GERMANA CELE, NATAL, SUDAFRICA 1906-1907
***
Prime manifestazioni diaboliche
Nel 1906 Germana aveva 17 anni. Nell’estate di quell’anno si manifestarono in lei e nella. sua compagna Monika Mohletsche — in misura però inferiore in quest’ultima — dei fenomeni strani e insoliti che non trovavano nessuna spiegazione o motivazione naturale. I suoi occhi avevano preso un’espressione strana e conturbante. Di notte spesso si agitava e gridava: «Sono dannata! Mi sono confessata e comunicata indegnamente. Voglio ammazzarmi, impiccarmi. E satana che mi chiama».
Tutte le raccomandazioni erano inutili. Si calmava per qualche tempo e poi riprendeva con violenza ancora maggiore. Un giorno fece avere al padre Erasmo, superiore della missione, un biglietto: era l’attestato firmato col suo sangue nel quale era detto che si era data al diavolo. Come fosse arrivata a tanto nessuno lo potè mai sapere. Da allora trascurò quasi del tutto i sacramenti. Il 20 agosto 1906 il furore e l’agitazione arrivarono al parossismo.
Essa digrignava i denti in modo spaventoso, abbaiava come un cane e domandava aiuto:
— Suora, fa venire il padre Erasmo. Voglio confessarmi e dir tutto. Fa presto perché satana mi sta ammazzando. Non ho più nulla per difendermi, la medaglia che mi avevi dato l’ho buttata via.
Suor Giuliana si affrettò a metterle al collo un’altra medaglia miracolosa e una di san Benedetto e ad aspergerla con acqua benedetta. La ragazza gridava ancora più spaventata:
— Tu mi bruci. Fa venire presto il padre Erasmo, egli solo mi può aiutare.
Arrivato il padre Erasmo il diavolo si manifestò in altro modo facendo sentire, attraverso la bocca della giovane, la sua voce:
E venuta adesso la nostra ora — diceva cori voce cavernosa — adesso verremo in gran quantità sulla terra per tentare, sedurre e tormentare gli uomini. Guai a te, Germana! Finora ero io solo a tormentarti, d’ora in poi saremo in molti.
— Che cosa volete da me? — rispondeva la giovane —. E stata la suora a chiamare il padre, io non c’entro. E non gli ho neppur detto il più fino a questo momento.
Padre Erasmo la benedisse. Essa proseguì parlando sempre col demonio:
— Devo dir tutto al padre. Sì, glielo dico. Mi sento sfinita, non ne posso più. Tu mi tormenti troppo. Il padre ha in mano il foglio firmato che tu vuoi indietro, egli ora lo ha con sè. Satana mi tormenta in modo insopportabile.
Il padre abbordò direttamente il demonio:
- Chi sei?
— Sono io e basta.
— Sei tu Germana?
— No, non sono Germana. Devo lasciarla fra poco, tuttavia è mia e resta mia. Io tornerò a impossessarmi di lei. Togli via quell’immagine, l’immagine di Maria. Essa ci ha schiacciato il capo. Gettala via! Vedi il serpente ai suoi piedi? Quello è uno di noi, è il drago.
E scoppiò in una risata gelida, sarcastica.
Germana continuò:
— Sì, sono stata io a chiamare il demonio ed egli è venuto. Per quattro volte ho fatto la comunione degnamente, ma dopo di allora l’ho fatta sacrilegalmente senza mai confessarlo e senza dire che avevo chiamato il demonio. Sono disperata, sono dannata.
E cominciò a mugolare, a piagnucolare, a grugnire, a abbaiare, a strepitare.
Il padre interrogò di nuovo il demonio:
- Chi sei?
— Sono satana, il nostro re è Lucifero. Il suo potere è immenso, ha sotto di sè molti sudditi che lo servono. Siamo stati cacciati dal cielo anche se i nostri peccati erano meno numerosi di quelli degli uomini.
Ma c’è un inferno?
— Sì, c’e un inferno. Il fuoco li non risplende come da voi, non ha nessun confronto col vostro fuoco, ma anche nell’oscurità più profonda noi ci vediamo e ci riconosciamo tra noi. Cristo con la sua morte in croce ci ha sconfitti, ma ora siamo in tanti sulla terra per ingannare e perdere gli uomini. Cristo verrà ancora una volta nell’ultimo giorno e noi saremo giudicati una seconda volta davanti a tutto il mondo. Noi crediamo in Dio, ma lo odiamo cordialmente.
E Germana dicendo questo digrignava i denti orribilmente. Talvolta, ma non sempre, si rendeva conto del suo stato e di quello che avveniva in lei, si raccomandava ai presenti perché pregassero e offrissero la Messa per la sua liberazione. Il diavolo la interrompeva brutalmente:
— Taci. Tu sei mia. Taci, altrimenti ti capiterà di peggio.
Altre volte diceva:
— Tu credi in Dio? Sciocchezze! L’hai mai visto il tuo Dio? Come puoi credere in un Dio che non hai visto? Tu credi ciò che non hai veduto.
E rideva in modo sfrenato.
***
Paolo Calliari
Nessun commento:
Posta un commento