«Il dovere non è di piangere, ma di costruire».
(Pio XII)
Fu la sera del 20 febbraio 1963 che si rappresentò la prima volta, a Berlino, il lavoro teatrale “Il Vicario”1di Rolf Hochhuth2; lavoro che, nelle intenzioni dichiarate dell’Autore, è un processo postumo alla memoria di Pio XII.
Da allora, furono molte le polemiche, appassionate, suscitate un po’ dappertutto.3E si spiega. L’azione teatrale è solo il motivo di una sentenza già emessa. Secondo Hochhuth, Pio XII “sapeva” che nei “lager” nazisti, cintati di filo spinato e di torrette-spia, munite di mitragliatrici, si sterminavano milioni di innocenti. Eppure tacque... Perché?
L’Autore presenta Pio XII in un atteggiamento privo di compassione umana, e privo di coscienza a tutela della legge.
Lo presenta come un personaggio alto, ieratico, aristocratico.
Lo presenta in atto di ricevere, con cupido interesse, un grosso assegno, frutto di una parte di dividendi di industrie belliche. Lo presenta preoccupato, per le industrie, le miniere e le altre imprese a cui è legata, finanziariamente, la Santa Sede.
Lo presenta, chiuso in un freddo calcolo politico, ansioso solamente del futuro d’Europa e del mondo, (che lui vorrebbe salvo dal comunismo), per cui Gli pare valida difesa il nazionalsocialismo di Hitler, e la guerra stessa, atta ad indebolire il comunismo, sì da renderne più facile il superamento, alla fine del conflitto.
L’azione teatrale si svolge secondo tre direttrici
1) c’è un problema di coscienza, posto dalla rivolta di un
giovane gesuita contro la criminalità anonima;
2) c’è il “silenzio” politico-diplomatico di Pio XII;
3) c’è la tentazione dell’ateismo che mette in questione il
cristianesimo stesso.
Come si vede, l’operetta del giovane Autore, è uno sfacelo completo del “Vicario di Cristo” di fronte ai suoi doveri, spirituali e umanitari!
Benché l’Autore affermi di “non voler fare opera di storico”, tuttavia, alla sua prosa, fa seguire una “appendice” di “documenti” di comodo, accuratamente trascelti (e artefatti!) che dovrebbero suf fragare la sua tesi preconcetta. Ma è, appunto, questa sua condanna, così enorme e perentoria, portata
sul teatro, come davanti a un giudizio popolare, senza possibilità, quindi, di difesa, che provoca una doverosa reazione, e una giusta rivalutazione alla luce della Storia.5
Per uno storico serio, l’inchiesta documentaria e l’esame critico dei documenti, la ricerca dei testimoni, e la loro interrogazione, per poterne valutare l’apporto oggettivo, è il minimo che si possa richiedere. Non si scrive una “Storia” senza una seria e completa documentazione!
Ora Rolf Hochhuth stesso confessa - nelle successive polemiche - e deplora per “non aver avuto accesso agli archivi vaticani e russi”.
È ovvia, quindi, la faziosità, e la grossolana dif famazione6, per la mancanza di “documenti” probativi. Anche di quelli riportati, apparirà chiaramente come egli abbia lasciato in disparte (volutamente?), tutti quelli che potevano contraddire i risultati ai quali l’Autore voleva pervenire.
L’eterogeneità dei documenti, (poi abilmente riprodotti e ospitati a chiaro scopo libellistico7), dice subito di quale serietà scientifica sia sempre permeata certa stampa anticlericale!
Il successo del libello teatrale, comunque, sta solo nello “scandalo”; nel suo presentare, cioè, come un cinico o un pavido, Colui che, invece, fu l’Uomo più benemerito e grande del periodo storico della Seconda Guerra mondiale; Colui che fu rimpianto dagli statisti d’ogni Paese e confessione, affermando che la Sua scomparsa aveva “impoverita” e “diminuita” l’umanità; Colui che, da vero “Vicario” di Cristo, trasformò la Chiesa nell’evangelico samaritano, raccogliendo milioni di vittime, e difendendo, su ogni terra, la vita di tutti contro la morte.
Ma la “calunnia” è stata sempre l’arma dei mediocri e dei disonesti; l’arma che ha colpito Cristo medesimo e i suoi seguaci. Il detto volteriano: “calunnia, calunnia, che qualcosa resta!” è di quotidiana attualità.
Così, la spudorata “calunnia” del mediocre drammaturgo tedesco ha saputo turbare molte coscienze male informate o superficiali.
Il suo tentativo di screditare la figura gigante di Pio XII, (“Defensor Civitatis”, e “Pastor Angelicus”!), sarebbe rimasto inascoltato o isolato se l’ateismo comunista e paracomunista non se ne fosse impadronito, per agitarlo al pubblico malsano o sprovveduto.8
L’occasione è sempre buona, infatti, per sfogare le loro basse passioni contro un Pontefice che aveva visto chiaro sul nazismo e sul comunismo; sui crimini nazisti e su quelli, non meno gravi, della Repubblica Sovietica!
L’odio hitleriano si basa sull’ideologia razzista; quello di Kyczko (e dei dirigenti sovietici) si basa sulla ideologia comunista.
Il comunismo è contro la religione perchè sa che è l’elemento-base per la conservazione dei popoli. Distruggendola, sa di distruggere l’utilità storica e culturale dei popoli che vogliono annientare.
Il nuovo programma del partito comunista parlava di “cancellazione” delle diversità nazionali, delle altre nazioni, cioè, non russe dell’URSS, così da fonderle, per creare una massa innaturale e artificiosa col nome di “popolo sovietico”. Per questo avevano distrutto le Chiese ucraine: ortodossa e cattolica. Per questo, Stalin parlò contro i “nazionalisti borghesi ucraini”!
L’antisemitismo comunista, perciò, fu anch’esso criminale come quello nazista; appunto perchè mirava ad annientare la dignità dell’uomo, facendolo un semplice strumento.
Ancora: antisemitismo e genocidio sono sempre andati abbinati. Stalin tentò di distruggere il popolo ucraino in generale (come lo affermò Krusciov al XXII Congresso del Partito comunista dell’URSS), e finì con l’antisemitismo più feroce.
Hitler cominciò con l’antisemitismo e finì con il genocidio, contro il popolo ucraino e altri popoli slavi. Il libello antisemita “Giudaismo senza abbellimenti”, perciò, fu un altro atto provocatorio contro gli Ebrei in generale, e contro gli 840.000 Ebrei, in particolare, che ancora vivevano in Ucraina.
Gli scopi dei dirigenti del Cremlino furono vari: seminare discordia tra gli ucraini e gli Ebrei; gettare sul popolo ucraino la macchia di antisemitismo; coinvolgere l’Accademia delle Scienze di Kiev , compromettendola come istituzione scientifica agli occhi del mondo. In sede di politica estera, il Cremlino volle, con questo libello, conquistare le simpatie del popolo arabo per l’URSS; in politica interna, il partito comunista russo, temendo un fronte comune dei popoli dell’URSS, nella lotta per la libertà, (Ebrei compresi!) cercò di aizzare un popolo contro un altro, per dividerli. È la solita politica del “divide et impera’”.
La stampa comunista, perciò, avrebbe dovuto avere il coraggio di dire che la guerra contro gli Ebrei era ancora in atto oltre cortina. Si proibì loro di aprire scuole di lingua yiddish, loro lingua materna; giustiziarono gli ebrei, di continuo, sotto l’imputazione di presunti reati economici; (negli ultimi anni, su 198 giustiziati, ben 102 sono ebrei!) furono chiuse le loro sinagoghe; (negli ultimi sette anni, ne chiusero ben 3.961); si timbrarono i loro passaporti col marchio di “nazionalità ebraica”; e via via...
È ancora evidente che questo continuo suicidio morale costituisce un gravissimo reato contro la persona umana, paragonabile, ancora a quello compiuto dai nazisti a danno degli ebrei!
sac. Luigi Villa
Nessun commento:
Posta un commento