martedì 15 ottobre 2019

VIOLENZA E INCESTO




Handbook sull’aborto


Immaginate la povera ragazza indifesa, magari vostra figlia, assalita da uno sconosciuto, terrorizzata, in lacrime, emozionalmente sconvolta. Qualche settimana più tardi i suoi peggiori timori trovano conferma: incinta.
Chi sarebbe tanto crudele e duro di cuore da negarle l'aborto? Perché questa ragazza innocente dovrebbe esser costretta a subire la dura prova della gravidanza e del parto? È facile parlare finché si tratta di una situazione ipotetica; ma se si trattasse di vostra figlia?
Questa situazione, carica di patos emozionale e di commiserazione, è stata sufficiente a convincere qualche legislatore ad elaborare delle leggi che consentono l'aborto in caso di violenza o incesto. Si può dire qualcosa di più in proposito?

È molto frequente la gravidanza dopo la violenza?

No. È estremamente rara.

È possibile dimostrarlo?

Uno studio scientifico condotto su 3.500 casi di violenza curati negli ospedali della zona Minneapolis-St. Paul, non ha rivelato nemmeno una gravidanza. Lo studio ha coperto un periodo di dieci anni.

ZERO PREGNANCIES IN 3.500 RAPES The Educator, Vol. II, 4 settembre 1970 

Un altro studio relativo a 1.000 vittime di violenza, curate da medici, non ha rivelato alcun caso di gravidanza.

L. KUCHERA, POSTCOITAL CONTRACEPTION WITH DlETHYSTILBESTEROL. JAMA, 25 ottobre 1971

Esistono statistiche che dimostrino che la gravidanza per violenza è rara?

ochi sono gli studi statistici di un certo valore effettuati in America. In Cecoslovacchia, tuttavia, su 86.000 aborti consecutivi, solo 22 sono stati eseguiti per casi di violenza. In occasione di un incontro di ginecologi presso un importante ospedale del Midwest, un sondaggio effettuato fra i medici presenti (che avevano assistito alla nascita di oltre 19.000 bambini) ha rivelato che non era stato registrato un solo caso di parto in seguito a violenza carnale.

Qual è l’esperienza inglese a questo riguardo?


Nel 1938 una quattordicenne, che era stata violentata e si trovava in grave stato di shock, fu portata al dr. Aleck Bourne, il quale praticò l'aborto ed andò quindi a costituirsi alla polizia. Processato, fu assolto in quanto aveva agito per salvaguardare l'equilibrio mentale della ragazza. E su questa sentenza che la legge inglese si è basata fino alla legalizzazione dell'aborto nel 1967. Per molti anni si è avuta un'interpretazione molto prudente in modo da salvare i medici che agivano secondo il proprio giudizio nei "casi difficili". Negli ultimi tempi, però, la porta all'aborto libero è stata aperta.
È significativo il fatto che lo stesso Aleck Bourne, "sgomento" dal modo in cui l'esito del suo processo aveva aperto la strada all' aborto libero ed a tutti i relativi abusi, sia uno dei fondatori della "Society for the Protection of Unborn Children" (Società per la protezione dei bambini non ancora nati) costituita nel 1967.

Che cosa significa "difficoltà di provare che c'è stata violenza"?

Questo è proprio il nocciolo del problema. Immaginiamo che una giovane donna venga violentata e che, per paura o per ignoranza, non denunci l'accusato e tenga segreti i propri timori. Salta una mestruazione, ma continua a sperare che non sia ciò che teme. Passa un altro mese e poi un altro ancora, e finalmente - in lacrime - racconta tutto alla mamma, al medico o a qualche altro confidente. A questo punto è impossibile provare la violenza. L'unica prova di una violenza si ha infatti se si dispone di un testimone sicuro, in grado di avvalorare la denuncia, oppure se si chiede aiuto immediatamente dopo l'incidente.

Ma pensate a quella povera ragazza!

È vero. Infatti essa ha subito una violenza contro la sua volontà. Ma come ognuno di noi sa, vi sono diversi gradi di resistenza o di consenso da parte di una donna all'atto del rapporto sessuale. È facile per una donna, respinta dal suo innamorato, accusare l'uomo di violenza. Per una forma di giustizia è indispensabile esigere delle prove.

E per quanto riguarda l’incesto?

Si ha incesto in caso di rapporti sessuali fra padre e figlia, fra zio e nipote, etc. Anche in questo caso si ha la dinamica appena ricordata. Ammetterà lo zio d'aver avuto rapporti con la propria nipote? Mai. La parola di lei varrà in questo caso quanto quella di lui. La corte potrebbe anche crederle, ma non sarà mai in grado di adottare alcun provvedimento. L'incesto viene raramente denunciato e quando ne deriva una gravidanza, generalmente non viene mai indicata come conseguenza d'incesto.

E allora che valore hanno le leggi sulla violenza e sull'incesto?  

Preferiremmo chiamarle non-leggi, perché sono del tutto inoperanti. Riteniamo che la violenza e l'incesto siano poco più che semplici schermi fumogeni di carattere emotivo dietro ai quali si tende ad aprire la via all'aborto permissivo per altre ragioni.

Tuttavia, anche se rari, vi sono casi di donne violentate che sono rimaste incinte. Dovrebbero forse esser costrette a tenere un bambino non voluto?

Gli esperti di cose giuridiche sostengono che modificare una legge per pochi casi equivarrebbe ad aprire il vaso di Pandora.
I legislatori più responsabili hanno sempre sostenuto che "i casi difficili portano a cattive leggi". Ciò significa che le leggi devono rappresentare norme di carattere generale. I giudici hanno sempre concesso certe deroghe alla legge o alle pene, tenendo conto della difficoltà o della drammaticità dei singoli casi. Il caso Bourne è un buon esempio, che è rimasto tale fino a quando qualche giudice o qualche paese (ad esempio la Giamaica) non ne hanno estesa l'interpretazione fino a consentire la liberalizzazione dell'aborto.
Per quanto ci risulta, nessun medico è mai stato perseguitato in epoca recente negli Stati Uniti ed in Canada per aver praticato l'aborto in casi analoghi, nonostante il divieto della legge.

Ma è vero che molti non sono favorevoli all'aborto nemmeno in caso di violenza?

Certamente. Molti altri, invece, vorrebbero che la donna distruggesse il bambino che cresce in lei. Però, prima di prendere una simile decisione, va tenuto presente che si è già avuto un trauma. La donna è stata violentata: questo trauma le rimarrà per tutta la vita. Inoltre, anche se essa non ha denunciato il fatto, chiedendo aiuto, ma lo ha tenuto segreto, per settimane o per mesi non ha pensato ad altro. Ora ha finalmente chiesto aiuto, ha diviso con altri il suo turbamento ed è in grado di ricevere soccorso.
Il problema che la madre si deve porre è se ora sia meglio o no uccidere il bambino che si sviluppa nel suo grembo. È l'aborto a questo punto la soluzione migliore, oppure potrebbe arrecarle ulteriore danno? il fatto è ormai accaduto ed il danno esiste. Essa è abbastanza adulta per sapere ed avere un'opinione in merito al fatto se porta in sé un "bambino" o un "grumo di protoplasma".

Potrà vivere in pace con se stessa ricordando d’aver ucciso il suo bambino? Oppure non si sentirà più matura e più tranquilla potendo ricordare che, pur essendo rimasta incinta contro la sua volontà, ha risolto il suo problema non comportandosi da egoista, bensì dando se stessa ed il suo amore ad un bimbo nnocente che non aveva chiesto di esser concepito, facendolo nascere e, se la giudica come la soluzione migliore per il bambino, dandolo eventualmente in adozione?
Confrontate questa posizione con quella della donna, che, guardando indietro, può dire soltanto "ho ucciso il mio bambino".
Anche soltanto dal punto di vista della madre la scelta esige le più serie valutazioni; nessuna risposta è facile.

Ma non sarebbe più sicuro, dal punto di vista fisico, far abortire una ragazzina piuttosto che lasciarla partorire?

Il danno fisico ed emozionale provocato dall'aborto è maggiore in una ragazza giovane. «Le candidate all'aborto adolescenti sono diverse dalle loro controparti sessualmente più mature e queste dzfferenze rontribuiscono ad una più elevata morbidità ».

C. Cowell, University of Toronto, Ortho Panel 14

Il prof. J. K. Russel afferma che le ragazze in età scolare sono esposte a rischi maggiori in caso di aborto perché il loro collo dell'utero è piccolo e particolarmente soggetto ai danni provocati dalla dilatazione artificiale.
«Negli ultimi dieci anni abbiamo raccolto un numero di prove sempre più consistente dei maggiori rischi che corrono queste giovani madri ».  

Russell, G. P. (England) 1-10-1974

Ma tutti hanno da perdere in una gravidanza dovuta a violenza!

Non è vero. Una volta, dopo aver risposto ad una domanda sulla violenza nel corso di un programma radiofonico, uno degli autori di questo libro è stato chiamato al telefono. Dall'altro capo del filo una voce di donna ha detto: "Lei sta parlando di me. Io sono il frutto di un atto di violenza. Un energumeno penetrò nella stanza dei miei genitori e, dopo aver legato mio padre, davanti a lui che guardava violentò mia madre. lo fui concepita quella notte. Nonostante tutti consigliassero l'aborto ed i medici e l'ospedale locale fossero disposti a praticarlo, mio padre disse: 'Anche se non mia, è pur sempre una creatura e non consentirò che venga uccisa'.

Non so quante volte, protetta dalle braccia amorose di mio marito, ho ringraziato Dio per avermi dato un meraviglioso padre cristiano».

***

Infine: non è una logica contorta quella che porta ad uccidere un innocente non nato per il crimine di suo padre?  


Dr. Jack C. Willke e Barbara Willke

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