IV Obbedienza
Nella seconda età il desiderio di far sempre la volontà di Dio spinge a sacrificare a Dio completamente la propria volontà così da vivere sempre di obbedienza.
Non c'è cosa più cara della propria libertà e non c'è cosa più meritoria del sacrificio di essa. Tre sono le libertà principali:
libertà di volere, libertà di godere, libertà di disporre.
Si sacrificano tali libertà con i voti di povertà, castità ed obbedienza.
Non è completo il nostro sacrificio a Dio senza questi tre voti o, per lo meno, senza l'osservanza di essi se anche non vengano fatti. Per questo i cristiani fervorosi li fanno nella seconda età.
1) Non viene soppressa, ma perfezionata l'osservanza dei doveri generali cioè dei dieci comandamenti, dei cinque precetti e dei doveri del proprio stato.
Il prete diventa più zelante per le anime, più attento nell'amministrazione dei sacramenti e nella celebrazione della Messa;
la suora di carità più caritatevole nella cura degli ammalati;
l'impiegato più coscienzioso e più laborioso;
l'uomo di legge più giusto; ecc.
Si vanno ricercando più attentamente i propri difetti per correggerli.
Non ci si offende verso chi ce li fa rilevare, anzi si è loro grati.
S. Giovanni Berchmans pregava insistentemente i suoi compagni a fargli rilevare i suoi difetti e prometteva molte preghiere a chi gliene avesse fatto notare qualcuno.
Non spinge più il timore del peccato mortale e dei castighi di Dio, ma il desiderio di non volere minimamente offendere Dio.
2) Si sceglie lo stato più perfetto, cioè duello religioso. Il cristiano fervoroso cerca, se gli è possibile, di entrare in un ordine o in un Istituto religioso.
Se non gli è più possibile e si convince di poter fare bene nella società restando nello stato secolare, si fa un programma preciso di vita cristiana ed emette privatamente i voti, sforzandosi quindi di viverli almeno nello spirito.
3) Ci si adatta allo stato già scelto o impostoci. Quando non siamo più padroni del nostro destino, o per non poter più ritornare sui nostri passi o perché su di noi c'è una volontà superiore che non ci rende liberi di far quel che vogliamo, non resta che cercare la nostra santificazione nello stato in cui ci troviamo.
Satana ci vuol far perdere la perfezione possibile a noi, suggerendoci ideali grandiosi e impossibili, circostanze irreali (se fossi lì o in quello stato, ecc.) e progetti ipotetici.
Bada a perfezionarti nello stato in cui ti trovi; con quei parenti forse irritabili o insopportabili, con quello stato di salute che non ti permette di fare quell'apostolato o quelle penitenze che vorresti fare e forse non te ne permette affatto, con quella povertà che non ti permette di fare grandi iniziative.
Quando ti sarà possibile fare di più farai di più; quando ti sarà possibile scegliere stato e circostanze migliori le sceglierai.
Quando non ti è possibile fare altro, almeno per il momento, è indice che Dio vuole che tu compia il tuo lavoro in quello stato e in quelle circostanze.
Salute, incomprensioni, maltrattamenti, strettezze, occupazioni sono da Dio disposti per la nostra santificazione.
4) Si cerca di far bene ciò che si fa. L'imperativo dei santi è: « Fa' bene quel che fai ». A tal fine bisogna applicare:
a) L’attenzione materiale. Chi fa male le sue azioni non può offrirle a Dio.
La sua offerta in tal caso sarebbe simile a quella di Caino che, invece della benevolenza attirò la maledizione di Dio.
b) L'attenzione spirituale, facendo tutto per amor di Dio.
Lavora non per il denaro, la comparsa o altro, ma per Iddio; studia non per la promozione, per il diploma, ma per Iddio; mangia non per il gusto, ma per Iddio; riposa per lo stesso motivo, ecc.
Poche volte abbiamo nella vita occasione di fare grandi cose, ma abbiamo sempre l'opportunità di farne delle piccole. L'arte non sta nel far cose piccole o grandi, ma nel farle bene. La bravura o l'imperizia possono spiccare sia nelle cose grandi, che nelle piccole, sia nel fare un palazzo che nel fare una miniatura. I rozzi badano alla mole, i civili all'arte.
Dio che è il sommo artista ed il sommo giudice d'arte non bada alle mansioni da noi occupate sulla terra, né alla mole delle opere da noi fatte, ma alla perfezione con cui le abbiamo fatte.
In una vita fatta di piccole cose (per es.: lavori di casa, impiego, catechismo, cura d'anime) ci può essere la stessa perfezione che nel fare grandi opere, grandi predicazioni o nel governare una diocesi o tutta la Chiesa.
Il più oscuro operaio del Signore può avere la gloria del più grande Papa e più ancora, se ama e serve meglio il Signore. Questa è la verità più consolante della fede.
Se c'è una condizione di privilegio è quella di soffrire di più, di stancarsi di più nel lavoro, di amare di più. Come Iddio ha impiegato e fatto risplendere tutta la sua sapienza e potenza nelle stelle; come negli atomi, nel baobab come nel fiorellino, nell'elefante come nel moscerino; così noi dobbiamo impiegare tutta la nostra diligenza ed il nostro amore nel fare qualunque cosa, sicché tutto da noi proceda perfetto.
***
ILDEBRANDO A. SAN-ANGELO
Nessun commento:
Posta un commento