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mercoledì 21 ottobre 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO

 


INTRODUZIONE ALLA VITA DELLA REGINA DEL CIELO


Le ragioni per cui è stata scritta ed altre avvertenze relative.

4. Non può essere pienamente compreso da prudente intelletto come, senza questo moto e questa forza della potente mano dell'Altissimo, potesse insinuarsi in cuore umano un tale pensiero o una simile determinazione in me, che mi riconosco e confesso donna debole e senza virtù. Ma come non potei pensarlo con il mio solo giudizio, così non devo nemmeno resistergli caparbiamente per mia sola volontà. Quindi, affinché su tale questione si possa esprimere un giudizio retto, racconterò sinceramente qualcosa di quello che mi è accaduto.

  5. L'ottavo anno della fondazione di questo convento, all'età di venticinque anni, l'obbedienza m'impose l'ufficio, che oggi indegnamente esercito, di superiora. Mi ritrovavo turbata e afflitta con grande mestizia e pusillanimità, perché la mia età e il mio desiderio non mi consigliavano di governare e comandare ma soltanto di ubbidire ed essere suddita. Inoltre, sapere che per darmi tale ufficio era stata chiesta la dispensa, e altre giuste ragioni, aumentavano i miei timori, con i quali l'Altissimo per tutta la mia vita ha tenuto crocifisso il mio cuore, con un continuo ribrezzo che non riesco a spiegare, se cioè il mio cammino sia sicuro, se perderò o conserverò la sua amicizia e grazia.

  6. In questa tribolazione gridai al Signore con tutto il mio cuore perché mi aiutasse e, se fosse sua volontà, mi liberasse da questo pericolo e incarico. È bensì vero che sua Maestà mi aveva già prevenuta qualche tempo prima, ordinandomi di accettare tale incarico e poiché io mi scusavo e ritraevo, sempre mi consolava e mi manifestava che tale era il suo beneplacito. Con tutto ciò non ponevo fine alle mie istanze, anzi le moltiplicavo, perché capivo e vedevo nel Signore una cosa assai degna di considerazione, cioè che, sebbene sua Maestà mi chiarificasse esser quella la sua volontà, che io non potevo impedire, tuttavia capivo nello stesso tempo che mi lasciava libera di ritrarmi e resistere, facendo così ciò che dovevo come debole creatura, riconoscendo quanto fosse grande in ogni senso la mia insufficienza. Tanto sono prudenti le opere del Signore con noi! Ora, conoscendo questo beneplacito, m'impegnai al massimo per sottrarmi ad un pericolo così evidente ma così poco conosciuto dalla natura infetta, dai suoi residui e dalla disordinata concupiscenza. Il Signore sempre ripeteva che questa era la sua volontà e mi consolava a volte lui stesso, a volte attraverso i suoi angeli, che mi ammonivano affinché ubbidissi.

  7. In questa tribolazione feci ricorso alla Regina mia signora come all’unico rifugio di tutte le mie sollecitudini e, avendole manifestato il mio procedere e i miei desideri, si degnò di rispondermi con queste soavissime ragioni: «Figlia mia, consolati e il travaglio non turbi il tuo cuore; preparati ad esso perché io sarò tua madre e la superiora alla quale obbedirai e lo sarò anche delle tue suddite supplendo alle tue mancanze. Così tu sarai la mia vicaria attraverso la quale opererò la volontà del mio Figlio e mio Dio. In tutte le tue tentazioni e angosce fa' in modo di ricorrere a me per parlarmene e chiedermi consiglio, che in tutto ti darò. Obbediscimi e io ti favorirò e starò attenta alle tue afflizioni». Queste sono le parole che mi disse la Regina, tanto consolatorie quanto vantaggiose per l'anima mia, per cui mi rincuorai e nella mia tristezza ripresi forza. Da quel giorno, la Madre delle misericordie aumentò i discorsi che già faceva con me sua schiava, perché da allora in poi comunicò con l'anima mia in modo più intimo e continuo, accogliendomi, ascoltandomi e ammaestrandomi con ineffabile degnazione. Mi dava conforto e consiglio nelle mie afflizioni, mi riempiva l'anima di luce e d'insegnamenti di vita eterna e mi comandò di rinnovare i voti della mia professione nelle sue mani. Infine, dopo quel fatto, questa amabilissima Madre e signora nostra si confidò ancor più con la sua ancella, svelandole gli occulti e altissimi prodigi e i magnifici misteri che sono racchiusi nella sua vita santissima e nascosti ai mortali. E quantunque questo beneficio o luce soprannaturale, anche prima, fosse stato continuo (specialmente nelle sue festività e in altre occasioni in cui conobbi molti misteri), tuttavia non era con la pienezza, la frequenza e la chiarezza con cui me l'insegnò in seguito, aggiungendo molte volte il comando di scriverli come mi sarebbero stati suggeriti, poiché sua Maestà stessa me li avrebbe dettati ed insegnati. Specialmente in una di queste festività della santissima Vergine, l'Altissimo mi disse che teneva nascosti molti misteri e benefici che aveva operato con questa divina Signora quando era viatrice e che era sua volontà manifestarli, affinché io li scrivessi come mi sarebbero stati mostrati: volontà che ho conosciuto continuamente in sua Maestà nei dieci anni in cui ho resistito finché non posi mano per la prima volta alla stesura di questa divina Storia.

Suor Maria di Gesù

Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione


domenica 30 agosto 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



INTRODUZIONE ALLA VITA DELLA REGINA DEL CIELO


Le ragioni per cui è stata scritta ed altre avvertenze relative.

 1. Venendo qualcuno a sapere (se mai lo saprà) che una semplice donna come me - la più indegna per condizione, ignoranza, debolezza e per le sue colpe - ardisca e si ac-cinga a scrivere di cose divine e soprannaturali, non mi farà affatto meraviglia se, ciò considerando alla cieca e senza riflettervi, costui mi taccerà di audace, di leggera e di presuntuosa. Tanto più in questi ultimi secoli in cui la santa Chiesa nostra madre abbonda di maestri e personaggi dottissimi ed è così ricca della dottrina dei santi Padri e Dottori! A maggior ragione in un momento tanto inopportuno, in cui le anime che seguono la vita spirituale, benché dirette da persone zelanti, prudenti e sagge, sono turbate e fluttuanti, essendo questo un cammino considerato dal mondo come sospetto e pericoloso, più di ogni altro della vita cristiana! D'altra parte nell'Opera stessa e nel suo tentativo non si trova racchiusa la giustificazione, poiché ci sono cose così elevate e superiori ai nostri desideri e così sproporzionate alle forze umane che il tentarvi o nasce da mancanza di giudizio o si fa di sicuro in virtù di un'altra causa maggiore e più potente.

 2. Invero noi, come fedeli figli della santa Chiesa, dobbiamo confessare che tutti i mortali, non solo con le loro forze naturali ma anche con quelle della grazia comune e ordinaria, sono incapaci e ignoranti e muti per un'impresa così difficile. Quale impresa ordunque? Quella di spiegare o scrivere gli arcani misteri e i magnifici prodigi che il braccio potente dell'Altissimo operò in quella creatura che, per farla sua madre, rese mare impenetrabile delle sue grazie e dei suoi doni depositando in lei i maggiori tesori della sua divinità. Perché meravigliarsi se la nostra ignoranza e debolezza si riconoscono inadeguate, quando gli stessi spiriti angelici si confessano balbuzienti per parlare di cose tanto superiori alla loro stessa mente e capacità? Perciò la vita di questa Fenice delle opere di Dio è libro tanto chiuso che non si troverà tra le creature né in cielo né in terra chi degnamente sia in grado di aprirlo. Può farlo solamente quello stesso potente Signore che la formò più eccellente di tutte le creature, nonché la medesima Signora, regina e madre nostra, che fu capace di ricevere doni così ineffabili e degna di conoscerli: quanto, quando e come manifestarli, sarà compito del suo Figlio unigenito; sta a lui scegliere strumenti proporzionati e più idonei per la sua gloria.

3.      Io avrei ben giudicato che tali sarebbero stati i maestri e gli uomini santi della Chiesa cattolica o i dottori delle scuole che ci hanno tutti insegnato il cammino della verità e della luce. Ma i giudizi dell'Altissimo e i suoi pensieri sovrastano i nostri come il cielo sovrasta la terra e nessuno ha potuto conoscere il suo pensiero né è stato mai suo consigliere. Egli tiene il peso del santuario nella sua mano e pondera i venti. Egli calcola l'estensione dei cieli con le palme delle sue mani e con l'equità del suo santissimo consiglio dispone tutte le cose con peso e misura, dando a ciascuna un luogo e un tempo opportuno. Egli dispensa la luce della Sapienza, per la sua giustissima bontà la distribuisce e nessuno può salire al cielo per acquistarla, né trarla dalle nubi, né conoscere le sue vie, né investigare i suoi sentieri occulti. Egli solo la custodisce in se stesso e, come effluvio ed emanazione della sua immensa carità, candore della sua eterna luce, specchio senza macchia e immagine della sua bontà eterna, la trasfonde attraverso le anime sante alle nazioni, per formare con essa amici dell'Altissimo e costituire profeti. Il medesimo Signore sa per quale causa e a qual fine risvegliò, chiamò e sollevò, dispose e incamminò, obbligò e costrinse me, la più vile creatura, a scrivere la vita della sua degna Madre, regina e signora nostra.

Suor Maria di Gesù
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda 

giovedì 30 luglio 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



VICENDE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»

Il secolo XVII è stato qualificato come il «secolo d'oro» della mariologia; al suo splendore la Spagna contribuì in maniera unica. Tuttavia, negli ultimi decenni si comincia a sentire già la fatica della decadenza. La devozione mariana, a forza di evitare gli aspetti fondamentali, si disarticola, perdendosi in questioni tali, che oggi definiremmo oziose e alcune perfino sconvenienti. Pensiamo, per esempio, alla reazione di Baillet contro «i devoti indiscreti della Vergine».
Questi motivi, uniti all'intransigenza delle scuole e allo spirito debosciato della Spagna del secolo XVII, furono le cause principali che fecero appassire l'ideale della riforma teologica.
In questo ambiente venne alla luce la Mistica Città di Dio. Presentata dall'Autrice come divinamente rivelata, e chiamata dalla scuola francescana come standard delle idee che allora difendeva (predestinazione assoluta della Vergine e sue conseguenze: immacolata concezione, ecc.), la luce che pretese di irradiare nel mondo restò oscurata dalla critica di quanti erano contrari a detta scuola, o militavano nelle avanguardie dello «spirito geometrico» e giansenista del tempo. L'opera restò alla mercé di una delle più accanite controversie che si registrano nella storia della mariologia.
Passata a miglior vita la venerabile suor Maria di Gesù di Agreda il 24 maggio 1665, il p. Salizanes, in quel tempo Ministro Generale dell'Ordine francescano, ordinò che si raccogliessero tutti i suoi scritti. Il principale di quelli che si ebbero fu la Mistica Città di Dio. Dopo la lettura e l'esame con persone dotte, il p. Salizanes si convinse «che sarebbe di gran servizio a Dio e utilità dei fedeli che venisse alla luce presto... se dopo essere esaminata con diligenza si trovava corrispondere tutta l'opera, senza alcuna dissonanza, a ciò che promette il suo titolo».
Si formò una giunta esaminatrice, integrata da padri della provincia di Burgos, tra i quali figurava il p. Andrea di Fuenmayor, l'ultimo confessore della Venerabile. Dopo l'esame, tutti convennero che la sopraddetta opera «niente conteneva contro la fede e i buoni costumi, ed anzitutto era conforme alla dottrina cattolica». La giunta decise, inoltre, di illustrarla con prefazioni e note esplicative nei passi più oscuri. Incarico che, per lettera del 12 novembre 1669, viene affidato dal p. Salizanes al p. Giuseppe Ximénez Samaniego. Lo si nominava, inoltre, incaricato di stampare l'opera, con la proibizione di variare il contenuto della medesima.
Completata con il Prologo Galeato, note, relazioni della vita di suor Maria, tavole ed elenchi, licenze dell'Ordinario e del Consiglio Reale di Castiglia, fu consegnata alla stampa e pubblicata nell'anno 1670.
Mancavano tuttavia per la stampa il prologo, le note, le approvazioni, le tavole e gli elenchi quando l'Inquisizione spagnola già la sequestrava. Il Supremo Tribunale intimò al religioso incaricato della stampa e allo stesso editore, nella cui abitazione si custodivano i fascicoli stampati, sotto le pene e censure stabilite, di non pubblicare né divulgare l'opera senza nuovo ordine del Santo Ufficio. All'apparenza il motivo di tale provvedimento fu la diffusione clandestina tra persone particolari di alcuni pieghi stampati: «sia perché essi li presero di nascosto o senza permesso della Religione, sia per desiderio dello stesso editore o di qualcuno dei suoi dipendenti, sia per lo zelo indiscreto di alcuni devoti curiosi, sia perché presero copia dell'esemplare che persona sovrana, Filippo IV chiese al Generale passato, senza poter resistere alla somma autorità e desiderio che manifestò di vederlo, sebbene gli fosse fatto presente dal Generale che non erano ancora stampati con le dovute licenze, sia altre prevenzioni». Questo modo di procedere violava il decreto di Urbano VIII del 3 maggio 1625, che richiedeva l'approvazione di una commissione di teologi e della Santa Sede, in tal modo i libri di questo genere, pubblicati senza tali requisiti, si consideravano come non approvati.
Il fatto sta che, nonostante le proteste e giustificazioni del p. Samaniego, solo attraverso un esame che durò diciassette anni, durante i quali si celebrarono cinquantasette sessioni, si espresse favorevolmente l’Inquisizione spagnola il 3 luglio 1686, e con essa diciassette università spagnole e straniere. Nel medesimo tempo ordinava di raccogliere tutte le edizioni anteriori «diffuse furtivamente» per vedere se concordavano con l'originale, cioè con l'edizione del 1670 stampata in Madrid da Bernardo di Villadiego.
L'Inquisizione spagnola redasse in seguito ai primi esami un elenco di avvertenze e obiezioni contro l'opera, richiedendo espressamente di inviano all'Ordine di san Francesco per la difesa.
Iniziato il processo diocesano della beatificazione nell'anno 1668, veniva introdotto nella Congregazione dei Riti il 21 giugno 1672. Clemente X, su istanza di Carlo Il, firmò un decreto, il 28 gennaio 1673, con cui iniziò il processo apostolico, lasciando a carico del cardinale Portocarrero l'esame dei libri. Il 2 settembre 1679 la Congregazione dei Riti consegnò i libri al Santo Ufficio che, considerando non l'opera in quanto tale ma quello che conveniva all'ambiente, si pronunciò contro la Mistica Città di Dio, finendo per includerla nell'Indice dei libri proibiti il 24 giugno 1681 per decreto di Innocenzo X1. Una delle principali accuse fu che l'Autrice presentava come divinamente rivelate le dottrine di Scoto. Si segnalano anche come causa di questa condanna i pregiudizi di un certo censore, la violazione del decreto di Urbano VIII, e che si narrino nell'opera storie apocrife e si esageri il culto a Nostra Signora
Se la decisione dell'Inquisizione spagnola causò stupore, non meno io causò quella della romana, giacché nessuno aveva dato alcuna sentenza in Spagna e la censura non era basata sull'originale.
Venuto il Ministro Generale a Madrid dopo la visita canonica, chiese protezione ai re Carlo Il, ebbe il patrocinio dei principi e magnati e diresse a sua Santità un memoriale in cui chiedeva la soppressione dei decreto, fin quando l'Ordine avrebbe dato soddisfazione ai dubbi proposti dalle Congregazioni.
Il Papa, sempre disposto a soddisfare i disegni dei re, ordinò la soppressione del decreto per Spagna e Portogallo, sebbene «il procedimento e la pratica di questa Sacra Congregazione dispongono il contrario». Questo avvenne il 9 novembre 1681.
L'opera di Maria di Agreda era già conosciuta nei mondo religioso, quando il p. Crosset pubblicò in Marsiglia nel 1695 la versione francese del primo volume della Storia divina. «Fece la traduzione, e la stessa traduzione, come si dice, suscitò l'imitazione», commenta Arbiol nel prologo del suo Certamen.
Sintetizzando il processo della Sorbona, così come ce lo narra Arbiol, incontriamo in esso le seguenti tappe: il 2 maggio 1696 si convocarono i comizi della facoltà per sottoporre ad esame il libro di Maria di Agreda. La critica fu affidata a quattro dottori (era costume in tali casi eleggere 10, 14 o 20 dottori). Dopo 61 giorni di studio redassero una summa di 19 articoli in cui si condannavano 60 proposizioni della Mistica Città di Dio. Nelle assemblee del 2 luglio promulgarono la sentenza condannatoria. E cominciò la guerra nella facoltà teologica. Gli «agredisti» e «mariani» vedevano come buona e retta la dottrina agredana, e proponevano che il giudizio definitivo lo desse la Chiesa. Al contrario, gli «antiagredisti», «antimariani» o «sediziosi» la condannavano e riscontravano in essa gli errori di Ario, Nestorio, Pelagio, Fozio, Bayo, Giansenio, qualificando la sua Autrice come impudica, sacrilega, idolatra, pelagiana, luterana, quietista.
Il giorno 14 era quello stabilito per la votazione. Furono tanto violente le discussioni tra «mariani» e «antimariani» che fino ai giorno 10 di settembre non poterono decidere nulla. Nel frattempo, ciò nonostante, i dottori incaricati dell'esame approvarono la censura che avevano presentato per la discussione.
Il      primo ottobre 1686 fu resa di dominio pubblico una seconda censura che aveva per titolo Censura Sacrae Facultatis Parisiensis, dove, dopo una introduzione in onore della Vergine, si riferiva quella dei dottori incaricati. Però questa censura non fu sottoposta a votazione pubblica e nonostante l'opposizione dei «mariani» si sciolsero le assemblee. È la «Censura supposititia», che, ad eccezione del prologo, è simile alla prima
Si è soliti porre come causa della censura parigina il gallicanesimo e il giansenismo regnanti in quei tempo in Francia. Nei quarto periodo della guerra dei trent'anni (1635-1649), la casa degli Asburgo rimase sconfitta. Richelieu e la sua politica si oppongono alla politica spagnola, e al rinascimento gallico si oppone il tramonto dell’impero spagnolo. D'altra parte, nella seconda metà dei secolo XVII assistiamo in Francia ad una grande rivolta contro la scolastica e contro i «devoti indiscreti» della Vergine, movimento che aveva come sottofondo io «spirito geometrico» dell'intellettualità francese, costituiva il germe essenziale del giansemsmo e cuiminò nella «illustrane».
Che le università spagnole assumessero la difesa della Mistica Città di Dio come causa propria e si strappassero le vesti davanti alla «ingiustizia francese», non c'è nulla di strano, se teniamo conto dell'opposizione esistente tra Francia e Spagna, così come la differente traiettoria culturale e la qualifica di «giansenista» con cui si denominava nella penisola iberica l'università francese. La questione «suor Maria di Agreda» si trattò in Spagna come causa nazionale, allo stesso modo in cui era stata assunta la causa dell'Immacolata. Le università di Granada, Burgos, Cadice, Madrid, Canarie, Alcalà, Tolosa, Lovanio, Saiamanca, con i diciassette collegi maggiori, si pronunciarono contro la Sorbona e a favore della Mistica Città di Dio.
Nasce così una delle vertenze più ampie nella bibliografia della controversia agredana. I successori di Innocenzo XI furono coinvolti nella problematica controversia.
Il papa Clemente XI reintegrò la commissione esaminatrice e fece togliere l'opera dall'Indice. In più, avendo chiesto di esaminarla la Congregazione dell'Indice, rispose che non era necessario, poiché non c'era in essa niente di male e d'altronde esisteva già una congregazione particolare per io scopo. Con tutto ciò, nel 1713, la condannò di nuovo il Vescovo inquisitore, appoggiandosi al decreto del 1681. Però una volta di più interviene il re di Spagna, ora Filippo V e i libri rimangono autorizzati.
Benedetto XIII determina, nell'anno 1729, che proceda la causa di beatificazione senza nuovo esame dei libri. Però il suo successore, Clemente XII, dispone di fermare la causa e, come motivazione, adduce che nei decreto del 1681 Innocenzo XI proibisce di proseguire la causa senza previo esame dei libri. Per questo si istituì una commissione per fare una revisione dell'opera, e così porre fine alla controversia e alla causa.
Muore Clemente XII e tutto rimane sospeso fino all'anno 1743, in cui Filippo V chiede a Benedetto XIV che si prosegua il lavoro. E infine, nel 1747, promulgò un decreto in cui, senza considerare che sia ancora sottoposta a giudizio l'autenticità della Mistica Città di Dio, permette «gratia speciali» di proseguire la causa di beatificazione, restando sempre in piedi il dubbio sopra le virtù. Dice, dei resto, che, sia come sia, i libri non contengono alcun errore. L'autenticità delle opere venne approvata nel 1757.
Morto Benedetto XIV il suo successore, Clemente XIV dispone che in virtù dei decreto dei suo immediato predecessore, si possa procedere «ad ulteriora», esaminando prima l'eroicità delle virtù. I consultori non opposero nulla alle virtù. L'unica obiezione che fecero è che, tuttavia, non si era ancora concluso l'esame delle opere. Si formò una nuova commissione esaminatrice. Si riunì il 27 aprile 1773 e fece la revisione dei libri conforme ai voti del 1747, fatti da Benedetto XIV e che si conservavano in Castel Sant'Angelo. Però, come il re di Spagna ricevette notizia della causa, fece scrivere al suo ministro di Roma, perché interponesse la sua supplica in ordine a trasferire la decisione ad altra congregazione.
Si trovò infine la congregazione. Tutto si trattò in segreto e per vari mesi nessuno seppe niente. Secondo il promotore della fede, la maggioranza dei voti della congregazione furono contrari all'approvazione degli scritti. E alcuni che erano favorevoli, al veder il dictamen di Benedetto XIV, che si conservava in Castei Sant'Angelo, cambiarono opinione. Il Sommo Pontefice disse la cosa come stava e dispose che non se ne parlasse più.
Così terminò la controversia della Mistica Città di Dio e, parallelamente, il processo di beatificazione della sua Autrice.
Posteriormente, al tempo di Pio IX, Leone XIII e Pio XI, si inviarono ai medesimi Pontefici molte valide raccomandazioni a favore della causa, alle quali fu data attenzione, come conveniva alle altissime personalità che le scrissero, però, in concreto, non si fece alcun passo utile.

Suor Maria di Gesù Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda

lunedì 15 giugno 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



Carattere personale della «Mistica Città di Dio»

Riassumendo: dinanzi alla moltitudine delle testimonianze documentali di prim'ordine, che attribuiscono senza discrepanza alcuna la Mistica Città di Dio a suor Maria, l'ingente quantità di notizie che abbiamo raccolto passo per passo sulla composizione dell'opera, l'identità di linguaggio, di stile e di pensiero tra l'opera in questione e altri scritti autentici di Suor Maria, non è ragionevole dubitare dell'autentica paternità della Mistica Città di Dio. Per il resto, attribuire ad un'anima totalmente immersa in Dio nel cammino della perfezione, come fu suor Maria, la soverchieria di copiare e presentare come sua un opera scritta da altri è, oltre che falso, irriverente.

L'opera è, pertanto, sua.

Quanto all'influsso che su di essa esercitarono i direttori e teologi che trattarono con suor Maria, rimane accertato quel poco che si può determinare. Risulta che si trattò di un influsso superficiale e accidentale, che in nulla inficia la vera paternità formale dell'opera.

Questa stessa conclusione, che dunque l'influsso fu superficiale e accidentale, si impone se teniamo conto del carattere molto personale dell'opera. In effetti, la struttura stessa e l'unità di concezione dello svolgimento del tema è un caso singolare, unico e originale, difficilmente compatibile con influssi notevoli di diverse persone. L'opera, in tutte le sue righe, possiede una perfetta omogeneità di linguaggio,

stile, idee, ragionamenti, affetti, ecc., senza che si riscontri nessuna frattura dell'unità e uniformità.

Le stesse dottrine propriamente teologiche, tanto quelle comuni quanto quelle della scuola - queste ultime dovute senza dubbio ai teologi e direttori francescani - appaiono esposte nell'opera con un carattere completamente personale, come qualcosa, per dir così, di digerito, vivido e personalizzato da chi scrive l'opera. Anche nei casi in cui utilizza termini e idee proprie dei teologi, la sua utilizzazione ed esposizione non presenta mai il tecnicismo proprio di un teologo, ma la medesima impronta personale delle altre pagine.

Inoltre, tutta l'opera è impregnata di alcuni caratteri propri ed esclusivi, che denotano in chi l'ha composta una personalità femminile, tipica di una religiosa che vive in clausura ed è dedita alla vita mistica. Se non si conoscesse il nome dell'Autrice, bisognerebbe affermare che dall'analisi del carattere personale dell'opera si deduce indiscutibilmente la personalità femminile, religiosa e mistica di chi l'ha prodotta.

Quanti hanno dubitato che suor Maria, una donna senza studi teologici, possa essere la vera autrice formale della Mistica Città di Dio, sono stati indotti a dubitare sicuramente, tra le altre cose, della molta erudizione che si manifesta nell'opera. Non crediamo, tuttavia, che questo sia un ostacolo.

Suor Maria di Agreda, per ciò che traspare della sua personalità nella sua attività umana, religiosa e letteraria, fu senza dubbio una persona intellettualmente superdotata, con una capacità eccezionale di comprendere, ricordare e assimilare tutto quanto udiva o leggeva; le sue lettere al re ne dimostrano la penetrante intelligenza, l'assennatezza e la saggezza. Si aggiunga a tutto questo una speciale assistenza divina che lei assicura di avere, e che noi non possiamo negare, senza giungere necessariamente ad affermare in lei una scienza infusa in tutto, e non c'è nessun motivo per negarle l'erudizione che dimostra nell'opera. La sua straordinaria intelligenza, la sua eccezionale capacità mnemonica, le sue numerose ore di riflessione e meditazione nel ritiro claustrale, unite alla speciale assistenza divina, èciò che spiega come possa maneggiare questa enorme quantità di dottrine e dati conferendo al tutto questa impronta personale caratteristica con cui lo ha elaborato.

L'uso che suor Maria fa delle dottrine della scuola francescana scotista denota indubbiamente un influsso effettivo dei teologi che la circondavano. Questa è un'altra delle ragioni di coloro che hanno dubitato dell'autenticità formale dell'opera.

Però questo, tenendo conto del carattere personale che suor Maria dà a tutta l'esposizione, come abbiamo cercato di delineare, non si oppone evidentemente alla paternità formale dell'opera. Suor Maria, come tutti, è figlia del suo tempo e del suo ambiente, come lo furono anche gli autori sacri ispirati da Dio. Lei, suor Maria, conosce le divisioni di scuola e le loro dottrine opposte o divergenti, e cerca precisamente di superarle, raggiungendo la verità autentica, sincera, limpida e senza divisioni, quale lei crede di aver intesa nelle illuminazioni che Dio o i suoi santi le comunicano. Possiede sufficiente personalità e indipendenza per giudicare secondo quello che le è stato dato di comprendere, e si sforza di farlo così con coscienza. Di fatto, è sicuro, ha una marcata simpatia per le dottrine della scuola francescana, dovuta - ripetiamo - a un influsso effettivo che esistette. Però questo non autorizza a pensare che fu usata come strumento per dare l'apparenza di rivelazioni a dottrine di scuola; suor Maria era molto intelligente e perspicace, aveva troppa personalità e onestà per divenire facile strumento di questi intrighi. Semplicemente ebbe un influsso francescano, come avrebbe potuto averne un altro differente in circostanze diverse,  nella mentalità e nel modo proprio di pensare, il quale non ne infirma in assoluto l'autenticità e l'originalità.

Altra cosa e che, una volta pubblicata l'opera, alcuni anni dopo la morte dell'Autrice, la Mistica Città di Dio si trasformerà di fatto in bandiera di controversie tra scuole, come di fatto avvenne; ma quel che successe dopo non dimostra affatto che l'opera fu predisposta precisamente per questo.

L'opera fu quello che suor Maria voleva che fosse: una raccolta di dati e dottrine, raccolti dalle fonti a sua disposizione, meditati in lunghi tempi di preghiera e contemplazione, sanzionati dalle rivelazioni divine che riceveva nella sua vita mistica di unione con Dio e con gli esseri celestiali, e strutturati in modo meraviglioso in una storia divina di Maria santissima, per edificazione dei fedeli.

A suor Maria di Gesù di Agreda spetta, dunque, la gloria - perché di vera ed eccellente gloria si tratta - di esser stata la vera autrice della immortale opera Mistica Città di Dio.

 Suor Maria di Gesù Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione


giovedì 28 maggio 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



COMPOSIZIONE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»


Confronto con altri scritti della Venerabile

Un'altra via, che riteniamo valida e solida, per chiarire l'autenticità della Mistica Città di Dio, consiste nel confrontare quest'opera con altri scritti sicuri della Venerabile e comprovare l'unità di stile, l'affinità di linguaggio; di pensiero, di idee, ecc., che si riscontra in essi. Per stabilire il confronto, scegliamo l'estesa corrispondenza epistolare che mantenne con il re Filippo IV; accidentalmente ricorreremo anche ad altre fonti: lettera del papa Alessandro VII, risposte della Venerabile all'esame inquisitorio e varie. Poiché il tema è vastissimo, possiamo solo abbozzarlo. Vale a dire, ci limiteremo a rilevare alcuni indizi e a segnalare piste.
Cominciamo registrando la constatazione che in entrambi gli scritti, lettere al re e Mistica Città di Dio, si riscontra la presenza di espressioni identiche, che si ripetono a profusione.
Così, per esempio, in entrambe le opere si ripete moltissime volte, riferendosi a Dio, il qualificativo «l'Altissimo» e «l'Onnipotente»; e in minor numero, però ugualmente con una certa frequenza, l'espressione «l'essere immutabile di Dio» e qualche altra simile. La spiritualità della Madre di Agreda ha qualcosa di sublime: lei ha gustato e sentito come pochi l'ineffabilità dell'essere di Dio, la grandezza dei suoi attributi e, tanto nelle sue lettere al re come nella Mistica Città di Dio o nelle sue risposte all'esame inquisitorio, ne ha lasciato tracce toccanti. Suor Maria è un anima che ha un sentimento molto vivo della trascendenza ineffabile di Dio.
Riferendosi alla condizione delle cose create, che sono per natura finite e limitate, la Venerabile usa le espressioni «coartato», «limitato». Queste espressioni appaiono con frequenza nei due scritti.
La Venerabile ama anche usare la parola «repubblica», per designare l'insieme delle facoltà, dei sentimenti, ecc., che l'uomo possiede.
Parlando degli anni che trascorsero dalla creazione fino all'incarnazione, tanto nelle lettere al re come nella Mistica Città di Dio, appare lo stesso computo di 5199 anni.
Una delle idee che più costantemente affiorano, nell'ampia corrispondenza epistolare che suor Maria mantenne con il re Filippo IV è che le monarchie cattoliche devono stare al servizio della Chiesa, difenderla, ecc. Tra queste monarchie lei vedeva che la Spagna era la principale. E senza dubbio questa fu la causa per cui con tanto impegno lavorò nella formazione spirituale di Filippo IV, nonostante conoscesse bene i suoi difetti e sapesse lo scarso frutto che ottenevano i suoi sforzi. Orbene, nella Mistica Città di Dio, possiamo comprovare la presenza delle stesse idee.
«Visione astratta della Divinità» è terminologia o tecnicismo caratteristico della Madre Agreda. Non ricordiamo di aver visto questa espressione nelle lettere al re. È’ noto che in esse suor Maria si propone di partecipare al suo destinatario quel che la luce divina le mostra, però ridotto all'ordine comune: «Nel modo che la distanza lo permette, rendo partecipe V. M. degli insegnamenti che la divina luce mi concede, disponendoli secondo l'ordine comune e occultando il mistero del Re celeste, perché V. M. riceva da esso quel che è da gustare e gli altri non lo conoscano».
Lo stesso dice nella Mistica Città di Dio (libro I, capitolo Il), quando spiega i modi delle comunicazioni divine e i diversi stati in cui la sua anima si trova rispetto ad essi. A volte - dice - Dio le dà licenza e ordine «di ammonire qualcuno; tuttavia vuole che ciò sia fatto parlando al cuore con ragioni piane, chiare, comuni e caritative in Dio».
Nell'esame inquisitorio (risposta alla domanda 66) troviamo anche l'espressione «specie astrattive». La detta domanda 66 fu di questo tenore: «Se in qualche occasione ha visto Dio chiaramente e distintamente e in quali tempi e occasioni».
La risposta della Venerabile a questa domanda è ampia e bellissima. Nega di aver mai avuto visioni intuitive, però crede di poter affermare di aver avuto un'altra visione molto inferiore «per specie astrattive». Senza dubbio si riferisce all'esperienza mistica essenziale o contemplazione infusa.
Nella Mistica Città di Dio la Venerabile usa l'espressione «visione astrattiva» ripetute volte, attribuendola alla Vergine. Dove più estesamente e di proposito si riferisce a questo genere di visione della Divinità che ebbe la Vergine è nella parte I, libro Il, numero 631ss.
La devozione agli angeli è un'altra caratteristica rilevante e notevole della spiritualità della Madre Agreda. Ella ha vissuto o creduto di vivere in relazioni intime con questi spiriti celesti. Per la corrispondenza mantenuta con il re vediamo ugualmente che a lui raccomanda più volte questa devozione. Anche nell'esame inquisitorio le fu rivolta una domanda su questo punto; lei confessò candidamente la devozione che sempre ebbe per gli angeli e i benefici che da essi aveva ricevuto; riconobbe anche senza esitazioni che a volte avvertiva intellettualmente la loro presenza. In quanto alla Mistica Città di Dio, è per di più conosciuto il ruolo tanto rilevante che in essa svolgono gli angeli in tantissimi episodi della vita della Vergine, per cui sembra superfluo e noioso fare citazioni.
Lo stesso, parallelamente, si può dire del posto che occupa il demonio, il suo intervento nel mondo, ecc. Suor Maria confessa candidamente di aver notizia e conoscenza di esso. La sua lettera a papa Alessandro VII e talvolta la testimonianza più eloquente su questo punto. Le relazioni con il mondo soprannaturale sono in certo modo familiari. Sommamente interessanti a questo riguardo sono le rivelazioni che ricevette o credette di ricevere di due egregi defunti, cioè, la regina Isabella di Borbone e il principe Baldassarre Carlos. Nella Mistica Città di Dio l'intervento del mondo diabolico è altresì molto frequente e del tutto conosciuto, perché siano necessarie citazioni.
Uno dei passi delle lettere al re che presenta un suo più evidente parallelismo con la Mistica Città di Dio è quello in cui descrive le doti di cui godrà il beato, tanto nella sua anima quanto nel suo corpo. Non solo le parole, ma persino alcune intere espressioni sono identiche.
In una lettera scritta al re in data 19 marzo 1648 (vol. Il, p. 289) la Venerabile confessa che, dopo i misteri che appartengono all'essere di Dio, a Cristo e a sua Madre, quel che le ha rapito l'anima e avvinto il cuore è la grandezza e meraviglia di un'anima in grazia, e descrive tale bellezza con termini splendidi. Nella lettera del 10 maggio 1649
(voi. Il, p. 370) dice che, descrivendo la Storia della Regina del Cielo, ossia la Mistica Città di Dio, ha ricavato un grande concetto e stima dello stato di grazia. Si dovrebbero citare molti passi della Mistica Città di Dio che si riferiscono a questo tema.
Sulla possibilità di raggiungere la perfezione con l'aiuto della grazia, scrive al re in una lettera del 25 ottobre 1647 (vol. Il, p. 254). Nella Mistica Città di Dio l'idea si trova in molti passi
Il ricorso costante alla sacra Scrittura è un'altra caratteristica degli scritti della Venerabile. Nella lettera al re del 5 luglio 1652 (vol. Il, p. 167) chiede scusa per questo, però adduce che le parole della Scrittura possiedono un'efficacia divina e per questo ricorre ad esse; in quella del 7 novembre 1653 (vol. Il, p. 259) torna ad esprimere la stessa idea. Per quanto si riferisce alla Mistica Città di Dio, possiamo dire che essa è tutta come un manuale di citazioni e allusioni al testo sacro, che evidenziano nell'Autrice una familiarità e un grado di conoscenza veramente notevole dei libri santi.
E per il momento basta. Comprendiamo che questo lavoro di confronto della Mistica Città di Dio con altri scritti della Venerabile potrebbe essere portato molto avanti, e sicuramente con risultati positivi. Un semplice sguardo a due dei suoi opuscoli, la Scala per salire alla perfezione e le Norme della sposa, dà l'impressione di identità di stile, di concezione, di tratto unico e di sentimento. Però non possiamo dilungarci oltre. I dati che abbiamo riferito si riducono il più delle volte a dettagli lessicali e affinità di idee. Questi indizi, a prima vista insignificanti e irrilevanti, di solito sono i più indicativi, come sanno bene quelli che si occupano di critica storica.
Crediamo, insomma, che uno stesso modo di parlare e di sentire nell'anima si percepisca attraverso tutti questi scritti, e che questo manifesti abbastanza chiaramente la stessa Autrice, con la sua individualità e personalità inconfondibile.

Suor Maria di Gesù Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione

domenica 10 maggio 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



COMPOSIZIONE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»


Confronto delle due redazioni

Non esistendo attualmente nessun esemplare autografo né apografo della prima redazione dell'opera, non è possibile valutare la quantità e la qualità delle differenze tra la prima e la seconda redazione. L'unico esemplare della prima, dopo il rogo fatto dalla Venerabile, fu la copia che ebbe in suo potere Filippo IV; però questa copia fu a sua volta bruciata nell'anno 1682, ossia dopo che apparve l'edizione della Mistica Città di Dio. Questo rogo fu effettuato dal p. Samaniego, Ministro Generale dell'Ordine francescano, che lo fece seguendo le istruzioni date per iscritto dalla stessa Autrice, che, una volta fatta la seconda redazione, considerava superflua e non più valida la prima. Da questo rogo si salvò unicamente un foglio che recava il titolo della terza parte e la firma dell'Autrice, foglio che fu sottratto da un frate nel momento in cui si procedette a bruciare l'esemplare. Da questo foglio sappiamo qual era originariamente il titolo dell'opera. Dice così:

«Mistica Città di Dio, miracolo della sua onnipotenza e abisso della grazia. - Storia divina e vita della vergine Madre di Dio, regina e signora nostra, Maria Santissima, restauratrice della colpa di Eva e mediatrice della grazia. - Dettata e manifestata in questi ultimi secoli dalla medesima Signora alla sua schiava suor Maria di Gesù, abbadessa indegna del monastero dell'Immacolata Concezione della città di Agreda. Per nuova luce del mondo, gioia della Chiesa cattolica e fiducia dei mortali».

Confrontando questo titolo con quello della seconda redazione si vede che è sostanzialmente identico, però sono stati modificati alcuni termini, vale a dire sono stati usati termini di maggiore esattezza e precisione teologica. Invece di «autrice della vita e della luce», dice ora «riparatrice della colpa di Eva e mediatrice della grazia». Invece di «rivelata» dice «dettata e manifestata». Probabilmente l'influsso dei padri prima citati si limitò a cose di questo genere

Suor Maria di Gesù
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione

sabato 25 aprile 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



COMPOSIZIONE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»


Seconda redazione della «Mistica Città di Dio»

In quanto alla seconda redazione dell'opera, si conoscono con esattezza le date del suo inizio e termine: iniziò nel 1655 e terminò nel 1660.
In questa epoca il p. Andrés di Fuenmayor dirigeva la Venerabile. Egli le impose il precetto di rifare l'opera. In realtà, esistendo, come esisteva in potere del re, una copia della prima redazione, ed essendo stata recuperata detta opera dal p. Pietro Manero - che poi fu vescovo di Tarazona e morì nel 1659, non era necessario fare una nuova redazione propriamente detta. Perché l'Autrice ritenne necessario o conveniente rifare l'opera? Conosciamo vari passi in cui l'Autrice espone la ragione, e in tutti quelli è sempre la stessa, vale a dire: perché allora aveva una nuova e maggiore comprensione del mistero di Maria. Prima, quando scrisse per la prima volta, siccome la luce della grazia era abbondante e molto limitata la sua capacità, non poté dire tutto, ed inoltre l'attenzione al contenuto dell'opera l'assorbì molto.
Nella corrispondenza medita a don Francesco di Borja c’è una lettera della Venerabile, in data 3 aprile 1648, in cui già si riscontra la necessità di scrivere nuovamente l'opera e le ragioni del fatto. Si veda il passaggio:

 «Signore mio: Se V. S. ha letto (come mi dice) qualcosa della Storia, vedrà che sia per l'impostazione, lo stile e la rivelazione di alcuni misteri occulti, non conviene in nessun caso che venga alla luce. Per questo domandavo a v. S. se l'avesse vista; e la terza parte, della quale v. S. non è al corrente, contiene una maggiore manifestazione della grazia, perché riguarda ciò che meno nella Chiesa di Dio è stato scritto, ed è qui esposto in maniera più ampia. Quale impressione ne avranno, se, vivendo io, verrà alla luce? Persone sagge non riescono a capacitarsene ed io ritengo di dover optare per il silenzio, ma anche perché il contrario non sarebbe prudenza.
Mi chiede v. S. perché la scrivo una seconda volta: è perché nostro padre fr Francesco Andrés ed io ne abbiamo riscontrato l'utilità per molte ragioni e prima che morisse ho cominciato a riscriverla. Le principali sono che, essendo la materia tanto abbondante e feconda, era impossibile che i limiti umani si elevassero a manifestare, né potessero esprimere quel che l'intelletto veniva a conoscere e in una sola volta non si poteva dir tutto. In diverse lettere e biglietti scrissi al nostro defunto molte cose tra le più essenziali, perché gli parve opportuno di fare un originale perfetto, essendo le trascrizioni che ne hanno fatto difettose e anche mutile. Perché V. S. abbia un originale perfetto a disposizione, gliene faccio avere uno buono e molto ampliato; già lo sa il padre Palma, e mi fa pressione perché lo porti a termine. Se v. 5. si troverà vicino al signor don Fernando, gli dia maggiori notizie di tutto»

La nuova e più profonda intelligenza che aveva del tema, le aggiunte parziali che in forma di biglietti andava facendo, consigliavano di rifare a fondo l'opera e lasciare un originale perfetto e rifinito di essa, dal momento che, finché l'Autrice era in vita, non si giudicava prudente la sua pubblicazione.
In una lettera senza data, scritta dalla Venerabile al p. Giovanni di Palma, spiega in termini simili perché scrive l'opera per la seconda volta:


«La ragione e causa perché si torna a scrivere per la seconda volta la Storia della Regina del Cielo: - Per volontà del Signore e per ordine dell'obbedienza ho scritto per la seconda volta questa divina Storia, perché nella prima, essendo la luce con cui conoscevo i suoi misteri tanto abbondante e feconda, e la mia capacità limitata, non bastò la lingua né furono sufficienti i termini, né la velocità della penna, per dire tutto. Tralasciai alcune cose, e con il tempo e la rinnovata intelligenza mi trovo disposta a scriverle, sebbene sempre tralascerò di dire molto di ciò che ho inteso, perché riferire tutto non è mai possibile. Al di là di questo ho conosciuto un'altra ragione nel Signore, e questa è che la prima volta, quando scrissi, mi distraeva molto l'attenzione del contenuto e l'ordine di quest'opera; e furono grandi le tentazioni e i timori che l'anima non le desse il necessario che il Signore chiedeva scrivendola nel mio cuore, pesando nel mio spirito il suo insegnamento come fa ora quando mi manda la sua ispirazione, e si può comprendere dal seguente avvenimento... »

Il p. Ivars, prendendo lo spunto da alcune espressioni che si trovano nella corrispondenza epistolare tra Filippo IV e la Venerabile, sospetta che il sopra citato p. Pietro Manero dovette esercitare qualche influsso sulla seconda redazione della Mistica Città di Dio. In effetti il re, nella lettera del 23 marzo 1650, dice alla Venerabile che il p. Manero ha visto la copia della prima redazione, che era a disposizione proprio del re, e che detto p. Manero aveva notato alcune cosette da discutere con lei, al fine di perfezionare l'opera. Molto più tardi, nella lettera del 3 febbraio 1657, la Venerabile riferisce al re che detto Padre, nominato vescovo di Tarazona, le ha fatto visita. Non è facile determinare l'influsso che il p. Manero poté avere sull'opera. Secondo il p. Samaniego nel suo Prologo Galeato, il p. Manero suggerì alla Venerabile di comporre di nuovo l'opera omettendo i termini teologici e scolastici, poiché la presenza di tali termini è attinente alle rivelazioni divine. La
 Venerabile presentò la proposta al Signore e le fu risposto che le sono stati dati i termini più adeguati alla finalità dell'opera, e che non c’è niente da cambiare. Alla fine, poi, se qualche influsso ebbe, probabilmente si ridusse ad alcune correzioni di termini.
Quando il re le chiese quali innovazioni avesse introdotto nella seconda redazione, lei rispose:

«Signor mio, nella Storia della Regina del Cielo io aggiunto alcuni misteri, chiarendo meglio quelli precedenti; l'ho perfezionata tralasciando alcune ripetizioni di termini, e ai tre libri che v. M. vide aggiungo il quarto, che contiene alcune cose particolari della Madre di Dio, e la disposizione che si richiese per scrivere la sua santissima vita, con grandi insegnamenti mistici e morali. Per scrivere questo trattato impiegherò molto. La Storia cercherò di abbreviarla, e se Dio mi dà vita invierò l'una e l'altra a V M., con l’assicurazione del segreto che la materia richiede, e per l'affetto che professo a V. M. non so occultarle niente dei miei maggiori segreti».

Indichiamo di seguito le lettere della corrispondenza epistolare tra Filippo IV e la Venerabile in cui si parla dell'opera, la necessità di scriverla di nuovo, o si fa riferiynento al carattere della composizione della stessa nella sua seconda redazione: 5 dicembre, 18 dicembre 1649; 26 febbraio, 11 marzo, 23 marzo, 1 aprile 1650; 11 marzo 1651; 10 aprile, 3 maggio, 20 dicembre 1652; 3 febbraio, 12 febbraio, 2 marzo 1657.

di Suor Maria di Gesù Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione

sabato 4 aprile 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



Prima redazione della «Mistica Città di Dio»

L'opera conobbe per lo meno due redazioni complete, oltre a tentativi parziali, ossia fu redatta completamente due volte dalla sua Autrice. La seconda redazione, che è quella definitiva, è più ampia ed estesa della prima.
Ricostruiamo brevemente la storia della prima redazione.
Tanto Edoardo Royo quanto il p. Ivars sono del parere che la Venerabile scrisse per la prima volta la sua opera tra gli anni 1637 e 1643. La stessa suor Maria ci dice tassativamente che cominciò a scrivere quest'opera nel 16376. A quel tempo direttore spirituale della Venerabile era il p. Francesco Andrea della Torre. Ella stessa confessa che per lo spazio di dieci anni cercò di resistere agli impulsi che sentiva, finché cominciò a scrivere per la prima volta la Storia della Vergine.
Quando, alla fine del 1643, la Venerabile comincia la corrispondenza con il re Filippo IV si capisce che l'opera era già scritta. Una copia di essa è stata inviata al re, che la legge e riferisce le impressioni che suscita la sua lettura. In realtà, poiché l'opera era estesa e constava di tre parti, in un primo tempo gli inviò una copia della prima, e in seguito gli furono inviate le rimanenti, man mano che portava a termine la copia o trascrizione. Poiché la Venerabile nelle sue lettere al re parla di «scrivere» nel senso di copiare, questo principalmente indusse in errore il p. Ivars, pensando che allora stesse scrivendo l'opera, quando in realtà essa era fatta e terminata, e solamente si trattava di farne una trascrizione o copia per destinarla al re. Di questa copia dice che la fecero «alcuni religiosi giovani senza esperienza», e che non ebbe l'opportunità di rivederla. Sappiamo, dunque, che il re aveva una copia dell'opera nella sua prima redazione, con la raccomandazione di conservare su di essa il segreto. Nella corrispondenza che si svolse tra Filippo IV e la Venerabile ci sono numerose allusioni a quest'opera. Si può vedere una qualunque delle due edizioni di queste lettere, quella del Silvela o la più recente di Seco Serrano. Si parla, per esempio, dell'opera nella sua prima redazione nelle lettere scritte dal re nelle seguenti date: 9 marzo 1644; 5 agosto, 21 settembre, 1 ottobre 1646; e nella lettera scritta dalla Venerabile al monarca il 5 ottobre 1646. Molte altre della medesima corrispondenza se ne potrebbero citare.
Questa prima redazione della Mistica Città di Dio fu bruciata dalla stessa Autrice in data che al presente non si può precisare con chiarezza, poiché è discussa dagli autori; si salvò però, dalla distruzione, la copia o trascrizione che era rimasta a disposizione del re.
Rispetto alle ragioni o cause che spinsero la Venerabile a prendere questa decisione, ella riferisce unicamente gli scrupoli e timori da cui era presa per aver messo mano ad un'opera tanto ardua, ed altresì il consiglio di un confessore che l'assisteva in assenza del direttore principale. Quando questi ritornò, la rimproverò aspramente e le ordinò di scriverla di nuovo; però nel 1647 questo direttore morì e, per consiglio del medesimo direttore di prima, che doveva essere un religioso anziano, fece un secondo fuoco di carte. Secondo il p. Samaniego, agiografo della Venerabile, il primo rogo fu nel 1645, nel corso di un'assenza prolungata del direttore, Francesco Andrea della Torre, e il secondo, nel 1647, poco dopo la morte dello stesso.
La Venerabile si distinse sempre per un grande amore alla verità, e costantemente la perseguitò il timore di essere ingannata o vittima di illusioni. Solo la parola autorevole del rappresentante di Dio era capace di sostenerla; però quando un confessore le consigliò di bruciare gli scritti, obbedì all'istante. Probabilmente detto confessore, il cui nome non conosciamo, non condivideva il modo in cui la Venerabile era diretta.
Il p. Ivars ha avanzato l'ipotesi che la Venerabile avesse bruciato l'opera per paura dell'Inquisizione. Quando previde che stava per addensarsi su di lei la tempesta, bruciò l'opera, e così poté dire agli inquisitori che non aveva altri scritti, oltre alcune insignificanti carte che mostrò; nulla disse della copia che esisteva nelle mani del re, e gli inquisitori non vennero a saperlo. Questo esame inquisitorio ebbe luogo in Agreda stessa, alla grata del monastero, il parlatorio conventuale, nel 1649-1650. In verità, la supposizione del p. Ivars, che l'opera fosse stata bruciata durante l'Inquisizione non si appoggia su nessun documento. Al contrario il p. Samaniego, biografo della Venerabile, attesta altra causa

di Suor Maria di Gesù Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione


giovedì 12 marzo 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



COMPOSIZIONE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»

I decreti romani sull'autenticità dell'opera

Nel secolo XVIII, nell'ultimo tentativo, per così dire, che i sostenitori della causa della Venerabile fecero per ottenerne la glorificazione, Roma promulgò perfino due decreti sopra l'autenticità della Mistica Città di Dio. Il fatto è che agli occhi della Santa Sede il processo di beatificazione di suor Maria era legato al problema dei suoi scritti, soprattutto della sua grande opera, la Mistica Città di Dio. Prima di procedere alla sua beatificazione era indispensabile procedere all'esame degli scritti e affrontare i problemi teologici implicati in essi. L'opera che presentava più difficoltà sotto questo aspetto era la Mistica Città di Dio. Era pertanto certo che quest'opera fosse realmente di suor Maria? Questo è il primo punto da risolvere. Se non era la vera autrice dell'opera, in tal caso il processo poteva andare avanti senza tener conto di lei; però se suor Maria era l'autrice, bisognava sciogliere prima le riserve teologiche che pesavano su di lei. Tale era il punto di vista di Roma.
Per risolvere il problema dell'autenticità dell'opera si fecero portare a Roma gli otto volumi autografi, che esistono nel monastero di Agreda, i quali furono sottoposti ad un esame peritale. Conseguenza di tale accertamento fu il decreto di autenticità, emesso dalla Sacra Congregazione dei Riti l'8 maggio 1757, decidendo che, a giudicare dall'identità della scrittura di questi volumi e degli altri scritti, certamente di sua mano, risulta che la predetta Mistica Città di Dio fu scritta da suor Maria. Questo primo decreto si basa, dunque, sull'identità di calligrafia che c'è tra l'originale della Mistica Città di Dio e altri scritti autografi della Venerabile.
È’ evidente però che, assolutamente parlando, questo non basta per provare che lei fu l'autrice formale dell'opera, poiché è possibile che sia stata una semplice copista o amanuense di un'opera concepita e redatta in precedenza da un altro. A tal fine, in Roma si procedette ad un secondo esame, fondato questa volta sullo studio approfondito delle caratteristiche dello stile, confrontandolo con altri scritti che certamente sono della celebre monaca. Questo secondo esame raggiunse ugualmente un esito in favore dell'autenticità: era evidente l'uniformità dello stile tra l'opera e altri scritti autentici della Venerabile. Questo secondo decreto porta la data dell'11 marzo 1771. Risultato di tutto questo fu la sospensione definitiva, o «silenzio perpetuo», che Clemente XIV impose alla causa di beatificazione della Venerabile. Dato che risultava essere lei l'autrice dell'opera e che sulla detta opera pesavano riserve teologiche gravi, si proibiva di proseguire ulteriormente la causa della sua beatificazione.
La prova dell'autenticità fu, pertanto, la causa dell'arresto del processo.
A considerare tutto non sono mancati, sebbene posteriormente, coloro che hanno supposto che ci furono influenze decisive di altre mani nella composizione di quest'opera. Così, per esempio, il p. Andréa Ivars, OFM, fondandosi su alcuni passi della corrispondenza di suor Maria con Filippo IV, avanzò l'ipotesi che il p. Pietro Manero, francescano, avesse dovuto influire sulla seconda e definitiva redazione della Mistica Città di Dio, tanto che arrivò a mettere in discussione la vera paternità dell'opera.
Per chiarire nei limiti del possibile questi estremi, si ritiene utile ricordare brevemente la genesi dell'opera, la sua lunga gestazione, la storia delle sue due redazioni; fissare le date, confrontare i dati che risultano dalla medesima opera con quelli che risultano dagli altri scritti della Venerabile o delle persone che ebbero a che fare con lei; mettere a confronto lo stile di quest'opera con quello di altri scritti indubbiamente suoi; conoscere i direttori che ebbe, le date in cui la diressero; altre persone che, per quel che sappiamo, ebbero a che fare con lei e tutti gli altri dati che fanno al caso.

Suor Maria di Gesù
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione



sabato 29 febbraio 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



COMPOSIZIONE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»


Il problema dell'autenticità

Un alone di dubbio si stende a volte intorno all'autenticità della Mistica Città di Dio. La vera autrice di quest'opera sarà realmente la celebre monaca di Agreda, suor Maria di Gesù? La ragione principale per dubitare di ciò consiste nella difficoltà intrinseca al fatto che una monaca di clausura, senza formazione teologica né studi, potesse realizzare un'opera tanto grandiosa, letteralmente impregnata di citazioni dalla sacra Scrittura, piena di dottrina sublime, scritta in uno stile talmente elevato e ieratico, di rara perfezione. Non sarà più ragionevole pensare che sotto la firma della monaca si nasconda l'opera - se non intera, almeno parziale - di qualche frate anonimo dell'Ordine di san Francesco? Il sospetto diventa tanto più consistente, quando sappiamo che i francescani hanno lavorato in modo incredibile per portare avanti la causa della Venerabile e del suo libro. Ci consta altresì che suor Maria nella sua vita mantenne intime relazioni con i padri di quell'Ordine. La nota di scotismo, ripetute volte lanciata come accusa contro l'opera, contribuisce inoltre ad aumentare il sospetto che la paternità dell'opera ricada, in tutto o in parte, sui francescani che la diressero o ebbero a che fare con lei. È’ risaputo anche che i teologi dell'epoca, alquanto impegolati in polemiche di scuola, cercavano appoggio e conferme alle loro posizioni in anime favorite da Dio con visioni e rivelazioni. Per tutto questo, la questione dell'autenticità risulta qui irrinunciabile.

Cominciamo con l'avvertire, tuttavia, che il problema dell'autenticità non dobbiamo intenderlo in modo assoluto, come se per affermare l'autenticità dovessimo dire che suor Maria redasse l'opera da sola, senza nessun genere di influenze e di aiuti. Questo si oppone a ciò che l'Autrice stessa afferma molte volte, che tutti e ciascuno dei temi trattati nell'opera, particolarmente i più difficili, li conferiva con i suoi maestri e direttori spirituali. Evidentemente dovette subire l'influsso, e molto notevole, dei teologi che consultava. Però, da qui ad affermare che fu una redattrice che copiava, poco meno che alla lettera, quel che questi teologi le suggerivano, c'è una bella differenza.
La questione consisterebbe, ancor meglio, nel sapere fino a che punto operò questo influsso dei teologi, se giunse ad essere di tale importanza che non si possa attribuire all'Autrice l'appartenenza formale, e non solo materiale, dell'opera. Non è possibile determinare con esattezza il grado di questo influsso, per la medesima forma in cui si esercitò, poiché si realizzò principalmente per mezzo di conversazioni e consultazioni orali, di cui, naturalmente, non è rimasta prova. Lo stesso deve dirsi delle prediche ascoltate. Però in ogni caso, sebbene non sia possibile determinare questo influsso, crediamo di poter affermare, per le ragioni che vedremo in seguito, che suor Maria di Gesù di Agreda è la vera autrice della Mistica Città di Dio.
Per questo, e come presentazione dell'opera nello stesso tempo, ricordiamo brevemente i punti storici fermi, e cerchiamo di ricostruire la complicata storia della genesi e gestazione di quest'opera, fondandoci soprattutto sui dati che risultano da altri scritti, che certamente sono della Venerabile, in particolare le lettere scritte da lei o dirette a lei, sulle testimonianze dei suoi direttori e su quello che si desume dal testo stesso della Mistica Città di Dio.
Suor Maria di Gesù morì nell'anno 1665. L'edizione principe dell'opera apparve in Madrid cinque anni dopo, ossia nel 1670. Durante i cinque anni che intercorrono tra la morte di suor Maria e la comparsa del libro, questo fu esaminato da una commissione di teologi dell'Ordine francescano, che, rispettando scrupolosamente il testo dell'opera, lo fecero accompagnare da note esplicative e fecero precedere l'edizione da un esteso Prologo Galeato e da una biografia di suor Maria, scritti entrambi dal p. Giuseppe Ximénez Samaniego, Generale dell'Ordine francescano. Per preparare questa edizione principe si portarono a Madrid gli otto volumi della Mistica Città di Dio che, interamente scritti di propria mano dalla Venerabile, si conservavano nel suo monastero di Agreda. Realizzata l'edizione, si tornò a depositare religiosamente gli esemplari autografi nel monastero di Agreda, dove ancor oggi si conservano.
Poche sono le opere celebri di una certa antichità che godano di una posizione tanto privilegiata. Intendiamo dire: è raro che esista l'originale autografo delle medesime, come avviene in questo caso. Consta che tanto la Venerabile come quelli che l'assistevano si impegnarono e interessarono, per ovviare future difficoltà o possibili obiezioni, a lasciare un originale autografo perfetto, scritto di sua mano e convenientemente firmato. Avevano coscienza che si trattava di un'opera grande, trascendentale, e intendevano prevenire ogni possibile obiezione. Del resto, la Venerabile aveva esperienza che le copie o trascrizioni dei suoi scritti, fatte da altri, non sempre erano del tutto fedeli, e fece in modo, senza dubbio, di lasciare una bella copia fatta di suo proprio pugno.
Che la scrittura di questi otto volumi sia della Venerabile non si può ragionevolmente dubitare. Suor Maria di Gesù ha una calligrafia inconfondibile, e confrontando la scrittura di questi volumi con quella degli altri suoi scritti, l'uniformità balza all'evidenza.
Però tutto questo, pur essendo importante, non basta per risolvere il problema; anzi, in parte, lo complica ulteriormente, perché, volendo immaginare inganni o ipotesi possibili, forse non fu fatto tutto questo per nascondere artifici? Non poté suor Maria copiare o scrivere con la sua mano un'opera di cui in realtà non era lei la vera autrice, prendendo precauzioni perché questo non venisse scoperto? È’ necessario confessare che, immaginando ipotesi possibili, per quanto poco probabili, non si può scartare questa congettura.

Suor Maria di Gesù
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione

domenica 9 febbraio 2020

MISTICA CITTA’ DI DIO



Vita della Vergine Madre di Dio


SUOR MARIA DI GESÙ DI AGREDA (1602-1665)


Ultima malattia e morte

La Venerabile fu sempre di salute cagionevole e soffrì di diversi acciacchi e infermità. Silvela ha contato i salassi di cui lei fa menzione nelle sue lettere, e risultano settantuno nello spazio di quattordici anni.
In una lettera del 19 novembre 1660 parla al re di aver sofferto di una grande infermità, per cui ha versato sangue dalla bocca. In quella del 6 giugno del 1661 parla di giramenti di testa, che le offuscano la vista e le procurano angosce mortali.
L'ultima infermità, secondo il biografo, fu causata da una febbre e da un ascesso al petto. Furono undici giorni in tutto quelli in cui dovette rimanere a letto. In ognuno di essi servì di edificazione generale alle religiose; ad esse per suggerimento del confessore, e vedendo che piangevano amaramente, parlò in questi termini, al momento di ricevere l'estrema unzione:

«Sorelle, non fate così; considerate che non abbiamo avuto altre prove e che si devono ricevere con uniformità di animo quelle che Dio manda; se la divina Maestà chiede che ci separiamo, si compia la sua santissima volontà. Quello che vi chiedo è di servire il Signore osservando la sua santa legge, di essere perfette nell'osservanza della vostra regola e fedeli spose di sua Maestà, e comportarvi come figlie della Vergine santissima, poiché sapete quel che le dobbiamo ed è nostra Madre e superiora. Abbiate pace e concordia tra voi e amatevi le une le altre. Custodite il vostro segreto, astraetevi dalle creature e ritiratevi dal mondo: lasciatelo prima che lui vi lasci. Siate distaccate dalle cose di questa vita e lavorate mentre ne avete il tempo; non rimandate questo ultimo slancio quando impedisce tanto il peso dell'infermità e la prostrazione della natura. Adempite gli obblighi, ché con questo io avrò meno purgatorio per tanti anni di superiora. Se camminate così, riceverete dal Signore la benedizione, e anche io ve la do».
Allora, alzando la mano e facendo su di loro il segno della croce, disse: «La virtù, la virtù, la virtù, vi raccomando».
Subito si avvicinarono una dopo l'altra a chiederle singolarmente la sua benedizione, e a ciascuna l'amorosa Madre diede gli avvertimenti e i consigli che in particolare le convenivano, della cui efficacia e meravigliosa riuscita ciascuna, per quel che la riguarda, testimonia.

Fu assistita negli ultimi momenti dal provinciale Samaniego e dallo stesso ministro generale dell'Ordine, p. Salizanes, che trovandosi in cammino per San Domenico della Calzada, per presiedere il capitolo che dovevano celebrare le province di Burgos e Cantabria, deviò verso Agreda e così poté trovarsi presente alla morte ed alle esequie della Venerabile. Morì nel giorno di Pentecoste, 24 maggio 1665, all'ora terza. Al suo funerale accorse numerosa folla, poiché era universalmente stimata. Dopo pochi mesi, come se la perdita della sua fedele e sincera amica l'avesse prostrato, anche Filippo IV morì.

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Il monastero della Concezione di Agreda, a tre secoli da questi fatti, conserva vivo e operante il ricordo della Venerabile. Dentro le sue mura si conservano religiosamente numerosi oggetti che la riguardano: tra essi, gli otto libri della Mistica Città di Dio, autografi, e numerosi altri scritti e documenti; il corpo della Venerabile, deposto in un'urna preziosa, e quello di sua madre, Caterina di Arana; la tribuna in cui si ritirava, la cella che abitò, con due finestre, una verso il Moncayo e l'altra verso il Nord; l'abito francescano che portava sotto quello dell'Ordine concezionista e casule ricamate da lei. Effettivamente suor Maria fu riconosciuta esperta e abile per i lavori a mano, e si intendeva di panni e stoffe, come evidenzia nella Mistica Città di Dio, parlando del vestito che con le sue mani ha filato e tessuto la Vergine per il bambino Gesù.
Suor Maria, come tanti altri casi rilevanti della spiritualità cristiana, è la realizzazione più compiuta di quel paradosso evangelico, secondo il quale dalla morte germoglia la vita, dalla contemplazione l'azione, e la prova evidente che la vita nascosta in Cristo è la molla più potente del vero amore al prossimo.

Suor Maria di Gesù
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione