venerdì 17 gennaio 2020

ILDEGARDA DI BINGEN



Le opere di Ildegarda

La prima è lo Scivias, in tre libri, che tratta nel primo libro sei visioni della storia del mondo e della la creazione, per la quale nel dodicesimo secolo ci fu un grandissimo interesse. Il secondo libro tratta i sacramenti e la vita religiosa e il terzo libro tratta le virtù, gli angeli, l’influsso delle virtù sulla vita dell’uomo e come bisogna servirsi delle virtù per vivere secondo Dio. Per Ildegarda la storia del mondo non era la storia umana, ma la storia dell’uomo con Dio e tutta la storia è storia sacra che procede attraverso tante vicende, cominciando con il peccato dell’uomo, poi la redenzione che dev’essere realizzata e vissuta dagli uomini e si conclude con la celeste armonia. Vedremo poi quale importanza ha il concetto dell’armonia per Ildegarda. Il libro finisce con la descrizione di come tutte le anime sono unite nell’armonia celeste e si rallegrano e gioiscono davanti a Dio. Il concetto di armonia vuole dire per Ildegarda tutto: il ritorno al disegno iniziale di Dio; egli ha fatto tutto bene, l’uomo ha sciupato questo bene con il peccato, non ha voluto osservare la legge di Dio. 

È anche interessante come Ildegarda considera la legge: non è la legge esterna, è data dalla natura di ogni cosa, per l’uomo e per le varie cose; vuol dire scoprire l’interiorità delle cose, la nostra interiorità e la nostra armonia e quanto si sciupa la nostra armonia. Il nostro sforzo dev’essere di riportare l’armonia alla nostra vita. Armonia vuol dire ordine, vuol dire anche cosmo. Ogni cosa deve aver il suo posto e l’uomo deve avere il suo posto, che è voluto da Dio, secondo Ildegarda, prima del peccato e ancor prima della creazione. Dio ha sempre pensato all’uomo come all’essere al centro della creazione, il quale, attraverso malgrado il peccato, doveva ritornare alla sua posizione iniziale. L’uomo riassume in sé il mondo, è un piccolo mondo, perché è l’unica creatura dotata di ragione e avvalora tutto quello che Dio ha creato. Non è il centro del mondo, il centro del mondo è Dio; però è al centro del mondo, se è in Dio. Ed essendo in Dio, tutto diventa armonia, tutto diventa cosmo. E così finisce lo Scivias.

Nel Liber vitae meritorum ci sono vari motivi che si intrecciano, il motivo della creazione, quello degli elementi, il motivo di Dio, centro del mondo, il motivo della lotta fra il peccato, i vizi, e le virtù. Le virtù e i vizi si affrontano; la cosa interessante è che la virtù è semplice nel suo modo di esposizione, mentre il vizio parla bene, si presenta bene, dà buoni consigli, ma la descrizione che Ildegarda ne fa è orrenda: del vizio sentiamo gli allettamenti, ma non ne vediamo la realtà com’è. Ildegarda ce lo dimostra in questo modo.

Il terzo libro è il più bello, il più interessante e certamente il più difficile: è il Libro delle operazioni di Dio, in cui fa vedere come l’uomo è in rapporto con tutto il mondo. Il mondo non è indifferente a come l’uomo si comporta e l’uomo è legato in certo senso con il mondo, perché, secondo Ildegarda e gli altri autori del suo secolo, la creazione stessa, essendo opera di Dio, è un libro che va letto e la creazione ci può istruire sugli intenti di Dio. Ed è per questo che si trova un linguaggio simbolico in lIdegarda, perché, guardando il mondo e vedendo, per esempio, le costellazioni delle stelle, lei capisce che queste sono una parola di Dio che bisogna cercare di comprendere e interpretare.

Queste sono le grandi opere, ma scrive ancora delle Vite di santi, di San Disibodo, di San Ruperto, un’interpretazione della Regola di San Benedetto, non completa, scrive anche delle risposte a questioni teologiche che le vengono poste dai monaci del monastero di Villers, e settanta canti con la musica; dice di non aver mai imparato la musica, però scrive una musica eccezionale, bella, che presenta, come tutti gli scritti di Ildegarda, anche moltissimi problemi, perché sono sempre una fonte di ricerche. C’è sempre da scoprire qualcosa su Ildegarda; è talmente ricca in quello che dice, riassume sempre diversi aspetti, che si riesce a capire solo poco per volta.

Scrive anche, un problema ancora scottante di cui mi sto occupando, ma di cui sono ancora lontana dal trovarne una risoluzione, quasi mille parole in una lingua ignota che usa un alfabeto ignoto, di cui lei dà la traduzione in latino e tedesco medioevale. Per quale motivo aveva scritto queste mille parole, tutte sostantivi, e le aveva difese in una lingua che lei stessa forma? Cerchiamo di studiarlo e capirlo senza finora riuscirci, certamente non senza motivo, perché Ildegarda è una persona estremamente pratica, ogni cosa che fa ha uno scopo. Se lei scrive questa lingua ignota, certamente lo fa con uno scopo, per aiutare a far capire certe cose.  Delle volte pensavo che forse fosse una reazione al movimento filosofico dei nominalisti, per cui le cose non avevano valore in sé, ma il mistero rimane.

Scrive la spiegazione del Simbolo di Sant’Atanasio e infinite lettere, un piccola dramma teatrale,
Ordo virtutum,(= Il coro delle virtù), che è stata rappresentata varie volte, forse anche a Milano, in Germania molte volte, anche in Inghilterra, in Italia a Siena. Presenta l’assalto che il Diavolo fa all’Anima e la difesa che l’Anima trova nelle Virtù. Le Virtù cantano, mentre il Diavolo grida soltanto, non conosce la musica, perché per lui l’armonia non esiste.

Riassumendo cercheremo la volta prossima di vedere del XII secolo quali elementi Ildegarda accolga in sé dei movimenti, delle aspirazioni, dei nuovi indirizzi di questo secolo aureo, che è quasi il rinascimento del Medioevo. Sono i nuovi aspetti, le nuove tendenze che Ildegarda in sé assume, perché in ciascuna delle sue opere c’è qualcosa di queste nuove aspirazioni che commuovono e muovono la sua epoca.

Una precisazione sulle Lettere di Ildegarda

Nel Medioevo la lettera come genere letterario era sempre una cosa pubblica, sarebbe stata una vergogna, un’offesa, una cosa inaudita se uno avesse ricevuto una lettera, l’avesse presa e letta per sé. Quello che noi possediamo delle lettere di Ildegarda sono lettere ufficiali. Le lettere personali, in cui, per esempio, lei chiedeva dei manoscritti da leggere, o riferiva una necessità pratica, non esistono. Abbiamo solo lettere ufficiali  e forse già corrette per pubblicazione, perché esiste di lei un libro di lettere, emendate e corrette ad uso per la lettura.

La grande difficoltà dell’edizione delle sue lettere era appunto questa: abbiamo parecchi manoscritti, ma nessuno ha tutte le lettere e le redazioni sono molto diverse, per cui si vede la lettera come doveva essere all’inizio e poi nel famoso Riesenkodex, ancora conservato a Wiesbaden, in cui c’è la redazione ufficiale, il libro delle Lettere, che va letto per aver consigli, ma non si tratta delle lettere stesse originali che Ildegarda scriveva a Federico Barbarossa, all’abate di Disibodenberg e così via. È quindi molto interessante il confronto tra queste varie redazioni di lettere, un lavoro fatto con molti anni di grande fatica, che in parte è ormai concluso; manca ancora la Vite di Disibodo e di Ruperto, che inizia con una lettera di presentazione, queste non sono state ancora edite, ma il lavoro verrà completato.

A proposito delle traduzioni integrali in italiano delle opere di Ildegarda

C’è una traduzione integrale del Libro dei meriti di vita e un’altra della breve trattazione sulla
Regola di San Benedetto. Ci sono traduzioni integrali in tedesco e in inglese, ma non di tutte le opere. Tradurre Ildegarda rappresenta una fatica enorme! Quando devo preparare una conferenza, ci vuole più tempo per tradurre le brevi citazioni, che per fare il resto, perché il testo è talmente condensato, il latino è medioevale, ma esprime tutto quello che lei vuole esprimere. Bisogna leggere i testi nell’originale per quanto possibile, o ci sono delle buone traduzioni in tedesco, alcune, però, non complete.

Nell’introduzione al “Libro dei meriti di vita” – Liber vitae meritorum – (1158-63), la seconda grande opera dopo lo Scivias, Ildegarda elenca gli scritti composti nel periodo che va dal 1151, fine dello Scivias, al 1163.

Essi sono: un trattato di scienze naturali e di medicina (Subtilitates naturarum diversarum creaturarum), una raccolta di canti ed una sacra rappresentazione (Symphonia harmoniae caelestium revelationem; Ordo virtutum), una raccolta di lettere (Responsa et admonitiones tam minorum quam maiorum plurimarum personarum), l’elenco di quasi mille vocaboli di una lingua ignota con il rispettivo alfabeto (ignota lingua et litterae), lettere con alcune esposizioni (litterae cum quibusdam expositionibus), sotto il cui nome s’intendono probabilmente le cinquantotto esposizioni dei Vangeli delle domeniche e di alcune feste (Exposisitiones evangeliorum) e vari scritti minori, cioè: la Spiegazione della Regola di San Benedetto (Explanatio Regulae S. Benedicti), la Spiegazione del Simbolo di Sant’Anatasio (Explanatio Symboli S. Athanasii); la Vita di San Disibodo (Vita Sancti Disibodi) e la Vita di San Ruperto/Roberto (Vita Sancti Ruperti); le Soluzioni delle trentotto questioni su argomenti riguardanti per lo più la Sacra Scrittura (Solutiones triginta octo quaestionum). Non abbiamo l’originale del Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum, di cui ci sono pervenute redazioni più tarde, mentre la parte riguardante le scienze naturali è stata divisa da quella sulla medicina; possediamo così, giunte per tradizioni diverse, due opere: l’una, la più ampia, con il titolo di Fisica (Physica); l’altra sotto quello di Cause e cure (Hildegardis causae et curae). Della numerosa corrispondenza sono rimaste trecentonovanta lettere.

 La terza grande opera della cosiddetta Trilogia, e senz’altro la più significativa ed importante, in cui Ildegarda mostra la piena maturità del suo pensiero e la straordinaria ricchezza delle sue conoscenze, è il “Libro delle opere divine”, Liber divinorum operum, che va anche sotto il titolo di “Libro dell’operare di Dio”, Liber de operatione Dei. Nel capitolo introduttivo ne viene datata la composizione (1163-1170). Ma la redazione finale deve essere più tarda. Ildegarda, insicura delle sue conoscenze di grammatica latina, faceva rivedere i suoi scritti dal monaco Volmaro, perché ne correggesse gli eventuali errori e nel 1175, alla morte del fedele segretario, aveva ancora bisogno di aiuto per poter portare a termine l’opera. Lei stessa ricorda in seguito con riconoscenza i nomi di chi fu pronto a prestarglielo.

Sr. ANGELA CARLEVARIS osb

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