lunedì 10 maggio 2021

TRATTATO DI DEMONOLOGIA

 


Germana liberata una prima volta 13 settembre 1906

Il vescovo del Natal, da cui dipendeva la missione di San Michele, Monsignor Enrico Delalle della  Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata (OMI), tenuto sempre al corrente dei fenomeni  diabolici di Germana che, in data 10 settembre 1906 aveva autorizzato i due missionari padre  Erasmo e padre Mansueto a fare gli esorcismi prescritti dal rituale per la liberazione dell’ossessa. La cerimonia fu tenuta dalle 7 del mattino del 12 settembre alla presenza anche dei due rettori delle  stazioni missionarie padre Solano e padre Apollinare. Germana, arrivata in chiesa, inginocchiata  davanti all’altar maggiore, era tenuta d’occhio e ben custodita da sei robuste ragazze negre, da due  giovanotti, da un uomo sposato e da due suore, tutti pronti a intervenire non appena ci fosse stato  bisogno, per tener ferma la ragazza e impedire che scappasse. Padre Erasmo le aveva raccomandato  di pregare e di aver fiducia nel Signore.

Finite le litanie dei santi cominciarono gli esorcismi veri e propri, il comportamento dell’ossessa fu  sempre caratterizzato, com’era da aspettarsi, da gesti di ribellione, di rabbia, di insofferenza, di furore, che si manifestavano con maggiore o minore intensità a misura che la cerimonia procedeva.  Il demonio, che parlava attraverso la ragazza, aveva detto chiaramente che fra poco se ne sarebbe  andato:

— Ancora un poco e poi devo andarmene. Uscirò dalla finestra che sta sopra la cantoria, ma voglio  portar con me anche Germana. Quando essa cadrà morta per terra io tornerò all’inferno.

La decisione e ferma volontà di portarsi via l’indemoniata fu espressa altre volte dal demonio  durante l’esorcismo. Naturalmente non le si diede nessuna importanza, il padre si oppose  recisamente e impedì che il triste progetto fosse attuato.

Aumentando l’agitazione dell’indemoniata, a un certo punto le si dovettero mettere le manette per  impedire che si facesse del male o che facesse del male ad altri. Il suo viso prendeva un aspetto  spaventoso e orribile, veramente satanico, quando le si applicava la reliquia della santa croce o la si  aspergeva con acqua benedetta.

Seguiva le preghiere e gli scongiuri del rituale nella lingua latina e rispondeva correttamente, anche  se con manifesta rabbia, alle domande che le erano rivolte in latino. Il furore raggiungeva il  massimo quando nel rituale si leggevano titoli dati al demonio come questi:

— Nemico della fede e del genere umano, autore della morte, radice di ogni iniquità, suscitatore di  invidia, origine dell’avarizia, causa della discordia, eccitatore dei dolori, spirito immondissimo,  perché resisti a Cristo? Temi Cristo che è stato immolato in Isacco, venduto in Giuseppe,  nell’agnello ucciso, nell’uomo crocifisso, e quindi vincitore e trionfatore dell’inferno.

Continuando gli esorcismi Germana si agitava sempre più, batteva i piedi per terra e gridava:

— Giuro che quel Dio che io odio mi ha dato il permesso di entrare nel corpo di Germana.

E indicando il tabernacolo gridò ancora:

— Apritelo!

Padre Apollinare aprì il tabernacolo e mise la pisside sulla porticina in modo che tutti la vedessero.  Il demonio fece fare uno splendido atto di fede nell’eucarestia gridando:

— Sì, là vi è Gesù che mi ha permesso di entrare nel corpo di Germana. Là c’è lui. Germana lo ama ma io lo odio. Permettimi ora di andarmene insieme con Germana attraverso quella finestra là in  alto.

Era già mezzogiorno. Da cinque ore durava l’esorcismo e tutti si sentivano molto stanchi. Il padre  Erasmo ordinò di sospendere la cerimonia per qualche ora e di riprenderla nel pomeriggio.

Alla sera l’esorcismo fu ripreso e la reazione dell’indemoniata fu ancora più violenta del mattino.  Le vene della fronte le si erano gonfiate, così il collo, la testa, le spalle e il braccio sinistro fin quasi  a scoppiare. Le due suore le poggiarono le mani sulla spalla e sulla fronte per attutire il dolore e il  bruciore. Germana soffriva e dal dolore mugghiava e soffiava contorcendosi come un verme.

A una nuova domanda dell’esorcista il demonio rispondeva con un’altra bella professione di fede  nell’eucarestia:

— Là nel tabernacolo c’è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Io non nego Dio ma lo odio. Egli è  presente qui nel sacramento circondato dalla schiera di innumerevoli angeli. Per quanto noi diavoli  siamo bugiardi e ci serviamo della menzogna, talvolta, e anche questa volta, diciamo la verità. Dio,  quando voi lo pregate, ci permette qualche cosa e talvolta no. Questo lo riconosco e lo confermo. Poco dopo egli si chiuse in un mutismo e non volle dire più nulla. Non potendo continuare,  l’esorcismo fu interrotto per essere ripreso l’indomani.

Il giorno seguente, 13 settembre, verso le 8 del mattino, Germana fu riportata, malgrado la sua  ostinata resistenza, in chiesa, fatta inginocchiare nel coro, custodita da due suore e da otto forti  ragazze alle sue spalle. Le altre suore erano nella cappella laterale e le alunne nella navata centrale. 

Tutta la comunità della missione assisteva all’esorcismo che questa volta doveva avere effetto  positivo.

Padre Erasmo, esorcista, nella relazione scritta che ci ha lasciato, riferisce i particolari drammatici  di quell’ultimo sforzo per liberarsi dal demonio:

«Tenevo con la mano sinistra la stola che era stata messa intorno al collo di Germana, mentre con la destra tenevo il rituale. Germana era diventata più nervosa e irritata del solito. Altre suore vennero  nel coro e in tutte erano sette, aggiunte alle otto robuste ragazze che tenevano a bada l’ossessa,  sollevata dal suolo con la sua sedia, e sollevate insieme anche le sette suore e le otto ragazze. Tutti  quelli che erano in chiesa, suore e alunni, e io stesso, lo vedemmo. Germana era irriconoscibile, la  sua faccia era spaventosa e raccapricciante, orribile a vedersi, urlava e ringhiava come un cane.  Suor Luitgarda si prese un forte strattone sul braccio che le fece molto male e vi lasciò un ecchimosi violacea. Io, madido di sudore, continuai l’esorcismo. Il furore parossistico dell’indemoniata non  diminuì, anzi sembrò che aumentasse con pericolo di quanti le stavano attorno, improvvisamente,  mentre le suore tentavano di metterle le manette al braccio destro, essa furente allontanò il braccio e strinse al collo suor Anacleta fino quasi a strozzarla. Poi si alzò dal suolo con la sedia, trascinando  con sé anche la suora che toccava il suolo soltanto con la punta del piede. Ci volle un buon quarto  d’ora perché la suora fosse liberata da quella incomoda situazione e perché l’ossessa, con notevole  sforzo di tutti i presenti e tra urli e imprecazioni a non dire, fosse di nuovo legata mani e piedi e  ridotta nell’impossibilità di nuocere.

«Suor Anacleta tenne legata fissa l’ossessa. Io le tenevo fissa al collo la stola, come prescrive il  rituale. Quando lessi le parole: “Scongiuro te, antico serpente”, essa uscì in smanie e gemiti da far  pietà e tentò di mordere il braccio della suora. Io l’avvertii subito, ma era troppo tardi. L’ossessa  diede un forte morso al braccio della suora, un morso singolare, le maniche del vestito non avevano  nessuno strappo ma sulla pelle si vedeva la traccia dei denti e la bava. La traccia dei denti era  visibile anche sulla pelle, una traccia prima rossa, poi violacea e infine verde. Nel mezzo c’era una  piccola chiazza rossa come la puntura di un insetto. Nei giorni seguenti si videro sul posto delle  vesciche come da bruciatura e la ferita continuò a far male.

«Io continuai l’esorcismo senza impressionarmi o spaventarmi troppo, e questa volta l’esito doveva  essere positivo. Germana si sollevò in aria ancora una volta e poi stramazzò pesantemente al suolo,  fece due o tre capriole su se stessa e poi di colpo si alzò in piedi. Essa era libera e tornata normale. «I lacci e le manette furono tolti ed essa si unì subito agli altri nella preghiera di ringraziamento  dicendo con fervore il suo grazie al Signore per il grande beneficio ricevuto. La sua anima aveva  finalmente ritrovato la pace.

La cerimonia finì col canto solenne del Te Deum».

Paolo Calliari

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