AGOSTINO AI SANTI FRATELLI E VESCOVI EUTROPIO E PAOLO
L'ideale della nostra giustizia terrena.
8. 18. Finché dunque, esuli e lontani dal Signore, cammineremo in stato di fede e non ancora di visione 52, per cui è scritto: Il giusto vivrà per la sua fede 53, la nostra giustizia durante lo stesso esilio consiste in questo: che alla perfezione e pienezza della giustizia, dove nella visione dello splendore di Dio sarà ormai piena e perfetta la carità, noi presentemente tendiamo con la dirittura e la perfezione dello stesso correre, cioè castigando il nostro corpo e costringendolo a servire 54, facendo lietamente e cordialmente le opere di misericordia, sia nel prodigare benefici, sia nel perdonare i peccati commessi contro di noi, e attendendo incessantemente alle orazioni 55, e compiendo tutto questo nella sana dottrina 56, sulla quale si basa l'edificio della fede retta, della speranza ferma, della carità pura. Questa è per adesso la nostra giustizia con la quale corriamo affamati e assetati verso la perfezione e la pienezza della giustizia per esserne poi saziati. Per questo il Signore, dopo che ebbe detto nel Vangelo: Guardatevi dal praticare le vostre opere buone davanti agli uomini per essere da loro ammirati 57, perché la nostra corsa non avesse per sua misura la gloria umana, nell'esporre le stesse opere buone non sottolineò se non queste tre soltanto: digiuno, elemosine, orazioni, significando con il digiuno tutta in genere la mortificazione del corpo, con le elemosine ogni benevolenza e ogni beneficenza o nel donare o nel perdonare, e insinuando con l'orazione tutte le regole per realizzare il desiderio della santità; Ecco alcune considerazioni da fare. Nella mortificazione del corpo si frena la concupiscenza che in quella perfezione di giustizia, dove non esisterà più assolutamente nessun peccato, non si dovrà frenare, ma dovrà sparire e sparirà del tutto: ebbene anche nell'uso di cose permesse e lecite la concupiscenza mostra spesso la sua smoderatezza. Difetti si commettono perfino nella vera beneficenza con la quale il giusto si prende cura del prossimo. Accade in essa di compiere certe azioni che recano nocumento invece del giovamento che si pensava, e talvolta subentra nella beneficenza la noia che appanna la gioia amata da Dio in chi dona 58. Ciò avviene per nostra debolezza o quando quello che si prodiga di bontà e di fatica non basta alle necessità degli altri o quando produce in loro poco progresso. La noia poi subentra in ciascuno tanto di più quanto meno egli ha progredito e subentra tanto di meno quanto più egli ha progredito. Per queste e simili considerazioni noi doverosamente diciamo nell'orazione:
Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori 59. Purché facciamo quello che diciamo: cioè giungiamo ad amare anche gli stessi nostri nemici; o se a tanto non arriva chi è ancora piccolo nel Cristo, tuttavia al suo nemico che si pente del peccato che ha commesso contro di lui e ne chiede perdono glielo conceda dall'intimo del cuore, se vuole che il Padre celeste esaudisca la sua orazione.
Sant'Agostino
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