martedì 19 aprile 2022

LETTERE D'UN EREMITA

 


I  RIMEDI

Il mio lavoro volge al suo termine. Nel porvi mano, io mi proposi di rintracciare, in mezzo alla confusione ed alle tenebre che regnano d'intorno a noi, il carattere dei tempi in cui viviamo. Era questo, signore, il mio scopo, e non già di presentarvi una nuova interpretazione dell'Apocalisse, nè d'indicarvi l'ora od il giorno preciso della venuta del figlio del peccato e della fine del mondo. Io lessi la Bibbia, i Padri ed i Dottori, e mi convinsi che questi tempi strani, pericolosi, erano da lunga mano stati annunziati e dipinti con estrema cura. Ed allora ho pensato di rendermivi utile, cercando di far penetrare nel vostro spirito la mia profonda convinzione; imperocchè se egli è vero, come è annunziato, che ha da venire un'epoca in cui gli eletti stessi correranno gran rischio di perdersi, pare a me che questo rischio abbia ad essere anche assai maggiore per coloro a cui essa giungerà inaspettata. 

Ora siamo noi propriamente all' aprirsi dell'epoca anticristiana? Il rapido esame che abbiamo fatto delle istituzioni e delle tendenze del secolo mi pare che lo provi più che a sufficienza. L'Impero romano, di fatto, è caduto; esso non esiste più che di nome e di diritto, e noi sappiamo dalla storia del popolo ebreo che il lavoro di disorganizzazione sociale, che doveva andar a finire colla distruzione di Gerusalemme, cominciò appunto quando il regno di Giuda si trovò in simili condizioni.

 Sta scritto in pagine venerabilissime che il mondo ha da durare sei mila anni, ma che l'ultimo periodo della sua esistenza sarà abbreviato per riguardo degli eletti. Alcuni Padri, indotti in errore da false cronologie, o guardando solo alcuni segni precorritori senza badare agli altri, fecero assai più vicina la fine del mondo di quello che non fosse. Ma anche ai di nostri, la credenza più comune e seguita dai migliori continua ad essere tuttavia che il mondo ha da durare sei mila anni. Inoltre a segno degli ultimi tempi noi abbiamo che, oltre la comparsa d'un gran numero di falsi profeti, ci saranno questi due avvenimenti, la caduta dell'impero ottomano, la ricostruzione di Gerusalemme ed il risorgimento della nazione ebrea. E questi due avvenimenti non mi paiono ben lontani, se considero la fiacchezza in cui sono caduti i successori di Baiazette, e la potenza che gli ebrei hanno ai di nostri acquistata in Europa. 

Ma io temerei d'aver speso invano il mio tempo se, dopo avere a tanti segni ricononosciuti i pericoli che ne circondano io non avessi qualche cosa altro da dirvi. 

A me pare che in epoca così straordinaria quale è la nostra, ai fedeli più non bastino i mezzi ordinari. E di fatto, anche le opere di pietà da qualche tempo hanno ricevuto dal cielo un più grande impulso. Si direbbe che quanto più il numero dei credenti si va diradando, tanto più quelli che si tengono uniti alla Chiesa sentono quasi per istinto il dovere di raddoppiare lo zelo, moltiplicare le pratiche di pietà, mandare a Dio per così dire una somma di preghiere che tenga luogo delle proprie, e di quelle di coloro che disgraziatamente se ne sono separati. 

Pio IX ci schiuse un asilo; cerchiamovi innanzi tutto il nostro rifugio. Si estenda dovunque il culto della SS. Vergine sotto l'invocazione speciale dell'Immacolata Concezione; portiamo questo dolce nome scolpito nei nostri cuori. La regina del cielo, che può dare ancora al mondo la pace universale, e che, siccome io spero vivamente, ce la darà, può frattanto far nascere questa pace nelle anime di tutti quelli che gliela domandano umilmente e sinceramente in mezzo alle tempeste della vita. 

- Stringiamoci intorno al Vicario di Cristo. Difendendo le verità eterne, i Papi difendono eziandio l'ordine sociale. Tutti i nostri più cari interessi, non esclusi quelli materiali, e quelli delle nostre famiglie, dipendono dalla conservazione della libertà ed indipendenza del papato.

Il potere temporale che la provvidenza ha dato ai papi ha un doppio scopo: garentire il libero esercizio del potere spirituale, e presentare all'umanità il tipo del vero e savio governo dei popoli. Il giorno in cui i papi fossero obbligati a lasciar Roma ed abbandonare il potere temporale, sarebbe un giorno nefasto per il mondo: la più sfrenata tirannia si vedrebbe tosto dominare su tutte le nazioni. So bene che la Chiesa, giusta le promesse di Dio, non può perire, e veramente non perirà: essa è destinata a sopravvivere al mondo, passando dallo stato militante allo stato trionfante. 

Ma se Cristo fece alla Chiesa, sua sposa, questa grande promessa, ei non la fece però alla società. Le nazioni Dio le può ben sempre guarire, ma a patto che conservino taluni principii cristiani. Le nazioni cristiane possono risanare, allo stesso modo che il credente, il quale abbia abusato del libero arbitrio, può col pentimento ridiventar mondo. Ma quando le basi della società crollano, quando l'apostasia invade tutte le nazioni, allora l'Onnipotente mette mano a rimedi radicali; e il diluvio ne fa testimonianza.

Se le nazioni dell'èra cristiana sono sanabili (come si suole da molti sostenere) non così il mondo intero quando s'ostina a rigettare i principii del cristianesimo. Già fin d'ora possiamo vedere che si prepara un grande cataclisma, e le stesse apprensioni di coloro che più si danno attorno ad affrettarlo ce ne fanno avvertiti. Tutti i governi, tranne quello del Papa, sono entrati in una via che mena all'abisso. 

Ma in tutte le nazioni v'hanno dei cattolici; tocca a loro a non esitare più a lungo ad unirsi di cuore e di mente al Santo Padre, a riconoscere non solo l'autorità spirituale di lui, ma ascoltare e seguire gl'insegnamenti che egli stima di dare per la salvezza della società. 

L'Onnipotente pare che rivolga lo sguardo dalla umanità. Ei lascia libero il campo a questi disgraziati uomini di Stato, che presumono nel loro orgoglio di ordinare una società senza di lui o contro di lui. Ma la Chiesa, Dio la guarda e l'ascolta ancora. Egli è per mezzo di lei che noi possiamo far giungere al cielo le nostre umili supplicazioni. Se sono sincere, se sono fervide, Dio può ritardare il giorno dell'espiazione, può renderla meno severa, ed al postutto ei saprà dare ai fedeli le grazie speciali onde hanno bisogno.

 I cattolici sparsi in tutte le nazioni, ed in talune di esse costituenti la maggioranza, non figurano più alla testa del potere. Sebbene non siano ancora trattati come i vinti, sebbene i nemici si mostrino ancora generosi con loro, essi li tengono per poveri idioti incapaci di comprendere tutto lo sfolgorante splendore dell'Era novella. 

Che rispondere a questo ? 

Tu desisti, deve rispondere il cattolico seguendo le traccie del suo Divin Maestro. Si, l'Era novella è tale che un cattolico non la può comprendere. Essa però ci era stata annunziata, ed eravamo avvertiti che noi non dovevamo prender parte a tutti i suoi falsi splendori. Noi stiamo contenti alla nostra sorte, e rendendo a Cesare quello che è di Cesare, ci teniamo uniti di cuore a questa Chiesa, che ci fa pur essa sperare un'Era novella nell'eternità. Se il potere civile abbandona il Papa e si separa apertamente da lui, noi non cessiamo per questo di fissare sul Papa i nostri sguardi, di accordare il nostro al suo volere, di ubbidire a suoi santi precetti. Egli è così che deve rispondere il cattolico. 

Ubbidienza alle autorità costituite, ed amore cristiano verso il paese che lo vide nascere; ma, allo stesso modo che la rivoluzione si fa cosmopolita per tutto rovesciare, bisogna che tutti i cattolici d'ogni nazione s'uniscano sotto l'egida del Papa per difendere le verità religiose e sociali. Questo vogliono le necessità del nostro tempo, questo è il dovere più imperioso per ogni credente. Ma non basta. 

Sappiamo dai santi Padri che la fede e la carità, a misura che il mondo si avanza verso la sua distruzione, dovranno sempre più raffreddarsi; ed in fatti noi vediamo che queste due fiaccole del cristiano vanno a poco a poco spegnendosi, quasi senza che il mondo se ne accorga. È venuta di moda una filantropia tutta umana, che tende mano mano a porsi in luogo della carità cristiana, quella carità che muove dalle regioni soprannaturali. 

Cotesta filantropia ci porta talvolta a far opere buone in sè, ma prive di merito agli occhi di Dio, e ci mena talora ad opere cattive, quali sono i balli di beneficenza, le rappresentazioni teatrali, cose che potranno avere un merito agli occhi di Satana, non già a quelli di Dio.

 Non sarebbe niente di troppo, secondo me, se i fedeli, impensieriti dai segni del tempo che tutto intorno appariscono, si avvisassero di stringere una grande e forte alleanza per opporla a quella stretta dalle potenze delle tenebre coi malvagi. Anche noi abbiamo bisogno di allearci con esseri invisibili, e questi siano le anime del purgatorio. L'atto eroico in favore di queste anime sante, approvato e confermato per decreto di Pio IX, in data 30 settembre 1852, a mio parere, fa appunto per le circostanze attuali. 

L'editore dell'opuscoletto intorno a questo atto eroico pubblicato in Roma nel 1857, lo dice anch'egli colle seguenti parole: - « Sono pregate tutte le persone pie a fare questo Atto di carità per suffragare le sante anime del Purgatorio, e a suggerire pure ad altri che lo facciano, anche colla speranza che queste sante anime ci ottengano da Dio le grazie delle quali abbisogniamo, particolarmente in questi tempi tanto pericolosi per la salute delle anime nostre. Il Signore accetterà la nostra carità, ascolterà la voce delle sue spose da noi suffragate, e si muoverà a farci quelle misericordie che troppo demeritiamo pei nostri peccati. » 

Se non si dà esempio che le largizioni in favore della Chiesa militante abbiano mai rovinata alcuna famiglia, possiamo ben fare assegnamento che un'offerta intera, completa, assoluta di tutte le nostre opere satisfattorie in pro di quella parte della Chiesa trionfante che soffre ancora nel terribile luogo di espiazione, non menomerà punto il tesoro di buone opere, di cui il cielo tiene esatto conto a ciascun fedele. «

 Considerate, scrive il conte Emiliano della Motta nelle sue Meditazioni pel mese di Novembre, considerate quale opera sia questa di suffragare e liberare le anime del purgatorio. È opera di fede, perchè dalla sola fede noi possiamo apprendere i patimenti e le cose dell'altra vita. È opera di speranza perchè la sola speranza nelle divine promesse può sollevarci a confidare che noi miseri peccatori tanto addebitati con Dio siamo da tanto da poter ottenere grazia per altri colle nostre preghiere, e soddisfare colle nostre opere ai debiti altrui. È opera di carità, perchè è diretta immediatamente a porre nel numero dei beati glorificatori di Dio, quelle anime sulle quali egli ha confermata la sua grazia, e che ama con amore irrevocabile, cavandole da un orribile stato di pena in cui giacciono per loro colpa sì, ma senza che ormai resti più di tali loro colpe altro che il reato di pena. Oh questo sì che è veramente dare gloria a Dio nel più eccelso dei cieli portandovi quelle anime benedette, e dar pace agli uomini di buona volontà, di volontà tutta assorta in quella di Dio. Tutte l'opere cristiane misurano il loro valore intrinseco dalla loro relazione coll'ultimo fine che è la visione beatifica; ora vi tende nel modo più diretto e immediato, quello di portare anime dal purgatorio in paradiso. « 

Considerate che questa è l'opera stessa della redenzione nell'ultimo suo punto. Tutto ciò che Gesù Cristo in persona ha fatto e patito sulla terra per la salute delle anime, tutto ciò che opera continuamente dal cielo e dall'altare colla sua grazia per santificarle, e che fa operare dai suoi ministri in terra, tutto è poi diretto a niente altro, che a mettere le anime dei suoi eletti nel seno del suo eterno Padre, e farle partecipi della propria sua gloria, come figlie adottive del Padre, e sue spose dilette. Ora tutto quello ancor non raggiunse l'ultimo suo scopo per l'anime ditenute nel purgatorio, e il più vivo dei desiderii di quel divino Cuore amantissimo non avrà pieno appagamento, se non quando quelle anime verranno liberate dalla carcere in cui gemono. E noi possiamo con poche opere buone caritatevolmente adempire a ciò che manca per esse alla passione di Cristo, possiamo ricomprarle a poco prezzo dalle loro pene temporali, come Cristo ricomprò noi dalle pene eterne a costo di tutto il suo sangue, e non lo faremo? » Verissimo quello che ci dice questo pio scrittore. 

Ma riflettiamo un poco; vediamo un po' se lo spirito del secolo, saturo di paganesimo, non abbia agito anche su noi cattolici. Ci ricordiamo talvolta, è vero, dei morti, ma per tessere loro delle ghirlande di fiori. 

- Il giorno dei morti non si tralascia di fare una passeggiata al camposanto; c'è per fino chi innalza ancora dei monumenti funebri; si scrivono pomposi elogi sul marmo in onore dei defunti; ma in generale queste iscrizioni non si chiudono più con un requiescat in pace, pietosa formola che, in secoli veramente cristiani, chiamava sul labbro del passeggero una breve preghiera in favore del defunto. Ora il cenno di cavaliere o d'altro titolo qualunque pare che faccia meglio sopra un epitaffio, ed io non lo contesto, ma quanto se ne giovi l'anima del defunto non saprei vederlo. 

L'uso degli uffizi funebri religiosi si mantiene tuttavia. Non se ne fa uno spreco, ma in fin de'conti si mantiene presso quelli che non hanno fatto compiuto divorzio dal cattolicismo. Ci si invitano i conoscenti più cospicui del defunto, non esclusi gli ebrei, i protestanti e neppur gli atei, massimamente se costoro hanno una bella posizione in società. Ed in generale tutti accettano l'invito, che è diventato un affare di convenienza, in cui pare che le convinzioni religiose non ci abbiano nulla a vedere. Bene spesso a queste funzioni il tempio è gremito di gente. Credete voi che dal seno di questa folla s'innalzino cordiali e fervide preghiere per disarmare la giustizia di Dio? Per parte mia ne ho qualche dubbio, perchè ricordo che Sant'Agostino chiama certe pompe funebri ricreazioni dei vivi anzi che soccorsi ai morti (De verb. Apost., 1 Thess.)

 Anche la pietà inverso i moribondi subisce, come tante altre cose, una trasformazione nel nostro secolo. Le persone che stanno loro attorno stimano conveniente di nascondere ad essi il pericolo in cui versano, e non di rado i medici stessi ci prestano la mano. Il ministro della religione, quegli che deve riconciliare l'anima col creatore, che deve consolarla nelle ultime ore, non vien chiamato che su gli ultimi istanti. 

Ma noi cattolici, non ci rendiamo noi con troppa leggerezza completamente pagani in coteste circostanze? Il nostro zelo per la salute eterna del prossimo, invece di andare innanzi a tutto, non è esso superato di molto dalla nostra sollecitudine per la salute fisica? 

Con questi fatti innanzi agli occhi, che si ripetono così spesso, che entrano nei nostri costumi, io mi domando: Non hanno più forse bisogno le anime del purgatorio che i fedeli s'occupino di loro? O siamo noi certi che i nostri parenti, i nostri amici, quelli che ci furono tanto cari mentre erano in vita siano sfuggiti alla giustizia divina? Quell'abisso di tormenti che si chiama il purgatorio si sarebbe forse cambiato? Ovvero si sarebbe egli ingannato San Gregorio allorquando diceva: Questo fuoco, che non è eterno, è pur non di meno più doloroso di tutte le tribolazioni che possono colpirci in questo mondo? (In. Ps., 3 poemit.) 0 non diceva forse il vero San Francesco di Sales quando affermava che dopo il paradiso non c'è luogo migliore del purgatorio, perchè non vi si sta sempre, ma che questo è ad un tempo il luogo peggiore che vi sia dopo l'inferno, perchè vi si soffre senza paragone con qua lunque pena terrena?

 - Come mai noi, uomini di cuore, cotantosensibili ai mali fisici dei nostri simili, siamo così indifferenti verso quelle anime i cui patimenti debbono vincere in asprezza tutte le tribolazioni, tutti i supplizi, tutti i malori che sia dato all'uomo d'immaginare? Oportet dice San Tommaso, quod poena purgatorii, quantum ad poenam damni et sensus, ea cedat omnem poenam istius vitae » Chi è che ci promette che in questo secolo, più che non fosse nei passati, le persone che ci furono care in vita non abbiano da rendere dei conti a Dio dopo la morte? 

Aimè! che all'opposto tutto tende a persuaderci che in questo secolo non solo il numero degli eletti diminuisce, ma che anche coloro i quali si salvano avranno a pagare de' grandi debiti alla giustizia divina prima di giungere tra i beati. 

Nei tempi in cui viviamo la via della perfezione cristiana è ben difficile a percorrere. Lo spirito del secolo vi semina ostacoli sopra ostacoli; l'atmosfera che respiriamo è pagana od atea. Chi vuol menar vita di perfezione è forzato a nascondersi, ed i raggi benefici e salutari del suo esempio non si spandono che in una cerchia ben ristretta.

La vita pubblica, posta alla faccia del sole, quella che abbaglia e trascina coll'esempio, è diventata uno scandalo permanente. Per ciò anche quel cristiano, che si mantenne saldo nella fede, può aver sofferto in qualche modo da queste influenze perniciose. Egli ha resistito, ha combattuto, si è pentito, e Dio ebbe di lui misericordia; ma questa misericordia deve andare di pari passo colla giustizia, con quella giustizia che in vita loro punì severamente anche dei santi quali furono Mosè, Davide ed Ezechiello, per un peccato d'orgoglio, un atto di poca fede, o di vanità; tutte colpe che a noi paiono leggiere. Vivendo in un secolo vertiginoso, in cui tutto ci trascina al male, chi è di noi che non abbia a rimproverarsi qualche colpa più grave ? 

Permettete, signore, che io ritorni ancora una volta al libro del conte Della Motta per convincervi appieno del quanto importi richiamare in tutto il suo vigore il culto cristiano dei morti, per opporlo a questo invadere del culto pagano.

 - « Gesù Cristo, che venne al dir del s. apostolo Giovanni sulla terra per congregare in uno i figli di Dio dispersi, ora tiene le sue pecorelle divise in tre ovili, in cielo, in terra, in purgatorio; ma egli vuole che queste tre greggie sieno unite tra loro. Per questo adopera il vincolo il più ampio, il più perfetto che Dio s'abbia, la carità; la carità che si spande in tutte le parti del regno di Dio, a tutte le membra del corpo mistico di Cristo, siano sane o inferme, mortali o gloriose. Ed ecco che come fece del purgatorio il luogo più compassionoso dell'universo, così lo ha fatto il centro a cui collima la carità dal cielo e dalla terra. I Santi e gli Angeli del cielo sentono infinita pietà di quelle anime afflitte, e ne desiderano ardentissimamente lo scioglimento, poi chè sono esse loro sorelle ed amiche carissime; noi operiamo a loro sollievo con quelle azioni meritorie che i Santi non possono più fare, ma che possono rendere accette a Dio colle loro preghiere, e l'anime beneficate ricambiano il benefizio con indicibile riconoscenza, che ben sapranno rendere un giorno efficace a nostro profitto. » 

Che vi può essere di meglio per armare il cristiano alle ultime lotte, di quest'opera che abbraccia e riassume la fede, la speranza e la carità ? Non potrebbe essere questa quel mistico thau, che, secondo l'Apocalisse, l'angelo deve segnare in sulle fronti degli eletti degli ultimi giorni ?

di J. E. DE CAMILLE

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