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sabato 16 maggio 2020

EPISTOLARIO



Il direttore

Tra le altre qualità, che rendono la sua direzione felice ed efficace, emerge il  dono particolare di scoprire le insidie con cui satana impedisce l'ascesa delle  anime, di mettere in evidenza l'azione della grazia e la realtà delle divine  predilezioni e di tranquillizzare le anime sconvolte e turbate da dubbi,  incertezze e tentazioni.  
La diagnosi delle malattie dello spirito è sempre accurata e precisa e la  terapia sempre adeguata e proporzionata ai singoli casi. Padre Pio non spende  molte parole né ama le lunghe disquisizioni dottrinali, ma va direttamente al  nocciolo delle questioni ed il fine è raggiunto sempre:  
"Stiamo bene all'erta di non mai turbarci per qualsiasi sinistro accidente  potesse a noi venire, essendo questo mai scompagnato dalla imperfezione, avendo  sempre la sua origine nell'egoismo e nell'amor proprio. Di più quando il nostro  cuore è inquieto, più frequenti e più diretti sono gli assalti del nemico, il  quale approfitta della nostra debolezza, la quale c'impedisce il diritto  sentiero della virtù. Il nemico di nostra salute conosce troppo bene che sicuro indizio dell'assistenza divina è la pace del cuore, e perciò non lascia  sfuggirsi cosa alcuna per farcela perdere. Perciò stiamo sempre all'erta su  questo punto. Gesù ci aiuterà" (1 7 1915 e, sullo stesso argomento, tutta la  lettera del 10 7 1915; cf. anche 19 11 1916; 13 3 1917 6 7 1917). 

"Circa ciò che m'interrogate non tengo a dire altro per quanto riguarda il  vostro spirito se non di star tranquillo, sforzandovi sempre più col divino  aiuto di mantenere sempre più salda in voi l'umiltà e la carità che sono le  corde maestre di tutto il grande edificio, e tutte l'altre sono dipendenti da  esse. Mantenetevi bene in queste. L'una è la più bassa, l'altra è la più alta.  La conservazione di tutto l'edificio dipende dalle fondamenta e dal tetto; se si  tiene sempre il cuore indirizzato all'esercizio di queste, non si incontrano poi  difficoltà nelle altre. Queste sono le madri delle virtù; quelle le seguono come  fanno i piccoli pulcini nel seguir le loro madri" (29 4 1919; cf. anche 27 10  1920; 9 1 1921; 28 1 1921). 

"Si, padre, è predilezione cotesta condotta che con voi tiene il Signore. Niente  abbandono, niente giustizia vindice, niente indegnità da parte vostra meritoria  di rigetto e di condanna. Tutto quello che avviene in voi è effetto di amore e  di amore grande di Dio per voi: è prova, e la più amorosa, che Dio serba per i  suoi eletti; è vocazione a corredimere, e quindi è fonte di gloria. Posto ciò  come certo e indubitato, cadono le ansie e le trepidazioni che il nemico suscita  per la sua malvagia voluttà di tormentare e che il sommo Bene permette sempre  allo scopo su accennato. Voi intanto schernitevi di cotesti dubbi e perplessità,  perché provenienti da satana. Non vi affannate poi a cercare fuori di voi Dio,  perché egli è dentro di voi, è con voi, è nei vostri gemiti, è nelle vostre  ricerche. Vi esorto fin che dura questa prova a fare atti di pura uniformità ai  divini voleri e d'imitare Isacco nelle mani di Abramo e di sperare con tutti e  due contra spem. Non temete, mio caro padre, e credete a me che vi ho parlato da  parte di Gesù" (30 1-1921; cf. anche 16 6 1921). 

PADRE PIO DA PIETRELCINA

venerdì 1 maggio 2020

EPISTOLARIO



Magistero.
Col maturarsi della personalità ed il crescere della esperienza  nelle vie dello spirito, i ricorsi dei direttori al diretto diventano sempre più  frequenti, e la funzione o missione direttiva di padre Pio si fa sempre più  impegnativa e responsabile. Il nuovo, delicato ed imbarazzante incarico inizia  quasi contemporaneamente, verso il 1915, rispetto ai due direttori. Nei primi  quattro anni successivi appare più nutrita la direzione al padre Agostino,  mentre in seguito prende il sopravvento quella di padre Benedetto. 
Nei due casi si riscontrano quasi gli stessi motivi di fondo, e spesso con  identiche sfumature: rapporti d'affetto filiale nell'illuminare e nel  correggere; consapevolezza di trasmettere norme e dottrina attinte non da  esperienza umana o da dialettica fredda e astratta, ma da mozioni divine; quindi  decisioni precise, sicure e categoriche; indovinata applicazione dei principi ai  singoli casi personali; chiarezza, sincerità, franchezza sia nel riprendere che  nel consigliare e incoraggiare; viva e cordiale partecipazione agli affanni,  alle pene, alle croci e difficoltà, ma anche alle gioie, alle personali  conquiste nel bene, alle soddisfazioni. 
"Sforzatevi di vincere e reprimere in voi questo soverchio timore, altrimenti,  padre, Gesù non vi sorriderà. Posso io promettercelo a Gesù a nome vostro? Io  già gli ho detto di sì. Voi ratificate ciò che il vostro figliuolo ha fatto in  nome vostro. Se ho fatto male, correggetemi. Del resto, voi mi appartenete ed ho  tutto il diritto di patteggiare con Gesù, anche all'insaputa vostra. A lui mi  sono offerto per voi in qualità di vittima, e perciò il mio agire non può non  essere giustificato. A che dunque sacrificare, quando verrebbe frustrato il fine  del sacrificio?" (27 9 1916; cfr. 13 3 1917; 4 5 1917).  
"Solo valgo a dire che il mio cuore ama l'anima vostra veramente ed  incomparabilmente come se stessa e che per lei desidera tutta quella perfezione  cristiana, a cui anela ardentemente ella stessa: ogni sacrificio che quest'anima  va sostenendo ed ogni bene che va praticando, è tutto diretto a Dio per la  comune santificazione" (2 4 1917).  
"Ricevo la vostra lettera e mi sento da una parte oltremodo afflitto, da  un'altra parte mi sento riempito di gaudio estraordinario. Afflitto perché vi  veggo in tante amarezze; ma godo poi nell'ammirare la bontà del Signore che  tanto vi predilige" (30 1 1921; cf. anche 16 6 1921; 1 10 1921; 3 2 1922). 

PADRE PIO DA PIETRELCINA 

sabato 18 aprile 2020

EPISTOLARIO



Il direttore 

Insistente richiesta.   Non per iniziativa personale, ma, in un secondo tempo,  alla richiesta esplicita e ripetuto invito, padre Pio assume le parti di maestro  e direttore dei suoi maestri e direttori. E lo fa non senza una certa ritrosia e  con grande timore riverenziale. Ritiene una stonatura l'inversione delle parti e  un controsenso che il discepolo diventi maestro di chi ha il compito di  insegnargli, che l'infermo prescriva ricette e amministri farmachi al suo  medico:  

"Mi fate un paterno rimprovero dal perché non vi parlo mai nelle mie lettere del  vostro spirito, ed avete ben ragione. Ma, che volete, sembrami una vera  stonatura che mentre l'infermo ricorre per rimedi al medico, si permetta di  scoprire in pari tempo al suo medico le di lui infermità. Ma sorvolando sopra  questa stonatura, per non contravvenirvi e solo per ubbidirvi, mi permetto di  dirvi ciò che il Signore mi permette di manifestarvi, sicuro di farvi cosa grata  e di essere da voi compatito per la mia spudoratezza" (9 5 1915). 
"Mi confondo, mi copro il volto di rossore nel leggere la vostra paterna  ammonizione, che cioè volendo per me le necessarie assicurazioni e desiderando  che mi si scriva assai per consolarmi, sia io tanto parco nel darle agli altri e  specialmente a voi. L'è questo un dolce vostro rimprovero ma a me riesce assai  amaro da strapparmi le lagrime, perché vedo che ne avete tanta ragione. Ma sarà  mai possibile che un infermo prescrive medicine al suo medico? Oh! e non sarebbe  troppa spudoratezza il farla da medico col suo medico? Se poi sono parco con gli  altri è perché temo che il troppo parlare non mi abbia da far sbagliare" (1 6  1915). 

"Ho letto e riletto attentamente nella vostra lettera quello che riguarda le  vostre interne sofferenze, e sono compreso da un senso vivissimo di umiliazione  nel dover venire a decidere cose che riguardano voi, mio padre, mia guida, mio  superiore. Avrei voluto esimermi da questo dovere, ma nol posso: avrei dovuto  soffocare gli stimoli della coscienza, che mi avrebbe rimproverato di aver fatto  male. Quindi invertiamo pel momento un po' le parti e parlerò pure con tutta  franchezza e sincerità. Chiamato a sentenziare su ciò che mi avete espresso  nella lettera, dichiaro, senza far torto alla verità, dinanzi a Dio ed alla mia  coscienza, essere tutto effetto di tentazione ciò che mi avete espresso nella  vostra lettera. Sa Iddio, padre, con quale spirito io parlo in questo momento"  (23 7 1917).

domenica 22 marzo 2020

EPISTOLARIO



Il direttore 

Ci troviamo davanti ad un caso tipico, anche se non unico nella storia della  spiritualità: padre Pio, sottomesso in tutto e sempre all'autorità e magistero  dei suoi direttori, acquista presso di loro un tale prestigio da diventare a sua  volta la loro guida e il loro maestro.  
Ciò non vuol dire che padre Benedetto e padre Agostino lo eleggessero come loro  direttore spirituale nel senso tecnico della parola. Tuttavia è innegabile che  essi, già dai primi anni, nelle loro difficoltà spirituali ricorrevano al  discepolo in cerca di orientamenti e ne seguivano le soluzioni da lui proposte,  perché sapevano assai bene che esse non erano soltanto frutto di scienza o  esperienza umana, ma scaturivano anche da una luce superiore. 
Il vicendevole influsso tra i maestri ed il discepolo venne stabilendosi  progressivamente. In un primo tempo si manifesta saltuariamente e spontaneamente  senza che intervenga una richiesta formale, esplicita o implicita, da parte dei  direttori o una qualunque proposta da parte del diretto. Bisogna pur riconoscere  che psicologicamente la situazione di padre Pio non era facile: doveva trattare  con padre Benedetto, l'autorevole ministro provinciale, e con padre Agostino,  l'apprezzato e indiscusso professore. L'uno e l'altro godevano molto prestigio  presso i confratelli ed anche negli ambienti ecclesiastici della regione; come  cultura, poi, e come doti umane erano molto superiori. A questo si aggiunga la  differenza di età: padre Benedetto, nato il 16 marzo 1872 aveva 15 anni di più;  padre Agostino, nato il 9 gennaio 1880, ne aveva 7 più di padre Pio, nato il 25  maggio 1887.  
Nonostante tali fattori negativi, padre Pio non tralascia di trasmettere ai  direttori, ogni qualvolta si sentiva spinto a farlo, consigli, incoraggiamenti  ed anche rimproveri (cf. per es. lett. 1 4 1913), a padre Agostino; 15 3 1913 e  8 4 1913, a padre Benedetto). 

PADRE PIO DA PIETRELCINA

mercoledì 4 marzo 2020

EPISTOLARIO



Il discepolo 

Difficoltà morali e fisiche.   Indubbiamente la direzione costituiva un mezzo  efficace di santificazione, un appoggio morale nelle molteplici prove, a cui era  sottoposto lo spirito, ed a garanzia sicura contro eventuali illusioni.  
Nessuna meraviglia pertanto che satana vi si opponesse tenacemente, cercando di  spezzare le relazioni con i direttori, in modo particolare con due insolite  tattiche: o insinuando nell'anima la inutilità di ricorrere al direttore, o  facendole travedere il pericolo contro l'umiltà, col rendere palesi i doni  gratuiti ricevuti da Dio, ed i perduti guadagni con lo sperperare il tempo  invece di pregare, ecc.  
La reazione, però, di padre Pio era immediata e senza incrinature di sorta: "Mi  rallegro nel dover manifestare tutti i favori affatto gratuiti che questo Gesù  ha fatto all'anima mia" (14 10 1912; cf. anche 18 11 1912).  
Né si contentava di reagire alle insinuazioni diaboliche riferendo candidamente  i favori divini al direttore, ma passava decisamente al contrattacco,  permettendosi di intavolare discorsi ironici col nemico:  

"A tale diabolica suggestione io risposi in modo evidentemente sarcastico:  "debbo confessarvi [a satana] il mio torto. 
Fino al presente sono stato in un falso supposto: non vi credevo tanto bravi  nella direzione di spirito. Mi duole intanto di non potervi assumere per mio direttore, poiché il padre mio 
esercita questa carica da molto tempo e le nostre relazioni sono giunte a tal  punto che troncarle così di botto non mi riesce. Girate, girate che troverete  delle anime che vi assumeranno a direttore del loro spirito, essendo voi bravo  in tale materia""  
(14 10 1912) 

Accanto a questa coazione morale da parte di satana, si riscontra pure la  violenza fisica, perché di fronte alla tenace resistenza del tentato il diavolo  passa a vie di fatto:  
"Chi sa quanta forza debbo farmi nel comunicarle le mie cose. Dolori fortissimi  di testa da non poter quasi vedere dove pongo la penna [mentre scrivo]" (29 3  1911).  
Anzi tende ad inutilizzare le lettere del direttore, rendendole illeggibili,  imbrattando i fogli, procurando dei disguidi postali (14 10 1912) e perfino  tormentandolo fisicamente quando le scrive o quando le riceve:  

"Questa è la guerra che a tutt'oggi mi si muove ancora. Vuole [satana]  assolutamente la cessazione di ogni relazione e comunicazione con voi. E mi  minaccia che se mi ostinerò a non dargli retta, farà cose con me che mente umana  non potrà immaginare giammai".  
"Costoro [gli impuri apostati], babbo mio, non potendo vincere la mia costanza  nel riferirvi le loro insidie, si sono appigliati a quest'ultimo estremo,  vorrebbero indurmi nelle loro reti col privarmi dei vostri consigli, che voi mi  venite suggerendo per mezzo delle vostre lettere, unico mio conforto, ed io a  gloria di Dio ed a loro confusione lo sopporterò" 

PADRE PIO DA PIETRELCINA 

mercoledì 19 febbraio 2020

EPISTOLARIO



***
"Dalle assicurazioni che in questa me ne fate ho provato un relativo sollievo,  privo però di ogni affetto dolce" (4 4 1917; 21 1 1918)  
Una tale mancanza di conforto e di adesione affettiva alle volte era per lui  causa di sofferenza intima, col dubbio che non si trattasse di una obbedienza  autentica, pur ammettendo che in nessun modo avrebbe inteso ribellarsi ad essa  "ad occhi aperti". 

"Nessun conforto scende più nel mio cuore e la tempesta cresce cresce  d'intensità. Opero solamente per obbedirvi, avendomi fatto conoscere il buon Dio  essere questa l'unica cosa a lui più accetta e per me unico mezzo di sperar salute e cantar vittoria. Ma, padre mio, che contrasto sento anche in questo.  Non sento, è vero, in me il contrasto di ribellarmi a chi mi dirige, ma  esperimento intanto una certa preoccupazione, che mi fa sentire male. Breve: l'ubbidienza costituisce tutto per me e nessun conforto io provo nel sottopormi  all'ubbidienza. Dio mi guardi, se dovessi ad occhi aperti menomamente  contravvenire a chi mi è stato assegnato per giudice esterno ed interno, eppure  come va che sono pieno di timori su questo punto? Ditemelo, per carità, come  dovrò in questo regolarmi" (26 8 1916). 
Il dubbio si rendeva ancora più doloroso e sconfortante quando, sotto l'influsso  satanico, egli non si rendeva conto se veramente la sua adesione al volere dei  direttori fosse sincera e profonda o soltanto una semplice apparenza esterna,  tanto più che dopo l'atto di adesione l'anima ripiombava nell'amarezza più  spietata:  
"L'assalto [di satana] si avanza, padre mio, e mi colpisce nel centro: la santa  ubbidienza, che era l'ultima voce rimasta a tener salda la fortezza decadente,  pare che ceda anch'essa sotto l'influsso satanico. Io voglio credere ad ogni  costo a questa voce e col fatto io credo, ignorando se sia un credere a fior di  labbra o anche con tutta la volontà, ma mi avveggo che questa voce  dell'ubbidienza annega nella furia delle ansie e dei tormenti, e dopo l'istantaneo conforto che viene da questa voce, l'anima si sente piombare in una amarezza più spietata, ed a larghi sorsi sorbire il calice dell'amarezza, senza  conforto alcuno ed inconscia del perché e per chi soffre" (5 9 1918).  
Dolorosa esperienza che si aggrava ancor più quando, scomparso il ricordo delle  assicurazioni ricevute dal direttore, compariva il dubbio se quell'atto di  ubbidienza fosse veramente uniformità o no al volere divino:  
"Vorrei, e mi sforzo sempre a volerlo, anche per rendere  meno malagevole la posizione mia quasi disperata, acquietarmi alle dichiarazioni  fattemi dalla guida, ma che! il solo dire credo costituisce per me un atroce  martirio, e quando si è giunti a proferire questo credo, che amarezza rimane in  fondo all'anima che si va spegnendo alla luce creata senza vedere altra luce! Ma  il più delle volte, e questo è ordinario, ed il peggio si è, che sparisce dalla mente ogni assicurazione, ogni dichiarazione, ogni esortazione, ogni consiglio  che le è venuto dalla guida" (13 11 1918; cf. 20 12 1918).
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PADRE PIO DA PIETRELCINA

venerdì 31 gennaio 2020

EPISTOLARIO



LA DIREZIONE SPIRITUALE 

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Effetti
I consigli, le norme, i suggerimenti e le assicurazioni del direttore  producevano calma e serenità all'anima spesso avvolta in dense tenebre ed  agitata da suggestioni diaboliche, da dubbi ed incertezze sul proprio  comportamento, sull'autenticità di certi fenomeni mistici e sulla finalità dei  doni gratuiti.  
Ecco alcune testimonianze: 

"Solo un po' di calma la trovo nel pensare e nel leggere i suoi ammaestramenti"  (10 1 1911).  
"Solo questa [la voce che lo dirige] io seguo e da questa solo provo in qualche  istante un po' di calma in mezzo a tante tempeste" (4 12 1916).  
"Il solo sostegno che mi rimane in mezzo a tanto ruggire di tempesta è la sola  autorità, cruda e nuda, senza conforto e senza refezione di spirito" (30 1  1921).  
Bisogna però riconoscere che i direttori non sempre riuscivano a calmare e  tranquillizzare lo spirito, ma ciò avveniva in determinate circostanze dello  stato di purificazione, quando ogni espressione men che chiara o qualche  osservazione men che opportuna aumentava l'amarezza con una certa violenza:   "Ogni espressione che possa avere un doppio significato, per me, durante questo mio attuale stato, è una spada acutissima, che mi trafigge l'anima e mi riduce  all'agonia di morte" (15 4 1915).  
Si sa che queste reali o apparenti incomprensioni dei direttori sono parte di  quel complesso di circostanze, permesse da Dio per compiere la purificazione  richiesta per l'unione trasformante. Ecco un altro esempio:  
"La vostra lettera mi è giunta in un momento di estrema amarezza spirituale e  dessa, lungi dal sollevarmi in qualche modo, ha dato il colmo traboccante alla  misura [...]. In queste disposizioni d'animo mi sono trovato questa mattina nel  ricevere la vostra lettera. La ho aperta in tutta fretta nella speranza di  trovarvi qualche poco di conforto. Ma che!, fin dal leggere le prime righe piene  di rimproveri, mi sono sentito proprio venir meno la vita. Ero lì per vestirmi per entrare con la messa, ma ho dovuto ritirarmi dalla sacrestia per andare a  soffocare nel pianto la mia amarezza" (3 6 1921).  
Un altro effetto della direzione era la garanzia e la sicurezza che riceveva  l'anima per proseguire alacremente l'itinerario e per riaffermarsi sempre più nella realtà dei fenomeni soprannaturali e nella verità delle divine ispirazioni. In essa trovava la tavola di salvezza e la norma indiscutibile ed  indiscussa. Appena interviene l'autorità con una decisione o con un semplice  suggerimento, l'anima si affida ad essa "qual bambino sulle braccia della  madre":  
"Se mi reggo, si è perché il buon Dio ha riservato l'ultima e più sicura parola  all'autorità su questa terra e che non è norma più fedele del volere e del  desiderio del superiore"  (15 8 1916).  
"Io mi protesto, abnegando ogni mio volere e sapere, gusto e notizia; io mi  protesto figlio ubbidientissimo della mia guida in tali rigori dell'Altissimo"  (4 6 1918; cf. anche 4 12-1916; 1 3 1918; 21 8 1918). 
"I vostri avvisi, i vostri suggerimenti non che le vostre paterne riprensioni  fattemi a viva voce, per me sono tante leggi immutabili, che mediante il divino  aiuto mi vado adoprando di praticarle" (14 6 1920; cf. anche 17 3 1922; 22 2  1922; 28-1 1921; 20 1 1921).  
"Credenza secca".   Da quanto siamo venuti dicendo, qualcuno potrebbe concludere  che un'adesione così assoluta ed incondizionata alla volontà di Dio, manifestata per mezzo dei direttori, non implicasse delle difficoltà o ripugnanze. Invece  non fu così. L'autorità assicurava inconfutabilmente che si camminava sulla via  giusta, ma essa non la illuminava lungo tutto il percorso. Il più delle volte si  trattava d'un'accettazione dolorosa alla natura, sostenuta soltanto da fede  pura, senza nessun conforto sensibile.  
E' questo un fenomeno caratteristico nel nostro caso, come potrà osservare il  lettore. Scegliamo ora soltanto alcuni testi:  
"Mi sforzo di stare alle assicurazioni di chi tiene le veci di Dio, ma  nell'anima non può mai scendere un raggio di luce. Una credenza secca, senza  alcun conforto e solo bastevole a non gittare l'anima nella disperazione" (27 2  1916).  
"A questa autorità mi affido qual bambino sulle braccia della madre e spero e  confido in Dio di non andare errato, sebbene il mio sentimento mi vuol far  credere tutto il possibile"  (15 8 1916). 
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PADRE PIO DA PIETRELCINA

mercoledì 8 gennaio 2020

EPISTOLARIO



LA DIREZIONE SPIRITUALE 


Il discepolo 

Carattere soprannaturale.   Iniziamo il discorso mettendo subito nel dovuto  rilievo il carattere eminentemente soprannaturale dei suoi rapporti con i  direttori. Anche se era ad essi legato da sentimenti ed affetti profondamente  umani, non erano questi che ispiravano e motivavano il frequente ricorso a loro.  Lo scambio d'idee si maturava e svolgeva in clima soprannaturale. Alla base e  alla mèta prevalentemente non si trovava l'uomo ma Dio.  
Se padre Pio chiede luce per poter seguire la via tracciatagli dalla divina  provvidenza, o "aiuto e conforto al suo dolore", egli fa appello solo "a  quell'amore che a Gesù ci unisce, amore che non conosce termine, che non è  soggetto a legge" (24 1 1915). Non solo, ma alle volte suggerisce delicatamente  ai direttori di evitare certi "regali" e certe "premure", che potrebbero far  pensare a motivi troppo umani:  
"Sentite, padre, sono compreso abbastanza del vostro tenero affetto che mi  portate, vi chiedo quindi la carità di non più confondermi inviandomi si fatta  roba, specialmente privandovene voi; vi chiedo solo la carità d'essere aiutato  sempre con il vostro consiglio e con la vostra preghiera. Di altro non ho  bisogno, e, se vi fosse anche bisogno, ne posso volentieri fare senza" (23 10  1921).  
D'altra parte padre Pio era ben consapevole della superiorità culturale dei suoi  direttori, come pure del posto che essi occupavano nella cerchia dei superiori  provinciali.  
Ma non furono mai questi i motivi determinanti per cui chiedeva loro consigli ed  orientamenti e accettava le loro determinazioni al suo riguardo:  
"Mi sforzo di stare alle assicurazioni di chi tiene le veci di Dio" (27 2 1916).   "Mi sforzo a tutto studio di stare fermo a quanto mi è stato da voi detto da  parte di Gesù" (17 3 1922).  
E' questo il cardine della sua totale sottomissione alla voce dell'autorità,  della quale parleremo appresso. E ci teneva anche ad inculcare questo principio  ai suoi direttori:  
"Mi sembra che ormai non sia più il caso che voi con qualche residuo dei vostri  sospetti continuate a tormentare queste poverine. Gesù stesso fa loro da guida e  voi non siete altro se non ministro di questa sublime guida" (21 7 1913).  
Anch'egli si regolava con questi principi soprannaturali nel guidare le anime,  alle quali voleva comunicare soltanto ciò che imparava alla scuola di Gesù e di  Maria:  
"Dio sa quanto ho poi pregato Gesù, ché mi manifestasse la sua volontà in  proposito di quell'angelica creatura! Il pietoso Gesù mi assista e la sua  santissima Genitrice diriga la mia mano, perché possa ritrarre in iscritto  fedelmente, almeno in parte, ciò che essi mi vanno suggerendo" (26 6 1913).  
Il motivo di fondo dei frequenti ricorsi e delle accorate chiamate ai direttori  era sempre lo stesso: conoscere in ogni circostanza la volontà di Dio, per  avviarsi sicuramente al suo pieno compimento; scoprire tempestivamente gli  ostacoli che potessero impedirgli l'adeguarvisi con fedeltà e amore.  
L'anima assetata di verità inorridiva dinanzi alla possibilità di essere vittima  delle insidie di satana o delle proprie illusioni; e consapevole che nulla vi è  di più efficace nella presente economia della salvezza per vivere nella realtà,  se non ascoltare la voce di Dio che parla attraverso i suoi legittimi  rappresentanti, si dirige a questi con assoluta sincerità per conoscere il loro  parere e i loro orientamenti.  
D'altra parte, poiché il solo pensiero della possibilità di non piacere a Dio  gli causava indicibili sofferenze morali, che spesso si ripercuotevano  dolorosamente anche nel fisico, l'autorevole assicurazione dei ministri di Dio  si rendeva necessaria per conservare o riacquistare la pace e la tranquillità  dello spirito:  
"Esaminate, ve ne prego, il presente scritto, e trovandovi in ciò inganno del  demonio, non mi risparmiate di disingannarmi. Questo pensiero mi fa tremare, io  non vorrei essere vittima del demonio" (7 7 1913).  
"Vi scongiuro, per amore di Gesù, di esaminare attentamente la cosa e di non  esser facile e tenero a voler giudicar bene di me, ma conoscendo di essere  nell'inganno aiutarmi, colla grazia del celeste Padre, ad uscirne il più presto"  (1 11 1913).  

Era tale il suo timore di essere vittima d'illusione che perfino quando in  coscienza non poteva negare la realtà di alcune manifestazioni divine, non le  accettava per vere finché non fossero assicurate come tali dall'approvazione del  direttore. E se capitava che il direttore avanzasse qualche dubbio al riguardo,  padre Pio, per spiegare in qualche modo la certezza che egli aveva e  l'incertezza del direttore, si serve di una curiosa distinzione tra l'assenso  accidentale (al direttore) e l'assenso sostanziale (alla sua coscienza). E con  semplicità chiede una spiegazione a questa apparente contraddizione:  
"Sapete, padre, io non vorrei in niente essere vittima del demonio, e sebbene io  sia certo della realtà di quelle locuzioni, più che non sono certo della mia  stessa esistenza, pure mi protesto, facendo lotta con me stesso, di non voler  credere a tutto quello, solamente perché voi, mio direttore, l'avete messo in  dubbio. Fo bene o no? Del resto, sapete, padre, anche  Gesù non si è affatto mostrato disgustato dal perché non gli ho voluto dare  importanza ed il mio assenso accidentale. Dico accidentale per distinguerlo da  quello intimo e sostanziale convincimento, che pur rimane dopo tutte le proteste  che l'anima fa per non credergli. Spogliarmi di questo non sono io libero. Come  fare, o padre? Sono vittima io del nemico senza nemmeno conoscerlo? Chiaritemi  questo punto, per carità, che pur io vorrei che fosse oscuro per me" (7 4 1915).   Padre Pio si era imposta per norma la totale sottomissione del suo mondo  interiore al giudizio ed al controllo del direttore e vi rimase incrollabilmente  fedele:  
"Non mi sono mai affidato a me stesso, e posso dire davanti alla mia coscienza  di non aver mai dato un passo senza l'altrui consiglio. E su certi passi  specialmente già dati, ci sono sempre ritornato sopra, chiedendo sempre nuovi  lumi a quante persone mi sono capitate" (fine gennaio 1916). 

PADRE PIO DA PIETRELCINA 

domenica 15 dicembre 2019

EPISTOLARIO



LA DIREZIONE SPIRITUALE 


1.   Necessità della direzione 
Da autentico maestro della vita spirituale, padre Pio aveva idee molto chiare sull'importanza della direzione spirituale per l'ascesa delle anime verso la perfezione. Nel novembre 1946 il cappuccino padre Giovanni da Baggio si trovava in visita a San Giovanni Rotondo ed ebbe occasione di trattenersi a lungo con il Padre su vari argomenti. In uno di questi colloqui dice: "Gli ho anche domandato se si può fare senza il direttore spirituale. Mi ha risposto che può anche bastare il confessore, e quando questi non sia capace a comprendere certe situazioni dello spirito, ci si rimette alla bontà di Dio. Però, dice, fare da sé è come studiare da sé; col maestro si fa prima e meglio" 1.  
Ma evidentemente per poter "far prima e meglio" nella scienza dello spirito, il maestro scelto deve possedere le doti richieste. E padre Pio lamentava, anzitutto, la mancanza di guide esperte ed illuminate:  "Quello che mi dà un po' a pensare è ch'ella [una persona raccomandatagli da padre Agostino] avrebbe bisogno di un direttore ben illuminato nelle vie di Dio. 
Ma dove trovarlo in questi bruttissimi tempi? Anche il pietosissimo Gesù ha avuto a lamentarsi di questo. Oh i tristissimi tempi, padre mio, in cui ci siamo imbattuti!" (16 2 1915).  
Inoltre deplorava che i direttori spirituali non sempre erano all'altezza della loro delicata missione e spesso erano di ostacolo alle anime che aspiravano alla cima della perfezione cristiana:  "Con coscienza angosciosa tengo a dirvi con tutta secretezza che quest'anima [sulla quale gli era stato chiesto un parere] avrebbe un gran bisogno di una migliore e più assidua direzione spirituale e che stante la coscienza di chi la guida e di chi ne ha l'immediata cura, è più il male che a lei ne arrechi che il bene. In che tristi tempi ci siamo imbattuti, mio carissimo padre! Piaccia al re delle anime che voglia presto sovvenire ai bisogni di che occorrono queste creature privilegiate!"  (19 7 1915).  
Dalla riconosciuta necessità della direzione nasceva in padre Pio una illimitata fiducia e sincera apertura di coscienza con i suoi padri spirituali e confessori: "Hai mai confidato fin dal principio ai confessori ciò che Gesù operava in te e fuori di te?", gli domandava padre Agostino il 13 ottobre 1915. 
E padre Pio rispondeva:  "State tranquillo, o padre, anche su questo punto, ché l'anima di cui parliamo non mai maliziosamente ha taciuto coi suoi direttori più che con i suoi confessori, ciò di cui veniva operando in lei. Dissi: con i suoi direttori più che con i suoi confessori, perché disgraziatamente, stante la sua vita girovaga non si è potuto mai incontrare, nel mondo specialmente, con confessori illuminati nelle vie soprannaturali. In riguardo vi esprimerò meglio questo mio pensiero al primo abboccamento che avrò con voi" (17 10 1915).  
Queste brevi osservazioni bastano per farci intravedere la chiara visione che padre Pio aveva del problema della direzione delle anime.  
Lasciando ora da parte tutta la vasta problematica che investe questo capitolo della teologia della perfezione cristiana, e che certamente sarà oggetto nell'avvenire di ponderato studio da parte degli specialisti, noi ci soffermeremo ad illustrare alcuni aspetti tra i più salienti e significativi che emergono dall'epistolario, per facilitarne l'interpretazione e valutare il comportamento del Padre nella duplice prospettiva di diretto e di direttore. 
Infatti egli ricavò incalcolabili vantaggi da una direzione intelligente ed oculata e, a sua volta, diresse saggiamente nelle vie dello spirito i suoi direttori.  

PADRE PIO DA PIETRELCINA 

venerdì 29 novembre 2019

EPISTOLARIO



EPISTOLARIO


 Metodo dell'edizione 

Nel preparare la presente edizione anzitutto abbiamo voluto offrire al lettore una raccolta esauriente. L'epistolario del padre Pio è integrato con le lettere dei suoi direttori, dal gennaio 1910 al giugno 1922, e dall'insieme di tutte queste lettere dei tre corrispondenti ognuno sarà in grado di seguire più da vicino l'itinerario spirituale, reso più facile, sicuro e luminoso sotto la guida di una saggia e prudente direzione, e nel medesimo tempo penetrare nel mondo meraviglioso e affascinante d'un'anima privilegiata.  
A nostro avviso, non manca nessuna lettera del padre Pio, se si eccettua qualche cartolina postale che, per il fatto stesso della non riservatezza, non doveva contenere notizie intime di rilievo. 
Anche la corrispondenza di padre Agostino è quasi completa; quelle poche lettere a noi non pervenute devono essere scomparse fortuitamente e ci auguriamo che possano essere rintracciate, anche se non diamo ad esse grande importanza. 
Invece la corrispondenza di padre Benedetto è più lacunosa, come apparirà dalle note a pie' di pagina. Molto probabilmente le lettere mancanti furono distrutte, in un secondo tempo, dallo stesso autore, perché in esse aveva descritto il suo mondo interiore come quasi confessione; e questo spesso si deduce dalle risposte di padre Pio.  
L'ordine dell'epistolario è rigorosamente cronologico. Per maggior chiarezza, però, abbiamo distribuito le lettere in tre periodi, fissandone il punto di partenza e d'arrivo secondo alcuni criteri d'indole sia interna che esterna. 
Ogni periodo è preceduto da una breve visione d'insieme, per mettere in risalto le note biografiche del padre Pio, le fasi e i tratti caratteristici della sua esperienza mistica.  
Ogni lettera è preceduta da un numero progressivo, dal nome del mittente e del destinatario, luogo di partenza e data, con un breve sommario. I sommari preceduti dall'asterisco sono stati composti dallo stesso padre Benedetto e aggiunti sulle buste delle lettere; gli altri li abbiamo stesi noi, servendoci spesso delle espressioni più caratteristiche del testo. Quando mancano il luogo di provenienza e la data, li abbiamo fissati noi, in base al testo e contesto delle lettere come abbiamo notato volta per volta.  
Segue il testo delle lettere, trascritto direttamente e fedelmente dagli autografi. La struttura testuale è identica: sigle I.M.I.F. (= Iesus, Maria, Ioseph, Franciscus) o I.M.I.F.D.C. (= Iesus, Maria, Ioseph, Franciscus, Dominicus, Clara), usate da padre Pio; W.I.M.I.F., è quella di padre Benedetto; I.M.I.F., di padre Agostino; saluto iniziale, quasi antifona intonata al tempo liturgico o ispirata da peculiari condizioni personali o spirituali; corpo della lettera; saluto di congedo, firma e alle volte un post scriptum. Qualche volta mancano le formule finali di convenevoli e la firma, perché il foglio è scritto fino all'orlo inferiore e non vi è più posto nemmeno per una parola, e le ultime si decifrano con molta difficoltà.  
Per facilitare la lettura, abbiamo modificato secondo l'uso corrente la punteggiatura con la conseguente variazione delle maiuscole e minuscole. Per la stessa ragione abbiamo semplificato la lettera finale i, per esempio dubbii, principii. 
Quando è sembrato opportuno, si è aggiunta tra parentesi quadre qualche parola richiesta dal senso del periodo. Un'altra osservazione: padre Pio in genere si rivolge ai direttori in seconda persona plurale: voi, ma alle volte nel testo compare anche la terza persona singolare: lei. Nella trascrizione si è unificata la forma, seguendo quella più usata nella lettera. I direttori prevalentemente usano il voi, e più raramente anche il tu e qualche volta il lei.  
Finalmente, a pie' di pagina si aggiungono poche e brevi note chiarificatrici con le citazioni bibliche, i dati essenziali delle persone nominate e dei luoghi; non manca qualche osservazione su alcuni avvenimenti accennati nel testo.