L‘ALFA E L‘OMEGA
A soli dieci anni dall‘inizio del suo insegnamento, dopo aver conosciuto vari tipi di pubblico, Tommaso aveva potuto misurare i limiti della pedagogia in uso allora nelle facoltà di teologia. L‘uso di commentare sia le Sentenze sia la Sacra Scrittura condannava i maestri a impartire il loro insegnamento in modo frammentario, a seconda delle occasioni offerte dal testo commentato. Il raggruppamento di Questioni disputate permetteva indubbiamente di mettere in evidenza alcune tematiche, ma non si superava la loro dispersione e gli studenti non avevano nessuna visione globale della materia teologica. E a questa situazione che fa eco il celebre Prologo della Somma: «Abbiamo notato che nell‘uso degli scritti di vari autori, i novizi in questa materia sono molto imbarazzati: sia per la moltiplicazione inutile delle questioni; degli articoli o degli argomenti; sia perché ciò che devono imparare non è trattato secondo l‘esigenza della materia insegnata (secundum ordinem disciplinae), ma come richiede il commento dei libri o l‘occasione delle questioni disputate; sia infine perché la ripetizione frequente delle stesse cose genera negli animi degli ascoltatori stanchezza e confusione» 114 . Ci si è spesso interrogati sulle qualità intellettuali degli studenti ai quali fra Tommaso si rivolgeva, visto che ancora oggi anche specialisti competenti possono incontrare difficoltà nel leggere il libro così introdotto. Ma lo stesso interrogativo potrebbe essere sollevato a proposito di sant‘Alberto o di san Bonaventura, anch‘essi di non facile accesso. Supponendo che Tommaso abbia sopravvalutato le capacità dei suoi ascoltatori, egli non pensava tanto alla difficoltà dei temi trattati quanto piuttosto al modo in cui li avrebbe messi in relazione in un corpo di dottrina organizzata. Invece di proporre una semplice serie di questioni che si sarebbero succedute senza uno stretto legame, egli offriva una sintesi già generatrice di sapere mediante la semplice valorizzazione dei legami e della coerenza interna delle questioni. La grande novità della Somma non consiste nel suo contenuto, ma nella sua organizzazione — Tommaso si accontenta, per lo più, di riprendere la dottrina cristiana tradizionale: la sua dipendenza da numerosi filosofi e teologi lo mostra bene. E questo ciò che egli chiama «l‘ordine del sapere» (ordo disciplinae) e che enuncia, con una sobrietà di cui possiede il segreto, all‘inizio della questione seguente: «Dato che l‘oggetto principale della sacra doctrina è di far conoscere Dio, e non soltanto in se stesso, ma anche in quanto è principio e fine delle cose, e specialmente della creatura ragionevole..., noi dovremo trattare innanzitutto di Dio (Prima Pars), poi del movimento della creatura razionale verso Dio (Secunda Pars), infine di Cristo, il quale, nella sua umanità, è per noi la via che conduce a Dio (Tertia Pars)» 115
La straordinaria semplicità di questo enunciato non esprime evidentemente tutto ed occorrerà spiegarlo al momento opportuno. Per ora, l‘essenziale è notare la continuità con quanto abbiamo percepito circa il soggetto della teologia: «Dio inizio e fine di tutte le cose». Con un vocabolario leggermente diverso, questa era già la dottrina del commento alle Sentenze: «Il teologo considera le creature in quanto escono dal primo Principio e ritornano verso il loro fine ultimo, che è Dio stesso» 116 . Secondo l‘espressione consacrata, è dunque lo schema «uscita-ritorno» (exitus- reditus) che si trova alla base del piano della Somma.. Tale questione è stata lungamente trattata altrove quando ho ricordato sia il cammino che aveva spinto Tommaso ad iniziare la sua opera, sia le interpretazioni che ne propongono oggi i discepoli del Maestro 117 . Non è dunque necessario riprendere qui i dettagli di queste spiegazioni ma resta molto da dire sulle implicazioni di questa scelta. Si è spesso sottolineata l‘origine neoplatonica dello schema utilizzato da Tommaso. Ciò non è vero se non in un senso da precisare: vi è qui il rischio di un grave equivoco. Quando Tommaso, al seguito delle sue fonti, utilizza la parola exitus (o egressus) per dire che le creature «escono» da Dio, evidentemente non ripropone per conto suo una emanazione di tipo neoplatonico, eterna e necessaria 118 . Pensatore appartenente alla tradizione giudeo-cristiana, Tommaso non può concepire questa uscita se non come una creazione libera, inauguratrice del tempo e della storia della salvezza. E, per essere più espliciti, forse è questo il motivo per cui egli fa sempre un minore uso di questo vocabolario, passando dalle Sentenze alla Somma: invece di parlare di «uscita» delle creature, ormai parlerebbe piuttosto del modo in cui esse «procedono» da Dio mediante l‘atto creatore 119
Ciò non modifica per niente l‘intuizione centrale che intende il rapporto dell‘universo c on Dio come un movimento circolare che riconduce verso la loro origine, ormai vista come fine, le creature che ne sono uscite. Se fino a poco tempo fa si poteva attribuire a Tommaso l‘onore di aver eliminato la concezione ciclica a favore di quella lineare del tempo 120 , oggi si è più coscienti del fatto che questa concezione lineare — ben reale dato che la storia della salvezza va verso un fine — si iscrive essa stessa in questo grande movimento di «uscita-ritorno» di cui Tommaso ha fatto la struttura della sua opera, proprio perché ne scopriva la presenza in tutto l‘universo: «Allora un dato effetto raggiunge il culmine della perfezione quando ritorna al proprio principio. Così, tra tutte le figure geometriche, il cerchio è quella più perfetta, come il moto circolare è il più perfetto tra tutti i moti, perché in essi si fa ritorno al rispettivo principio. Ora, affinché l‘universo creato possa conseguire la sua ultima perfezione, è necessario che le creature ritornino alloro principio. Ma tutte e singole le creature ritornano al loro principio in quanto rivestono una somiglianza di esso nel loro essere e nella loro natura che costituiscono per esse una certa perfezione» 121 .
L‘apparente semplicità del punto di partenza non deve indurre a pensare che si tratterebbe soltanto di una mera rappresentazione immaginativa. La formulazione filosofica può essere molto più precisa: «Tutto ciò che si trova in noi viene da Dio e a lui risale perché egli ne è o la causa efficiente o la causa esemplare: causa efficiente, in quanto è mediante la potenza attiva di Dio che tutto si compie in noi causa esemplare, in quanto tutto ciò che in noi è di Dio, in un certo modo imita Dio» 122 . Tommaso non si lascia sfuggire nessuna occasione per sottolineare questo movimento circolare d‘insieme, ed è questo che il piano della Somma cerca di riprodurre. E così dunque che, dopo la parte che parla del Dio uno e trino della rivelazione cristiana (qq. 2-43), più della metà della Prima Pars tratta principalmente della processione delle creature a partire da Dio creatore, e del modo in cui egli se ne occupa (qq. 44- 119). In seguito comincia la descrizione del movimento di ritorno delle creature a Dio, che occupa tutta la Secunda «e» la Tertia Pars. Occorre sottolineare questo «e» poiché è il caso qui di prevenire un altro equivoco che spesso si fa a seguito del primo. Alcuni lettori, applicando in modo molto materiale alla Prima Pars il movimento di uscita e il movimento di ritorno alla Secunda, non riescono più a situare correttamente la Tertia Pars, e hanno ragione di meravigliarsi del fatto che Tommaso non parli di Cristo se non come un‘aggiunta, a modo di un ripensamento letterario. Che un autore cristiano così rigoroso come Tommaso abbia potuto «dimenticare» Cristo, componendo il suo piano, è già molto poco verosimile. Se l‘ha situato in questa Terza parte, è proprio perché egli così ha voluto e ben presto diremo il perché. Ma si nota già come questo errore di lettura non si spiega molto se non mediante la precedente erronea identificazione dello schema «uscita-ritorno» con quello dell‘emanatismo plotiniano. Un‘attenta frequentazione dell‘opera tomasiana non permette questo equivoco: se il vocabolario è neoplatonico la realtà è biblica, e non si tratta soltanto di una questione di struttura, verificata nell‘intemporale di un mito d‘eterno ritorno, ma proprio di una storia che si svolge nel tempo della salvezza. Così, il ritorno della creatura verso Dio non termina con la descrizione della vita contemplativa che si trova alla fine della Secunda Pars. Esso non è completo se non con l‘ingresso effettivo nella beatitudine al momento del ritorno di Cristo che viene ad assumere gli eletti nella sua gloria. La morte ha impedito a Tommaso di completare la sua opera, ma è proprio qui che voleva condurre il suo lettore; il Prologo della Terza Parte è molto chiaro a questo proposito: «Il nostro Salvatore, il Signore Gesù... si è presentato a noi come la via della verità, mediante la quale ci è possibile ormai giungere alla risurrezione e alla beatitudine della vita immortale». Questi termini riprendono quasi testualmente le prime parole della Somma che già annunciavano così lo scopo di questa Terza Parte: «Cristo, che nella sua umanità è per noi la via che conduce verso Dio». Qualunque fossero le ragioni che hanno portato alle scelte concrete che guidano l‘esposizione di Tommaso, non si può dubitare che il movimento circolare che egli descrive non si completa se non mediante Cristo. Il Dio di cui ci parla non è il primo Principio impersonale di un qualsiasi deismo, ma il Creatore e il Redentore della Bibbia. Ci si può ancora rendere conto di ciò leggendo il Prologo alla Seconda Parte, che inizia col ricordare la prima pagina della Genesi sull‘uomo come immagine di Dio. Situato al centro di gravità della Somma, nel luogo stesso in cui, dopo aver descritto l‘«uscita», Tommaso inaugura il movimento di «ritorno», questo testo-chiave che ritroveremo ben presto non lascia alcun dubbio circa questa ispirazione biblica.
di P.Tito S. Centi e P. Angelo Z.
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