sabato 4 gennaio 2020

Il più triste abbandono



Apostata è colui che si stacca completamente dalla Fede, dopo averla ricevuta nel Battesimo e averla professata per molti anni. A differenza dell'eretico, non rifiuta soltanto uno o qualche dogma, ma la Rivelazione nella sua totalità. Se manifesta in pubblico questo suo sentimento, incorre nelle pene previste dalla legge della Chiesa: se lo trattiene nel suo intimo, è apostata di fronte alla sua coscienza e davanti a Dio.
Egli non arriva ad una così radicale decisione tutto d'un colpo, ma dopo aver cominciato con l'indifferenza nelle cose della Fede e proseguito con una condotta moralmente disordinata. Può arrivarvi attraverso vie diverse: o passando ad una falsa religione, o perdendo ogni convincimento religioso, o negando direttamente Dio, o conservando una religione assolutamente naturale e quindi priva di ogni valore o riferimento al Soprannaturale. Nella maggior parte dei casi l'apostata si distingue per il fatto di negare l'esistenza di un Dio personale e la divinità di Gesù Cristo.
Una tale presa di posizione è di eccezionale gravità, essendo uno degli atti umani più carichi di conseguenze sulle vicende del tempo e sulla sorte dell'eternità, soprattutto per l'ostentato disprezzo dell'autorità divina.
Renan scrisse nei suoi "Souvenirs" una definitiva dichiarazione protestando di voler morire senza ritornare alla Fede e di ripudiare in anticipo l'eventuale confessione che la vecchiaia gli avesse lasciato sfuggire, e giunse al punto di supplicare i familiari a non dargli retta qualora, nell'agonia, avesse espresso desiderio di riconciliarsi con la Chiesa.
Lamennais, già celebrato a Roma come l'ultimo dei Padri della Chiesa, volle morire senza sacerdote ed essere sepolto in una fossa comune, senza croce.
Franceso Chabot era stato sacerdote francescano apostolo della città di Rodez e finì dissoluto, rivoluzionario e ghigliottinato.
Si adattano agli apostatì le severe parole di San Pietro che scrive nella sua seconda lettera (2,21-22): "Era meglio per loro che non avessero conosciuto la via della giustizia anziché, dopo averla conosciuta, rinnegare il santo comandamento che era stato loro trasmesso. È accaduto ad essi quel che dice così bene un proverbio: "Il cane è tornato a mangiare ciò ché aveva vomitato", e quest'altro proverbio: "La scrofa, lavata, torna a rivoltarsi nel brago". Veramente "chi perde la Fede non può perdere di più" (Publio Siro, Sentenze).
L'apostasia è un peccato, il più grave contro la Fede, tale ritenuto sin dagli inizi del cristianesimo, quando, insieme con l'omicidio e l'adulterio, veniva punito con l'esclusione dalla comunità ecclesiale.
La defezione dalla Fede cattolica non libera dal vincolo di sottomissione alla Chiesa contratto con il ricevimento del Battesimo, e pertanto gli apostati rimangono pur sempre dei battezzati, come i soldati che fuggono vigliaccamente dal campo di battaglia, non cessano per questo di essere soldati, ma diventano soldati disertori. La Chiesa ha le sue buone ragioni per infliggere sentenze e pene agli apostati, ma è sempre pronta ad accogliere chi l'abbandonò; ancor di più, ha beatificato un ex-apostata, Antonio Ney, un frate passato nel 1450 all'islamismo e due mesi dopo ritornato alla Fede finendone martire, a Tripoli.
Sull'esempio di questo Beato, ogni battezzato deve far proprio per la professione di Fede il motto attribuito all'edera: "O aderisco, o muoio".

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