Dio opera con la sua potenza
– Nella trasformazione della sostanza del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Signore «il Damasceno dice: “Poiché gli uomini hanno l’abitudine di mangiare il pane e di bere il vino, Dio ha unito a queste cose la sua divinità e le ha fatte Corpo e Sangue suo”. E più sotto: “Il pane della comunione non è semplice pane, ma è pane unito alla divinità”...
Dio ha unito “la sua divinità”, ossia la sua virtù divina, al pane e al vino, non perché essi rimanessero in questo sacramento, bensì allo scopo di farne il suo Corpo e il suo Sangue»[382].
«S. Agostino afferma: “Dio non è la causa della tendenza al non essere”. Ma questo sacramento si compie per virtù divina. Dunque in essa la sostanza del pane e del vino non viene annichilata»[383].
Dio realizza una conversione soprannaturale: «Questa conversione però non è simile alle conversioni naturali, ma è del tutto soprannaturale, compiuta dalla sola potenza di Dio»[384].
La conversione che si realizza in ogni Eucaristia è assolutamente singolare e sempre e in ogni caso è realizzata dalla potenza infinita di Dio: «È chiaro infatti che ogni ente opera in quanto è in atto. Ma ogni agente creato è limitato nel suo atto, appartenendo a un dato genere e a una determinata specie. Quindi l’azione di qualsiasi agente creato si limita a un determinato atto. Ora, la determinazione di qualsiasi cosa al proprio essere in atto dipende dalla forma. Perciò un agente naturale o creato non può causare che una trasmutazione di forma. E quindi ogni conversione, che si compia secondo le leggi naturali, è un cambiamento soltanto formale. Dio invece è atto infinito, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Perciò la sua azione si estende a tutta la natura dell’ente. E quindi può produrre non soltanto delle conversioni formali, in cui in un medesimo soggetto si succedono forme diverse; ma può trasmutare tutto l’ente, in modo che tutta la sostanza di un ente si converta per intero nella sostanza di un altro. Ciò appunto avviene per virtù divina in questo sacramento»[385].
«Questa conversione si compie per una virtù infinita, della quale è proprio operare istantaneamente […]. E per questi tre motivi la conversione di cui parliamo è istantanea: – Primo, perché la sostanza del Corpo di Cristo, alla quale termina questa conversione, non ammette un più e un meno. – Secondo, perché in questa conversione non c’è un soggetto da preparare gradualmente. – Terzo, perché viene compiuta dall’infinita virtù di Dio»[386].
«...questa conversione non si compie in virtù della potenza passiva della creatura, ma solo in virtù della potenza attiva del Creatore»[387].
«Il Corpo di Cristo rimane in questo sacramento, non solo fino all’indomani, ma anche oltre, finché durano le specie sacramentali. Quando esse cessano, smette di esistere in esse il Corpo di Cristo, non perché dipenda da esse, ma perché viene a mancare il suo legame con quelle specie. Allo stesso modo in cui Dio cessa di essere Signore di una creatura quando questa viene a mancare»[388].
«...in questo sacramento la consacrazione della materia consiste in una miracolosa conversione della sostanza, che Dio solo può compiere»[389].
Qui Dio opera efficacemente e sacramentalmente, cioè per significazione: «Nella creazione agì la stessa parola di Dio che opera anche in questo sacramento, ma in modo diverso. Infatti qui essa opera sacramentalmente, ossia secondo la forza della significazione. Perciò è necessario indicare in questa forma l’ultimo effetto della consacrazione mediante un verbo sostantivo, di modo indicativo e di tempo presente. Nella creazione delle cose invece la parola di Dio operò soltanto come causa efficiente: e l’efficienza deriva dal comando della sua sapienza. Ecco perché nella creazione delle cose la parola di Dio si esprime con un verbo di modo imperativo, p. es.: “si faccia la luce: e la luce fu” [Gen 1,3]»[390].
– Nel sostentare gli accidenti senza soggetto proprio: «Perciò si deve concludere che in questo sacramento gli accidenti rimangono senza soggetto. E la cosa è possibile per virtù divina. Perché, dipendendo l’effetto dalla causa prima più ancora che dalla causa seconda, Dio, causa prima della sostanza e dell’accidente, con la sua infinita virtù può conservare in essere l’accidente anche quando sia venuta meno la sostanza, la quale lo conservava in essere come causa propria; così come può produrre senza le cause naturali altri effetti delle cause naturali: come formò, p. es., un corpo umano nel seno della Vergine “senza seme virile”»[391].
– Nel poter agire gli accidenti senza la forma sostanziale: «L’agire della forma accidentale dipende dall’agire della forma sostanziale, come l’essere dell’accidente dipende dall’essere della sostanza. Quindi come per virtù divina è concesso alle specie sacramentali di poter essere senza la sostanza, così è concesso loro di poter agire senza la forma sostanziale per la virtù di Dio, da cui, come da primo agente, dipende l’agire di ogni forma sia sostanziale che accidentale»[392].
«Poiché l’ente non è un genere, non può l’essere stesso costituire l’essenza della sostanza o dell’accidente. La frase quindi “ente per sé senza soggetto” non è la definizione della sostanza. Né è definizione dell’accidente “ente in un soggetto”; ma piuttosto diremo che alla quiddità o essenza della sostanza “compete di avere essere senza un soggetto”, e alla quiddità o essenza dell’accidente “compete di avere essere in un soggetto”. Ora, in questo sacramento non viene concesso agli accidenti di essere senza soggetto in forza della loro essenza, ma per la virtù divina che li sostenta. Quindi non cessano di essere accidenti; perché né si toglie ad essi la definizione di accidenti, né compete ad essi la definizione della sostanza»[393].
«Questi accidenti hanno acquistato la loro individualità dalla sostanza del pane e del vino e, dopo che questa si è cambiata nel Corpo e nel Sangue del Cristo, si conservano per virtù divina nella loro individualità di prima. Rimangono perciò singolari e sensibili»[394].
«Rarefazione e densità sono qualità che i corpi derivano dall’avere essi dentro le loro dimensioni poca o molta materia: al pari di tutti gli altri accidenti esse derivano dai principii della sostanza. Perciò, come sparendo la sostanza vengono conservati per virtù divina gli altri accidenti, così sparendo la materia si conservano per virtù divina le qualità derivanti dalla materia, cioè la rarefazione e la densità»[395].
– L’Eucaristia ci unisce a Dio: «Questo sacramento ha di suo la virtù di conferire la grazia: cosicché nessuno prima di aver ricevuto questo sacramento possiede la grazia, se non dipendentemente da un qualche desiderio di esso, o personale, come nel caso degli adulti, o della Chiesa, come nel caso dei bambini, secondo quello che si è già detto. Si deve quindi all’efficacia della virtù di questo sacramento che con il solo suo desiderio uno possa conseguire la grazia che lo vivifica spiritualmente. Ne segue perciò che, quando si riceve realmente il sacramento stesso, la grazia aumenti e la vita soprannaturale raggiunga la sua perfezione. Diversamente però da quanto avviene nel sacramento della cresima, in cui la grazia aumenta e si perfeziona per consentirci di resistere contro gli assalti esterni dei nemici di Cristo. Nell’Eucaristia invece aumenta la grazia e si perfeziona la vita spirituale in modo che l’uomo sia perfetto in se stesso mediante l’unione con Dio»[396].
«Questo sacramento conferisce spiritualmente la grazia assieme alla virtù della carità. Per cui il Damasceno paragona questo sacramento al carbone acceso visto da Isaia: “Come il carbone non è legno soltanto, ma legno unito al fuoco, così anche il pane della comunione non è pane soltanto, ma pane unito alla divinità”. Ora, come osserva S. Gregorio, “l’amore di Dio non rimane ozioso, opera bensì grandi cose, se c’è”. Perciò con questo sacramento, per quanto dipende dalla sua efficacia, l’abito della grazia e delle virtù non viene soltanto conferito, ma anche posto in attività, conforme alle parole di S. Paolo: “La carità di Cristo ci sospinge” [2Cor 5,14]. Ecco perché in forza di questo sacramento l’anima spiritualmente si ristora, in quanto rimane deliziata e quasi inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo l’espressione dei Cantici: “Mangiate, amici; bevete, inebriatevi, carissimi” [Cnt 5,1]»[397].
La Messa si offre a Dio: «in quanto rappresenta la passione di Cristo, nella quale egli, secondo l’espressione di S. Paolo, “offrì se stesso come vittima a Dio” [Ef 5,2], ha natura di sacrificio»[398].
La potenza dell’Agente principale opera attraverso le altre potenze partecipate e usate da Lui: «La virtù sacramentale risiede in più elementi e non in uno soltanto: la virtù del Battesimo, p. es., sta nelle parole e nell’acqua. Perciò anche la virtù di consacrare non risiede soltanto nelle parole, ma anche nel potere conferito al sacerdote nella sua consacrazione o ordinazione, quando gli vien detto dal vescovo: “Ricevi il potere di offrire nella Chiesa il sacrificio tanto per i vivi quanto per i morti”. Infatti la virtù strumentale risiede nei molteplici strumenti per mezzo dei quali agisce l’agente principale»[399].
I fedeli cristiani laici, a motivo del Battesimo, sono resi capaci di offrire sacrifici spirituali a Dio: «Un laico giusto è unito a Cristo spiritualmente per mezzo della fede e della carità, ma non per mezzo del potere sacramentale [del Ordine Sacro]. Possiede perciò il sacerdozio spirituale per offrire le ostie spirituali di cui parla il Salmista: “È sacrificio dinanzi a Dio un cuore contrito” [50,19]; e anche S. Paolo: “Offrite i vostri corpi come ostia vivente” [Rm 12,1]. Ecco perché S. Pietro attribuisce a tutti “un sacerdozio santo per offrire vittime spirituali” [1Pt 2,5]»[400].
Ai sacerdoti ministeriali spetta il consacrare e l’offrire: «La distribuzione del Corpo del Signore appartiene al sacerdote... perché, come si è detto, egli consacra nella persona di Cristo. Ora, Cristo, come consacrò da sé il proprio Corpo, così da sé lo distribuì agli altri. Quindi come al sacerdote appartiene la consacrazione del Corpo di Cristo, così appartiene a lui distribuirlo… [e] perché il sacerdote è costituito intermediario tra Dio e il popolo. Perciò come spetta a lui offrire a Dio i doni del popolo, così tocca a lui dare al popolo i doni santi di Dio»[401].
Il cattivo sacerdote ha il potere di consacrare, ma non deve accostarsi all’altare: «Il sacerdote, come abbiamo visto sopra, consacra questo sacramento non per virtù propria, ma quale ministro di Cristo. Ora, uno non cessa di essere ministro di Cristo per il fatto che è cattivo; perché il Signore possiede ministri o servi buoni e cattivi. Nel Vangelo infatti il Signore si domanda “qual è mai quel servo fedele e prudente, ecc.?”; e poi aggiunge: “Se quel servo cattivo dice dentro di sé, ecc.” [Mt 24,45.48]. E l’Apostolo scrive: “Ci considerino come ministri di Cristo” [1Cor 4,1]; e tuttavia dice più sotto: “Non ho coscienza di alcun mancamento, ma non per questo mi sento giustificato” [4,5]. Egli dunque era certo di essere ministro di Cristo, sebbene non fosse certo di essere giusto. Uno può dunque essere ministro di Cristo senza essere giusto. E ciò mette in risalto l’eccellenza di Cristo, perché a lui come a vero Dio servono non solo le cose buone, ma anche quelle cattive, che la sua Provvidenza indirizza alla propria gloria. È chiaro dunque che i sacerdoti, anche se non sono buoni ma peccatori, sono in grado di consacrare l’Eucaristia»[402].
Nella questione 83 San Tommaso utilizza circa 40 volte la parola «Dio» e le sue variazioni, ma credo che possa bastare quello che abbiamo detto.
Padre Carlos Miguel Buela
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