SOTTO LA GUIDA DELLO SPIRITO
Una volta trovato il nostro essere profondo grazie alla preghiera, siamo subito in grado di vivere a partire da questa profondità. Come Agostino, a lungo avevamo cercato il Signore fuori di noi, ma invano. Ora sappiamo per esperienza che è dentro di noi: intimior intimo meo. E il nostro oergrond, il nostro fondo primordiale, il nostro io nascosto: la sua vita sale in noi dall'interno. Gesù ci viene incontro "dall'interno verso l'esterno", dice Ruusbroec. E dunque là che dobbiamo cercarlo, nell'interiore, è sempre là che dobbiamo attenderlo, rivolti, orientati verso l'interno. Dobbiamo imparare a vivere di fronte al nostro interiore, a raccoglierci. Non appena avremo instaurato un rapporto con la nostra interiorità, ci accorgeremo presto che questa realtà intima di noi stessi è non solo il nucleo e il centro di gravità del nostro essere, ma anche la sorgente capace di ristrutturarlo interamente: una sorgente di forza, di luce, di vita. Tutto ci è dato a partire dall'interno, e l'insieme delle nostre facoltà potrà funzionare bene solo nella misura in cui esse sono collegate con questo mondo interiore. L'uomo nuovo è fecondato dalla sua interiorità a partire dal di dentro, così come è condotto dallo Spirito a partire dall'interno. Per descrivere questo processo di unificazione e di ristrutturazione, la tradizione bizantina usa un'espressione figurata: la mente (il nous) scende nel cuore. Con questo vuol dire che l'intelligenza abbandona momentaneamente le sue elucubrazioni indipendenti e viene a unirsi al cuore, dove si trovano le facoltà affettive e intuitive dell'uomo. Questa unione della mente e del cuore crea nell'uomo una pace profonda, già al semplice livello naturale. Non solo, ma, come abbiamo visto prima, il cuore è il luogo in cui Dio è presente nell'uomo. E lì che questi può, per così dire, toccare Dio e aderire a lui. Che la mente scenda nel cuore significa allora che l'essere tutto intero è entrato nella vita di Dio ed è integrato all'azione dello Spirito che diventa così il fattore di unificazione per eccellenza della totalità dell'essere. L'uomo può allora ritrovare tutte le proprie facoltà, senza eccezione alcuna. Prima abbiamo parlato di un digiuno delle potenzialità, delle facoltà che dovrebbero momentaneamente venir disinserite: e un esigenza solo temporanea. Nella preghiera, nulla di umano deve scomparire, anzi. L'intelligenza può ora appoggiarsi senza rischi su un cuore che è interamente afferrato dal fuoco dello Spirito e che ha ritrovato la propria profondità, terreno per la preghiera. L'intelligenza è illuminata dall'interno grazie alla preghiera e all'amore insieme: ne riceve una nuova perspicacia, perché è fecondata dall'amore. L'amore è così diventato inseparabile dalla conoscenza, e la conoscenza dall'amore. L'amore è diventato lui stesso conoscenza, perché l'amore è la fonte di ogni conoscenza autentica. La celebre formula: Ipse amor notitia est (l'amore stesso è conoscenza), così frequente nella letteratura mistica dell'occidente a partire da Gregorio Magno, ritrova così tutta la propria pregnanza. L'amore non si sostituisce all'intelligenza, ma l'abbraccia dall'interno, come un fuoco che covava sotto la cenere. Questo vale anche per tutte le altre facoltà umane, e in particolare per l'amore del prossimo. Tutta la vita ora è retta da questa nuova realtà sprigionata dalla preghiera nelle profondità del nostro essere. La preghiera è divenuta ambiente discreto e caloroso, sottofondo musicale nel quale la vita di ogni giorno può continuare a scorrere con tutta la sua intensità. Forse anche in modo più intenso ed efficace, perché abbiamo finalmente raggiunto la sorgente stessa del nostro essere e agiamo solo a partire da lei. E come una dolce e quasi impercettibile melodia che niente e nessuno può disturbare e che crea un clima dal quale non possiamo più staccarci. Una dulcis memoria, come la chiamano i mistici: un ricordo dolce e caloroso dell'Amato, che impregna tutta la nostra esistenza e ne copre tutti, i rumori estranei.
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