana dicendo questo digrignava i denti orribilmente. Talvolta, ma non sempre, si rendeva  conto del suo stato e di quello che avveniva in lei, si raccomandava ai presenti perché pregassero e  offrissero la Messa per la sua liberazione. Il diavolo la interrompeva brutalmente:

— Taci. Tu sei mia. Taci, altrimenti ti capiterà di peggio.

Altre volte diceva:

— Tu credi in Dio? Sciocchezze! L’hai mai visto il tuo Dio? Come puoi credere in un Dio che non  hai visto? Tu credi ciò che non hai veduto.

E rideva in modo sfrenato.

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Paolo Calliari

domenica 12 luglio 2020

TRATTATO DI DEMONOLOGIA



GERMANA CELE, NATAL, SUDAFRICA 1906-1907

Documentazione

La relazione dei fatti riguardanti la possessione diabolica della giovane africana Germana Cele,  della missione cattolica di San Michele, Nata!, Sudafrica, è stata stesa dal padre Erasmo Hòrner,  della Congregazione missionaria di Mill-Hill, che, come si dirà nelle pagine seguenti, ebbe gran  parte nello svolgimento dei fatti tanto da esserne considerato egli stesso uno dei protagonisti  principali. La sua relazione e l’autenticità dei fatti narrati è stata confermata da Monsignor Enrico  Delalle, Oblato di Maria Immacolata (OMI), vescovo del Natal, che aveva dato al padre Erasmo e al suo confratello padre Mansueto il permesso di fare l’esorcismo, e che poi presiedette personalmente ai secondi esorcismi.

La relazione è stata ripresa e pubblicata dal padre Sutter, autore del precedente studio, Satana   Wacht und Wirken, nella VII edizione tedesca del 1975, pp. 125-160, corre- data da approvazione  ecclesiastica della curia vescovile di Malines, Belgio, in data 6 novembre 1950.

Noi seguiremo questo testo nella nostra esposizione.

Si direbbe che Dio, permettendo la possessione diabolica di cui stiamo parlando abbia voluto fr  comprendere sia ai nuovi cristiani della missione del Natal, sia a tutti coloro che ne sarebbero venuti a conoscenza, l’importanza dei sacramenti della penitenza e dell’eucarestia, e le disposizioni con le  quali ognuno deve disporsi a riceverli per evitare la profanazione e il sacrilegio e per riceverne il  maggior profitto e beneficio spirituale, e nello stesso tempo far conoscere il potere che la chiesa  cattolica ha ed esercita sugli spiriti del male, in pieno accordo con quello che Gesù diceva agli  apostoli: «Nel mio nome essi cacceranno gli spiriti cattivi’> (Mc 16,17).

1. La protagonista Germana Cele

Germana Cele, nata nel 1889 da genitori pagani, era stata battezzata ancora bambina nella missione  cattolica di San Michele tenuta dai padri di Mill-Hill ed era cresciuta nella stessa missione  ricevendone una formazione religiosa, civile e culturale notevole, superiore a quella di tante sue  compagne. Dotata di discreta intelligenza e memoria, si era presto fatta notare per i suoi progressi,  specialmente nella musica e nel canto.

Accanto a belle doti ne aveva però anche altre non del tutto buone: un carattere introverso e chiuso  e una volubilità di indole che la faceva passare improvvisamente e senza motivi apparenti da una  eccessiva loquaciti al silenzio, dall’allegria alla tristezza, dalla calma al furore e al- lira.

I genitori si convertirono alla fede dopo la sua nascita e il suo battesimo, ma non godettero mai  buona fama nella comunità della missione. La loro condotta non era esemplare, cristiani più di  nome che di fatto avevano conservato molte abitudini dell’antico paganesimo. Erano frequenti sulla  loro bocca le imprecazioni e le maledizioni lanciate contro i figli e anche contro Germana. Non è infondato il so spetto che i fenomeni diabolici riscontrati più tardi nella giovane si possano far risalire  a quelle maledizioni. Si sa infatti che le maledizioni dei genitori sui figli sono le più terribili e quasi  sempre di effetto sicuro. Anche i pagani del Sudafrica ne erano convinti.

Purtroppo queste maledizioni erario aggravate da una condotta poco buona e poco esemplare in  Germana stessa. Ancora fanciulla, dopo aver incontrato una donnaccia, una «strega» che ve l’aveva  indotta, sj era abbandonata al vizio impuro e aveva indotto altre compagne di scuola a fare lo stesso. Fatta la prima comunione le cattive abitudini cessarono per qualche tempo, ma. poi l’antico vizio  riprese il sopravvento, i sacramenti furono trascurati e la condotta della ragazza lasciò molto a  desiderare. Tuttavia si deve dire anche questo: essa era, fondamentalmente, sincera e veritiera,  aveva buon cuore, non nascondeva nulla ai sacerdoti e alle suore della missione e non fu mai  sorpresa a mentire.

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Paolo Calliari

domenica 31 maggio 2020

TRATTATO DI DEMONOLOGIA



I DUE FRATELLI TEOBALDO E JOSEF BURNER
Illfurt, Alsazia, 1864-1869


La liberazione di Josef: 27 ottobre 1869

Abbiamo di proposito scritto «liberazione» e non «guarigione» del piccolo Josef — nell’anno in cui ci troviamo, 1869, egli aveva 12 anni — perché il malessere che lo aveva colpito non era, come  sappiamo, una malattia che si potesse curare con medici e medicine, ma una «possessione» che lo  teneva schiavo da quattro anni e da cui doveva essere liberato. Liberazione, quindi, non guarigione. 

Pochi giorni dopo il ritorno di Teobaldo da Strasburgo il demonio gridò a un tratto per bocca di  Josef:

— I miei due compagni (i due diavoli) sono stati dei paurosi, ma adesso sono io il padrone e il più  forte. Per sei anni resterò qui e non me ne andrò. Non ho paura dei pretacci.

— Sei proprio tanto forte? — gli domandò il Signor Tresch.

— Certo. Qui mi sono istallato e qui resto. Qui mi piace. Mi faccio un nido e me ne vado quando mi pare e piace.

Il parroco Brey, dopo la felice conclusione della vicenda di Teobaldo, aveva nuovamente sollecitato  il suo vescovo per ottenere il permesso di esorcizzare anche Josef Le condizioni del paziente  diventavano di giorno in giorno sempre peggiori e più penose per lui e per i familiari. Il permesso  non tardò a venire e il parroco fissò per l’esorcismo la data del 27 ottobre, tre settimane dopo la  liberazione di Teobaldo.

La cerimonia fu tenuta nella cappella del cimitero di Burnenkirch distante un quarto d’ora dal  villaggio, in grande segreto per evitare la pubhlicit e l’afflusso dei curiosi. Testimoni erano i signori  Tresch, Martinot, Lachernann e Spies. Altri invitati i genitori, il signor Frindel, maestro di scuola, il  capo stazione e una suora.

Il 27 ottobre, di buon mattino, la piccola comitiva si recò alla cappella. Alle 6 iniziò la santa Messa  celebrata dal parroco Brey alla presenza di Josef il quale cominciò subito a agitarsi, a smaniare, a  fare strepito, a urlare con tale impeto che dovettero legargli le mani e i piedi. Il celebrante era  ancora all’introito quando il ragazzo riuscì a liberarsi dei suoi lacci e scagliarsi con violenza contro  il prete tentando poi di fuggire. Rincorso e riacciuffato dal signor Martinot, fu tenuto per mano  durante tutta la Messa. Il poveretto abbaiava come un cane bastonato e grugniva come un porcello,  gridava con voce arrochita parole mozze e inarticolate. Dopo il Sanctus si calmò e rimase tranquillo fino alla fine della Messa.

L’esorcismo fu iniziato dal parroco Brey subito dopo la Messa seguendo il formulano del rituale  romano. Alla lettura del vangelo di san Giovanni l’indemoniato, dopo aver insultato coi peggiori  titoli il parroco, gridò:

— Non partirò!

e malgrado i suoi sforzi il parroco non riuscì a farlo tacere, posava reliquie sulla sua testa, gli  metteva in mano la candela benedetta, lo aspergeva con acqua santa, gli rivolgeva le più energiche  formule dell’esorcismo, tutto era inutile.
La cerimonia durò tre ore. Gli astanti avevano ormai perso la speranza del successo, ma non il  parroco che volto all’ossesso gli intimò:

— In nome di Maria Vergine, l’Immacolata, ti comando di abbandonare questo fanciullo.

— Bisogna proprio che si portasse dietro la Grande Signora — grugnì satana al colmo dell’ira —  Ora non mi resta che andarmene.
Don Brey ripeté lo scongiuro un’altra volta.

— Se devo partire voglio entrare in un branco di maiali,

— disse.

— All’inferno! — rispose il parroco ripetendo lo scongiuro.

— Voglio entrare in un branco di oche, — replicò ancora il demonio.

— All’inferno! — insisté il parroco.

— Non so la strada per andarci, — ebbe l’audacia di rispondere il demonio —. Voglio almeno  entrare in un branco di pecore.

— All’inferno!

— Adesso non mi resta altro da fare. Devo partire, — gridò il diavolo con un grido disperato che  sembrava un lungo ruggito.

A quel grido il ragazzo si distese, si contorse più volte, cadde in convulsione e finalmente si calmò e rimase immobile. I lacci che Io tenevano avvinto gli furono tolti. Le braccia gli caddero, il capo si  abbassò dolcemente e dopo qualche istante si scosse come uno che si svegli d’improvviso, aprì gli  occhi che erano chiusi durante tutta la cerimonia, e si guardò intorno, meravigliato di trovarsi in una chiesa e con tante persone sconosciute intorno.

Anche Josef era finalmente libero dal demonio.

L’assemblea era profondamente commossa. Fu cantato subito un Te Deum di ringraziamento,  cantate le litanie della Madonna, la Salve Regina e recitate altre preghiere, accompagnate sempre e  spesso interrotte dalle lacrime dei presenti. Il parroco dovette fermarsi più volte per dar sfogo alla sua commozione.

Il ritorno del piccolo graziato a Illfurt fu un trionfo. In un giardino vicino alla piazza municipale di  Illfurt, di fronte alla casa dei Burner, si vede ancora oggi una colonna di granito, alta 10 metri,  sormontata dalla statua della Madonna, con ai piedi un’iscrizione latina che dice:

A perpetuo ricordo della liberazione dei due indemoniati

Teobaldo e Giuseppe Burner

dovuta all’intercessione della Beata

Vergine Immacolata

nell’anno del Signore 1869


Conclusione

Davanti a questi fatti viene spontanea la domanda: Perché il Signore l’ha permesso? Di chi la colpa, dei genitori o dei bambini?

La risposta, se cercata con ragionamenti umani, non è facile, non è possibile. Un accenno di  spiegazione si ha nel capitolo 9 del vangelo di san Giovanni che parla della guarigione del cieco  nato. Dio permette il male per ricavarne un bene. Una vittoria su satana è sempre un grande  bendicio, fa vedere l’onnipotenza di Dio e seme a rassodare la fede e la fiducia dei credenti. Se non  ci fosse il male non ci sarebbe neppure la vittoria sul male. Se non ci fosse il pericolo non ci sarebbe neppure la liberazione dal pericolo, se non ci fosse la necessità non ci sarebbe neppure il sollievo  dalla necessità. Dio sa quello che fa e sa fare bene tutte le cose.

Alcune notizie sulle ultime vicende dei nostri personaggi.

I due fratelli Burner morirono tutti e due in età giovanile, Teobaido due anni dopo la sua  liberazione, il 3 aprile 1871 all’età di 16 anni, e Josef morì nel 1882 in Zillisheim, Alsazia, dove  aveva trovato un lavoro, all’età di 25 anni, munito di tutti i sacramenti che gli furono amministrati  dal suo parroco don Brey che si era affrettato al suo capezzale.

Una decina d’anni più tardi, il 26 settembre 1895, moriva anche il parroco Brey all’età di 68 anni  dopo 30 anni di cura pastorale a Illfurt. Era un sant’uomo e un santo sacerdote molto stimato dal  suo popolo e morto in concetto di santità. Anche di lui, come del santo Curato d’Ars, si racconta che fosse spesso tormentato da infestazioni diaboliche, specialmente di notte, dalle quali egli si  difendeva, sempre con successo, usando l’acqua benedetta.

Paolo Calliari

martedì 19 maggio 2020

TRATTATO DI DEMONOLOGIA



I - I DUE FRATELLI TEOBALDO E JOSEF BURNER
Illfurt, Alsazia, 1864-1869


Teobaldo rinato a vita nuova

Descrivere l’impressione degli astanti, sacerdoti, laici, suore, la loro gioia, il respiro di sollievo alla  fine del lungo incubo, la riconoscenza a Dio, alla Madonna, non è facile. Noi rinunciamo a farlo  lasciando alla fantasia del lettore immaginarla e pensarla, se ci riesce. Che differenza da un  momento prima a un momento dopo sul viso del fanciullo! Prima la faccia contratta dallo spavento  e dalla rabbia, un linguaggio spavaldo e arrogante, la sfrontatezza di un orgoglio indomato e  indomabile. Ora il fanciullo tace, dorme un sonno tranquillo, la sua faccia si è distesa, un leggero sorriso si atteggia sulle sue labbra come stesse vivendo un bellissimo sogno. Il sonno durò circa  un’ora. Alla fine riaprì gli occhi e si guardò attorno trasognato. Dov’è? Perché si trova lì? Chi è tutta quella gente che sta lì intorno e che cosa vuole da lui? Non reagisce più contro il crocifisso e  l’acqua benedetta, lo si può sollevare e ricondurre nella sua stanza senza nessuna resistenza. E  diventato docile e arrendevole come da anni non era mai stato. Il padre Schnautzer si accorge di  questo cambiamento repentino e gli domanda:

— Mi conosci? Sai chi sono io?

— No, chi sei? Non ti ho mai visto né conosciuto, risponde il ragazzo.

Il ragazzo non è più sordo. Egli sente bene, normalmente, la sua sordità è completamente sparita. La mamma getta un grido di gioia sovrumana. Il mostro che l’aveva tenuto schiavo per tanto tempo  finalmente se n’è andato e per sempre. Lacrime di riconoscenza sgorgano abbondanti dai suoi occhi  e a lei si uniscono tutti gli altri per ringraziare Dio, la Madonna che, attraverso la chiesa, hanno  ancora una volta riportato la vittoria sui nemico.

Madre e figlio possono ormai tornare alla loro casa di Illfurt. Dal giorno in cui Teobaldo rientrò in  casa riprese le buone abitudini di prima, era allegro gioviale, di buon umore, servizievole e  obbediente. Ritornò a scuola e spesso si confessava. Quanto era avvenuto lo venne a sapere da altri,  più tardi; egli — cosa bellissima — non ricordava nulla, affatto nulla. Anche il parroco Brey era per lui, a principio, una persona sconosciuta, non ricordava di averlo mai incontrato prima.

Dal collegio di San Giuseppe Teobaldo aveva portato con sé alcune medaglie benedette e ne offrì  una al fratello osef, il quale — egli era ancora indemoniato — la rifiutò con dispetto, la gettò a terra  e la calpestò coi piedi dicendo stizzito:

— Potevi tenertela, non ne ho bisogno.

Teobaldo ne rimase meravigliato e afflitto non sapendosi spiegare il perché dello strano  comportamento del fratello e raccontando il fatto alla mamma disse:

— Che Josef sia diventato matto, mamma?

La mamma si guardò bene, per allora, dallo spiegare la causa di quello strano comportamento al  figlio che viveva ormai in un mondo nuovo e tanto bello.

Paolo Calliari