“Avendo fatta la Comunione, mi tenevo stretto al cuore il mio dolce Gesù e dicevo: “Vita mia, quanto vorrei fare ciò che facesti Tu stesso nel riceverti Sacramentato, affinché Tu possa trovare in me i tuoi stessi contenti, le tue stesse preghiere, le tue stesse riparazioni”.
E il mio sempre amabile Gesù mi ha detto: “Figlia mia, in questo breve giro dell’Ostia Io racchiudo tutto e, perciò, volli ricevere Me stesso, per fare atti completi che glorificassero il Padre degnamente, (per)ché le creature ricevevano un Dio, e davo alle creature (il) frutto completo della mia Vita Sacramentale; altrimenti (l’Eucaristia) sarebbe stata incompleta, per la gloria del Padre e per il bene delle creature. E perciò in ogni Ostia ci sono le mie preghiere, i ringraziamenti e tutto il resto che ci voleva per glorificare il Padre e che la creatura doveva farmi. Sicché, se la creatura manca, Io in ogni Ostia continuo il mio lavorio, come se per ciascun’anima ricevessi un’altra volta Me stesso. Onde l’anima deve trasformarsi in Me e fare una sola cosa con Me, e fare sua la mia Vita, le mie preghiere, i miei gemiti d’amore, le mie pene, i miei palpiti di fuoco, che vorrei bruciare e non trovo chi si lasci in preda alle mie fiamme. Ed Io in quest’Ostia rinasco, vivo e muoio; mi consumo e non trovo chi si consumi per Me, e se l’anima ripete ciò che faccio Io, mi sento ripetere ciò che faccio Io, come se un’altra volta avessi ricevuto Me stesso, e vi trovo gloria completa, contenti divini, sfoghi d’amore che mi pareggiano, e do all’anima la grazia di consumarsi della mia stessa consumazione”. (Vol. 11°, 24.02.1917).
Nessun commento:
Posta un commento