IL DISEGNO GRANDIOSO DEL PADRE
Cristo, centro del nostro pensiero e della nostra vita
San Paolo, la cui vita intima trascorreva tutta nella familiarità con Cristo, non arrestava il suo pensiero alla persona di Gesù quando contemplava l'opera della redenzione; ma nell'entusiasmo che gli ispirava tale opera, i cui frutti egli vedeva moltiplicarsi nella sua esperienza di apostolo, innalzava i suoi ringraziamenti ogni volta più in alto di Cristo, fino a Dio Padre.
Tuttavia agli occhi dell'apostolo l'amore che Cristo aveva manifestato all'umanità era la meraviglia delle meraviglie. Sin dall'incontro folgorante sulla via di Damasco san Paolo era rimasto affascinato dalla persona di Gesù, che si era insediato da signore nel cuore della sua esistenza e al centro della sua visione del mondo. Ecco perché le formule « in Cristo », « in Cristo Gesù », « in Cristo Gesù nostro Signore » sono frequenti nei suoi scritti per esprimere l'orientamento essenziale del suo pensiero e della sua vita. Il grande apostolo viveva a tale punto in Cristo, che gli sembrava di sentire la propria vita annullarsi per far posto a quella di Cristo: « Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me ». Egli era convinto, e lo andava esperimentando nella sua fede, che Cristo comandava e animava tutto il suo fervore interiore e che si trovava in qualche modo alla sorgente di tutte le sue azioni vitali. Ciò che egli riconosceva innanzi tutto in questo Cristo che abitava spiritualmente in lui era il suo amore, di cui aveva provato in modo così vivo la benevolenza al momento del primo incontro. Cristo aveva scelto lui, il persecutore della Chiesa, il meno degno di tutti di ricevere un così grande appello. Vedendosi oggetto di un amore del tutto gratuito da parte di Cristo e riflettendo sul messaggio della Rivelazione, l'antico nemico dei cristiani aveva compreso dove si trovava la testimonianza definitiva e irrefutabile di quell'amore. Perciò, dopo aver dichiarato: « È Cristo che vive in me », aggiunge in modo da sviluppare il proprio pensiero: « lo vivo nella fede al Figlio di Dio che mi ha amato e che si è sacrificato per me ».
L'amore che Cristo aveva dimostrato nel sacrificio del Calvario, san Paolo lo concepiva come rivolto a sé personalmente; e questa verità illuminava tutte le altre e lo toccava nel più profondo dell'essere, come rivela l'emozione che affiora nelle parole: « si è sacrificato per me ». Forse, se avesse consentito a lasciarsi, guidare più lontano da quella emozione e a sviluppare maggiormente ciò che gli suggeriva il pensiero del proprio dramma personale e dell'amore di Cristo per lui, avrebbe potuto scrivere che Gesù aveva pagato il riscatto di sangue per poter fare di un persecutore un cristiano e un apostolo. Cristo condannato a morire era il prezzo della sua salvezza e della sua vocazione attuale. E' dunque comprensibile che san Paolo considerasse tutta la sua esistenza come sospesa a quell'amore e tutta la sua vita intima come fondata su di esso. Ed é, così, anche chiara la ragione per cui, nel suo apostolato, la persona di Cristo é sempre stata al centro di tutto. Per san Paolo predicare il Vangelo era predicare Cristo e il suo amore fatto di sacrificio. Quando ricorda ai Corinti la prima predicazione fatta loro, egli scrive: « Non volli sapere altro in mezzo a voi che Gesù Cristo, e Gesù Cristo crocifisso ». Queste parole rivelano un atteggiamento deliberato da parte dell'apostolo, una decisione personale di concentrare il proprio insegnamento sulla persona di Cristo e sull'atto supremo del suo amore. Ed era anche, per lui, un modo di scomparire davanti a Cristo, di non cercare nessun'altra eloquenza all'infuori di quella che emanava dal Salvatore stesso, reso presente attraverso il suo messaggio. Questa presentazione semplice della per=sona amorosa di Gesù aveva prodotto sull'uditorio un effetto sorprendente, che doveva essere attribuito non alla forza o all'abilità del predicatore, ma alla potenza divina.
Di più, l'amore di Cristo non era soltanto l'oggetto essenziale della predicazione di san Paolo, era anche il motore segreto di tutta la sua attività apostolica. Quando spiegava ai Corinti il vero motivo del suo zelo, volendo far loro comprendere che il suo ardore nulla aveva a che vedere con l'ambizione o il desiderio di comparire e di dominare, egli scriveva: « La carità di Cristo ci sprona ». E con ciò intendeva non l'amore che egli stesso votava al suo Salvatore, né semplicemente l'amore che Cristo aveva testimoniato a lui personalmente chiamandolo a un grande destino, ma quella forma universale di carità, per cui Cristo si era sacrificato al fine di dare la vita agli uomini e di portare la riconciliazione di Dío ai peccatori: « uno solo é morto per tutti ». Era questa l'immensa carità della quale l'apostolo si sentiva circondato da. ogni parte, incalzato e come prigioniero. Per designare questa stretta egli usa un termine che ha spesso il significato di abbattimento o di oppressione e che nel Vangelo suole designare una persona in preda alla febbre, gente sotto l'impressione del terrore, o il desiderio ardente, incoercibile di Cristo, il desiderio di essere battezzati nel suo sangue. Paolo vuol dunque dire che l'amore di Cristo lo preme come una febbre, una passione o un desiderio violento, e lo spinge a non vivere che per Cristo e a far di tutto perché gli altri siano altrettanto generosi perciò egli chiede loro in nome di Cristo di raccogliere i frutti della riconciliazione con Dio, che il sacrificio della croce ha loro meritato. Tutta l'attività apostolica di san Paolo è dunque governata dall'impulso di quell'amore per cui Cristo apportò la salvezza al mondo. Avendo senza posa davanti agli occhi questa carità estrema, l'apostolo è portato al dono completo di sé, pronto al massimo dello sforzo per la conversione di coloro per i quali Cristo è morto. L'amore salvifico di Gesù agisce su di lui come un esempio che trascina e ad un tempo come una costrizione interiore che unisce e stringe insieme tutte le sue energie.
Quest'amore non si limitava a un fatto passato, cioè al dramma del Calvario, in cui si era manifestato in tutta la sua grandezza: per san Paolo esso era attuale e non cessava mai di essere presente, perché, dopo il dramma della passione e della resurrezione, era stato definitivamente acquisito agli uomini. L'apostolo sentiva che quell'amore lo accompagnava dovunque senza affievolimenti né infedeltà, opponendo una barriera insormontabile a tutte le forze avverse che avrebbero potuto ispirar timore; sentiva che rappresentava una sicurezza invincibile contro ogni pericolo. « Chi ci potrà separare dall'amore di Cristo? La tribolazione, o l'angoscia o la persecuzione o la fame o la nudità o il pericolo o la spada, secondo che sta scritto: Per causa tua noi ogni giorno siamo dati a morte, siamo trattati come pecore da macello? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, grazie a colui che ci ha amato ». Anche se Cristo aveva amato gli uomini durante la sua vita terrena, il suo fu un amore che non riguardava la carne, ma lo spirito, il solo che contasse; e tutta la forza di quell'amore avrebbe persistito sulle tempeste dell'esistenza umana fino al compimento finale dei nostri destini. San Paolo voleva comunicare ai suoi fratelli l'ardente convinzione che la gioia e la protezione di quell'amore non sarebbero mai venute meno. Su quest'amore del Salvatore egli fondava la sua speranza e ad essa voleva legare indissolubilmente la fiducia di tutti.
Perciò egli raccomanda agli Efesini di cercar di conoscere quell'amore. Alcuni di loro avrebbero preferito dilettarsi di cose arcane, quali erano promesse da certe dottrine pagane; ma san Paolo fa loro comprendere che esiste una conoscenza la quale sta al vertice di tutte le altre, la conoscenza della carità di Cristo, a cui si perviene quando si possiede Cristo nel proprio cuore per mezzo della fede e quando si é radicati nella carità. Egli afferma paradossalmente che ciò significa conoscere l'inconoscibile, perché la carità di Cristo sorpassa ogni conoscenza. Bisogna dunque innalzarsi al di sopra di se stessi per comprendere questa carità, che si pone, ad un livello superiore a tutti gli orizzonti umani. L'apostolo fa rilevare che tale conoscenza è assai diversa da quella dell'amore di una persona, che potremmo acquisire per contatto, per esperienza o per testimonianza, come avviene ordinariamente nelle relazioni tra gli uomini. Penetrare nella carità di Cristo significa superare ogni veduta terrena e accedere al sapere supremo, un sapere che nonostante la sua altezza si riconosce sempre inferiore a ciò che esso raggiunge.
L'amore di Cristo è dunque la realtà che anima la vita di san Paolo, che lo spinge all'azione: quella realtà che per lui è da conoscere prima di ogni altra e che si pone al disopra delle conoscenze umane.
Di Jean Galot s. j.
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