venerdì 27 maggio 2022

LA VOLONTÀ DI DIO O STRADA REALE E BREVE PER ACQUISTAR LA PERFEZIONE

 


Esempi e sentenze notabili dei Gentili, che insegnarono come dobbiamo adempire la volontà  di Dio e conformarci ad essa. 


Per ultimo voglio proporre alcuni esempi e sentimenti di quelli, che mancarono del lume della  fede e non ebbero molto chiaro quello della ragione: ma con tutto ciò arrivarono a conoscere che  non vi era cosa più giusta, né più fondata in ragione, né più generosa, né più utile che l'adempire e il  fare la volontà di Dio; affinché noi ci vergogniamo di noi medesimi di non arrivare dove arrivarono,  e di non sentire quello che sentirono uomini senza legge e senza il conoscimento dell'obbligazione,  che porta seco il vedere un Dio morto, crocifisso per noi. 

   Cleonte, maestro di gran filosofi, diceva, benché gentile: «Guidami, Dio mio, e conducimi dove ti  sarà di gusto: ché io ti obbedirò, adempiendo la tua volontà, ancorché sia con gran travagli, ed io  che sono cattivo, farò, ancorché fosse, gemendo e affaticando, quello che deve fare un uomo  giusto.»  

   Demetrio, insigne filosofo, ancorché si ritrovasse in gran povertà e nudità, diceva: «Di questo solo  io mi posso lamentare, o Dio immortale, che prima d'ora non mi abbiate notificata la vostra volontà,  perché io sarei giunto prima a queste cose, alle quali io sto al presente prontissimo. Volete levarmi i  figliuoli? Per voi li ho allevati. Volete alcun membro del mio corpo? Pigliatelo, e non fo gran cosa  ad offrirvelo, avendo a lasciarli tutti assai presto. Volete la vita? E perché non ve l'ho a dare? Non ci  sarà alcun indugio a restituirvi quello che mi deste. Tutto quello che domanderete, lo riceverete da  me, che io lo do volentieri. Dunque di che mi lamento? Di quello che avrei voluto dare con  volontaria offerta, piuttosto che per restituzione? Che necessità v'era di levarmi quello che potevate  da me ricevere? Sebbene non potete voi levarmi cosa alcuna, perché non si leva se non a quello che  la ritiene. Io in nulla sono sforzato e niente patisco contro il mio gusto, né in questo fa a voi  servizio. Io mi conformo con la vostra volontà, perché conosco che tutte le cose corrono con, una  certa legge, che è promulgata per sempre.» 

   Socrate ancora, nel passo più arduo, quale è quello della morte, che patì ingiustamente, si mostrò  tanto conforme con la volontà divina, che disse: «Se Dio vuole così, così si faccia, perché tutti i  miei accusatori e nemici non mi potranno far danno.» E Simplicio disse che la vera perfezione  dell'anima consisteva in questa unione e conversione di volontà a Dio. 

   Epitetto, illustre stoico, faceva a Dio questa generosa offerta: «Adoprami, Signore, per  qualsivoglia cosa, che vuoi: con te ho il medesimo sentimento e il medesimo animo. Non ricuso  niente di quello che a te pare: vengo dietro a te: incamminami dove vorrai. Vuoi ch'io comandi,  ch'io tenga vita privata, ch'io sia sbandito, povero, ricco? Mi acquieto al tuo gusto, alla presenza  degli uomini, per tutte le cose.» 

   Il medesimo filosofo disse una cosa che gli passava per la mente, molto meravigliosa e !'insegnò e  predicò pubblicamente: «Nessuna cosa, diceva, ch'io voglia, mi può essere impedita, né disturbata  da uomo nato; ed a nessuna cosa, ch'io non voglia, non può sforzarmi potenza umana. Dirai: Come  può essere questo? Ti dico che è perché soggettai la mia volontà a Dio. Se Dio vuole ch'io abbia la  febbre, io ancora la voglio; se vuole ch'io faccia alcuna cosa, io non mi scuserò; se mi comanderà  che io prenda qualche cosa, non la rifiuterò; se vorrà ch'io la conseguisca, non la rinuncierò; se egli  non vorrà, io ancora non vorrò; se vuole ch'io muoia, chi distoglierà questo desiderio all'anima mia  e qual forza potrà disturbarlo? Nessuno potrà per certo far più violenza a me, che al medesimo Dio:  la causa e la volontà è la medesima. I viandanti, che hanno. qualche prudenza, fanno il medesimo;  perché se alcuno sente che vi sono assassini per la strada, non se ne va solo, ma aspetta compagni o  si unisce con persone principali mandate da qualche proconsole o questore, con la cui compagnia  sia sicuro. Non in altra maniera fa il prudente, perché nella strada di questa vita ci sono molti luoghi  infestati da assassini, ci sono molti tiranni, molte e varie temo peste e difficoltà e morti fra quelli  che grandemente amiamo. Che rifugio ci sarà per evitare tanti mali e per non cadere negli assassini? 

Che compagnia aspetterai per passar sicuro? Con chi ti unirai? Forse con un uomo ricco e facoltoso  o con alcun magistrato? Ma che profitto potrai cavar di qui? E che farai, se questi stesso sarà  spogliato e si lamenterà della sua disgrazia, o l'istesso appunto, che tu scegliesti per compagnia e  per guardia, potrà spogliarti come un ladro? Che farai? Procurerai forse di essere amico del  medesimo Cesare? Ma per ottenere questo, è necessario patire, soffrire gran cose, ed essere molte  volte spogliato. Oltre di che quel Cesare è uomo mortale, e mi può mancare, e dato anche che non  muoia, può mutarsi, odiarmi, e così bisognerà andare in altra parte. Dove adunque andrò, per essere  difeso? A un eremo, nel deserto? Ma forse ci sarà porta serrata, acciocché non giunga qui vi una  febbre o altra infermità? Qual rimedio dunque ci sarà? È possibile che ancora non si possa ritrovare  una compagnia sicura, fedele, stabile e senza insidie? La ritrovò veramente il Savio, considerando  che se si accosta a Dio, si farà il viaggio sicuro. Domanderai: Che cosa è questo che noi diciamo  accostarsi a Dio? È che quello che Dio vuole, si voglia anche dall'uomo, e che quello che egli non  vuole, si abbomini nella medesima maniera da lui? Ma come si potrà far questo? Non in altra  maniera, che stando intento alla volontà di Dio e considerando la sua prudenza.» Tutto questo è del  filosofo Epitetto. 

   Ancora Platone condanna quel modo di parlare: Iddio ti dia tutto quello che desideri, ti conceda  quello che vuoi. «Prega Dio, dice Platone, che non te lo conceda, ma faccia che tu voglia quello che  egli vuole, perché questo è un purissimo culto e una divina religione l'unirsi e legarsi in questa  maniera con Dio.» 

   Seneca, dando ragguaglio a un amico dei segreti del suo cuore e del costume che aveva in  sopportare le avversità, disse: «In tutte le cose, che paiono avverse e dure, mi diporto in questa  maniera: che non tanto obbedisco a Dio, quanto accommodo il mio sentimento al suo, e voglio il  medesimo che egli vuole e lo seguo di cuore e di buona volontà, e non perché ciò sia di necessità. E  però non mi occorre mai cosa, ch'io sopporti con tristezza, né di mala voglia; perché non posso dare  di mala voglia quello che devo come tributo, essendo tutte le cose, per le quali piangiamo e ci  spaventiamo, tributo di questa vita.» 

   Lo stesso consiglia che per adempire la volontà divina, si deve correggere il giudizio umano in  tutte le cose, che ci paiono ardue e ci molestano, ripetendo molte volte fra sé stesso: «A Dio pare  un'altra cosa: Iddio giudica meglio così.» E in un altro luogo dice che il meglio che uno possa fare,  è sopportare le cose avverse allegramente e ricevere tutto nella medesima maniera, come se egli per  suo gusto e per sua volontà lo cercasse e pigliasse; e che si deve voler così e pigliar le cose con  nostro gusto e volentieri, poiché vengono dalla volontà di Dio. È quello stesso che insegnò S. Doroteo, che uno poteva andar sempre adempiendo la sua volontà, mentre non aveva altra volontà  se non quella del suo superiore. Non ho riportato questo, perché ai servi di Dio siano necessari  questi consigli dei filosofi; ma perché noi ci vergogniamo che, dopo la dottrina di Cristo e l'esempio  e morte sua, non arriviamo con l'opera a quello che dalla forza della ragione naturale furono sforzati  a dire i ciechi gentili. 

P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. 

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