domenica 23 agosto 2020

Moneta del popolo TASSE ZERO!



Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini


LA BANCA D’ITALIA SI APPROPRIA DI TUTTA LA MONETA DELLA NAZIONE ADDEBITANDOLA AL POPOLO


Sebbene nessun testo legislativo dichiari a chi appartenga la proprietà della moneta al momento della sua emissione, tuttavia la Banca d’Italia agisce come se ne fosse il proprietario, dandola in prestito al sistema economico nazionale e, quindi, addebitandogliela: infatti il mutuo di un bene fungibile, qual è il denaro, dietro corrispettivo di un interesse è facoltà di chi ne ha (o ne vanta) la proprietà. 

Inoltre, si è fatto notare che, ciò nonostante, l’Istituto Centrale iscrive arbitrariamente l’importo della moneta data in prestito tra le poste passive del suo bilancio, invece che tra quelle attive, alterando, in tal modo, a proprio vantaggio il bilancio stesso in misura evidentemente rilevante: infatti, è norma indiscutibile per una corretta contabilità che il prestito di denaro debba essere contabilizzato come credito, da inserire quindi all’attivo, insieme con gli interessi pattuiti. Infine, si è anche posto in evidenza come l’inserimento della moneta, all’atto della sua immissione nella circolazione, tra le poste passive del bilancio della Banca d’Italia sia la conseguenza capziosa, e perciò ingannevole, di rappresentare la banconota come una cambiale (vale a dire come un debito, come una passività) in virtù della nota formula sopra impressavi (“pagabile a vista al portatore”) che non ha più alcuna ragione di esistere, perché, essendo forzoso il corso delle banconote (non più garantite da alcun tipo di riserva, tanto meno aurea), esse non possono essere convertite (“pagate”) in oro; cosicché, nonostante quella ormai inutile formula, la banconota non può essere considerata come cambiale, rappresentativa di un inesistente debito della Banca Centrale. 

Finora si è più volte accennato al fatto che la Banca Centrale, nel mettere in circolazione le proprie banconote mediante operazioni di prestito al Tesoro dello Stato e di anticipazione al sistema bancario, in sostanza le ad debita al popolo. Siccome questo fatto rappresenta il punto focale di tutto il problema monetario, è necessario che esso sia reso di agevole comprensione anche per il lettore completamente a digiuno di tale problema nei suoi numerosi profili. Detto in modo molto schematico, accade che lo Stato, per il perseguimento dei propri fini istituzionali di carattere generale (difesa, pubblica istruzione, sanità, giustizia, ecc.) e di carattere particolare (opere pubbliche), ha naturalmente bisogno di notevoli risorse finanziarie. Per procurarsi tali risorse ricorre o alla vendita dei propri beni patrimoniali (mediante le privatizzazioni) o demaniali (mediante le sdemanializzazioni), oppure al prestito che costituisce una fonte di finanziamento costante e generale. 

Esso si rivolge, detto in modo molto semplificato, in due direzioni: 1. verso gli stessi cittadini, ai quali vengono offerti titoli di credito statali fruttiferi (buoni del Tesoro, bot, ecc.) in cambio di moneta; 2. verso la Banca d’Italia che, per garantire allo Stato le necessarie risorse finanziarie, crea la moneta da mettere in circolazione. La differenza tra i due tipi di prestito contratti dallo Stato non è tanto di natura quantitativa quanto di natura qualitativa, se così si può dire: infatti, mentre la Banca Centrale dà in prestito allo Stato moneta creata dal nulla – moneta cioè priva di quel valore che solo la circolazione potrà conferirle, e della quale essa si arroga, senza alcun fondamento giuridico, la proprietà – i cittadini, in cambio dei titoli di Stato, forniscono invece i propri risparmi, costituiti da moneta di cui sono proprietari perché, essendo stata da loro accettata a titolo di pagamento, in essa è incorporato il sudore del loro lavoro. Quindi, mentre il prestito concesso dai cittadini è frutto della loro fiducia nello Stato e senza dubbio rappresenta per loro un rischio che potrebbe vanificare anni di lavoro, invece, quello fornito dall’Istituto di Emissione è soltanto segno della sudditanza dello Stato nei suoi confronti e del concreto esercizio di quella sovranità monetaria cui lo Stato ha incredibilmente abdicato. “Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014

a cura del dott. Franco Adessa

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