Pratica di questo esercizio di adempire la volontà divina.
Ho voluto inculcare tanto diffusamente l'obbligazione, soavità e importanza che è in soggettarsi alla volontà divina, perché in questo consiste tutta la perfezione e unione con Dio; e importa sommamente formar un alto concetto e stima di questo esercizio per conseguirlo più brevemente. Io penso che se uno fin da principio penetrasse vivamente l'obbligazione e l'importanza che vi è di far solo la volontà di Dio e non la propria, abbrevierebbe molto il viaggio; perché se subito si applicasse ad esso, avrebbe il mezzo più efficace per far bene gli altri esercizii e mettere in opera tutte le altre virtù. È chiaro che se uno si determinasse con una perpetua e invincibile risoluzione «io devo fare e volere in tutto e per tutto quello che Dio vuole da me, e non ho da attendere al mio gusto né al mio affetto,» questi sarebbe mortificato, vedendo che Dio vuole quello da lui; sarebbe umile, paziente, divoto, ritirato, astinente, casto, perché questo è quello che pretende da noi Iddio, e come dice S. Paolo: «Questa è la volontà di Dio, la nostra santificazione» (Tess. 1.4. 3); e così farebbe un grande avanzamento.
Per il che io raccomando a tutti e chieggo, per amor di Gesù Cristo, principalmente ai religiosi e alla gente di spirito che, giacché essi si danno ad alcuni particolari esercizi e cercano di riuscire in una o in un'altra virtù, facendo prove e diligenza particolare per conseguirla, pongano principalmente tutte le loro forze e ingegno, e la loro mira particolare in fare stima della volontà di Dio, in conoscerla ed eseguirla, senza indugio, né risparmio di cosa alcuna; la quale sollecitudine devono porre nella direzione dello stato e occupazione della loro vita in generale, ma in tutte le azioni particolari e singolari per piccole che siano, riguardando in ciascuna a Dio e fissando gli occhi nella sua santissima volontà; la quale devono avere per unica regola di tutte le loro azioni, considerando in ciascuna opera: Questo vuole Dio ch'io lo faccia, o no? E se conosce che non è volontà di Dio, non lo fare per tutto il mondo; ma se è cosa che Dio gusta che si faccia, come sono le opere di virtù, si deve subito volere e fare ciò Dio vuole che si faccia. Pongo l'esempio dell'orazione. Con quale riverenza, umiltà, fervore, attenzione vorrebbe Dio ch'io la facessi? E procurar di farlo così.
Se è opera particolare, che il superiore comanda, considerare con quale obbedienza vuole Dio ch' io adempisca questo, con quale semplicità, fervore, prontezza, fortezza, gusto, perseveranza. E così nelle altre opere aver riguardo alla loro sostanza, se sono di gusto di Dio; e subito considerare le circostanze, con le quali vuole Iddio che si facciano. E se l'opera sarà per sé stessa indifferente o sarà necessario il farla, procuri di coronarla con questa buona intenzione e di farla per amor di Dio, perché con questo innalzerà l'opera, che per sé stessa non varrebbe niente, a grado molto alto di merito. E non si deve perdere tanto gran guadagno per trascuratezza d’offerire le opere a Dio e regolarle secondo il suo santissimo volere, col quale opereremo sopranaturalmente le azioni naturali, e le virtuose di minori virtù si faranno tutte di carità. Stiamo sempre apparecchiati ad adempire il gusto divino, e in nulla la propria nostra volontà, così nelle opere esteriori, come nelle interiori, così nelle grandi, come nelle piccole, anche nel più piccolo pensiero e movimento del cuore, dirizzandole e livellandole con questa unica regola di vera prudenza, che è quello che Dio vuole e facendo sempre quello, che dice Davide: Siccome gli occhi di una serva stanno fissi nelle mani della sua padrona, così i nostri occhi stanno posti nel Signore (Salm. 122. 2). Se avessimo mille intelletti e mille occhi, in questo dovremmo occuparli: così fanno gli angeli e quei sacri animali dell'Apocalisse e i sovrani Cherubini pieni di occhi di dentro e di fuori. Onde con mille avvertenze, con mille intenzioni e sollecitudini, dobbiamo andar considerando il beneplacito divino, tenendo sempre tesi gli occhi per vedere quello che Dio vuole, ripetendo molte volte quello che disse S. Paolo: «Signore. che volete ch'io faccia?» In questo adunque si ponga particolare attenzione; di questo si faccia l'esame particolare; a questo abbiamo divozione principale; questo sia l'occupazione delle nostre potenze; questo sia il lavoro di tutta la nostra vita.
Non si aspetti, quando usciremo di qua; ma fin d'ora facciamo con gran fervore e amor di Dio quello che dobbiamo continuare per una eternità; facciamo in terra quello che fanno i Beati in cielo, che è quello che ogni giorno domandiamo nel Pater noster, siccome lo faceva S. Geltrude, a cui non usciva mai altro dalla bocca e dal cuore che «non si faccia la mia, ma la tua volontà». La qual divozione gliela insegnò Cristo nostro Redentore, incaricandola di consacrare a lui tutte le opere. ripetendo quelle parole più spesso che poteva; e non solo in generale quello che leggeva e scriveva, ma ciascuna parola e lettera da per sé; né solo il mangiare e il bere, ma ciascun boccone e sorso che faceva; e tutte le parole che diceva, tutti i passi che faceva, tutte le volte che respirava, affinché in questa maniera stesse sempre intenta a non far che la volontà divina.
Con questo esercizio vivrà l'anima divota con una eccellente, fruttuosa e facile presenza di Dio, non stancando l'intelletto e l'immaginazione, ma deliziando il cuore con fini atti di amore; perché non solo andrà amando il suo Creatore con amore di carità assai unitivo, ma operando continuamente con amor di Dio, che é l'ultimo termine dell'amore. E così praticherà continuamente la mortificazione, che é la prova del fino amore, negando sempre la sua volontà, secondo il detto di Cristo: Se alcuno vuol venire dietro di me, rinneghi sé stesso (Matt. 16. 24; Luc. 9. 23). E oltre all'uso della mortificazione, avrà un continuo esercizio di perfetta rassegnazione, annichilazione, unione e trasformazione, stando disposto ad ogni cosa e tutto rimesso nelle mani e gusto di Dio e spropriato totalmente del suo, unendosi ogni giorno più col suo Creatore, poiché si spoglia di se stesso e di ogni suo volere, per fare il volere di Dio. Avrà parimenti una grande purità di cuore, perché non vi può essere alcun affetto disordinato dove non si attende ad altro se non al gusto di Dio, col lume del quale si riconosce subito qualsivoglia disordine. Finalmente in questa conformità nella divina volontà consiste la Somma della perfezione e di tutte le virtù, ed è la strada più breve, più universale, più sicura, più meritoria di tutte, ed è la regola universale dell' altre, e il compendio della disciplina e vita spirituale, che in un dettame e in una regola sola comprende tutta la sua dottrina
Ultimamente si deve, avvertire, come importerà grandemente che le orazioni giaculatorie (le quali, secondo il consiglio dei santi, bisogna fare tra il giorno) siano quelle, le quali, abbiamo detto, raccomandò Nostro Signore a S. Geltrude e ad altri santi e generalmente a tutta la Chiesa nell'orazione che ci insegnò, e il medesimo Signore aveva costume di ripetere spesso, come fece alcune volte nell'orto, dicendo al Padre che si facesse la sua volontà e come egli voleva. E così noi dobbiamo sempre avere nella bocca e nel cuore queste parole: Padre nostro, sia fatta la tua volontà così in terra come in cielo, le quali parole, perché siano dette con frutto, non si devon dir solo per modo di lode e di benedizione a Dio e di affetto amoroso di conformità a lui, ma anche per modo di preghiera e di petizione, nata da zelo della gloria di Dio e dell'amor del prossimo, supplicando in essa Dio che tutti gli uomini in terra facciano la sua santissima volontà, poiché pei nostri fratelli non possiamo chiedere cosa migliore. Con ciò si unirà insieme in questa breve orazione la carità di Dio e del prossimo. Dimodochè per mezzo di esso l'anima si starà unendo e conformando con pio, lodandolo, benedicendolo, e magnificandolo, e insieme starà facendo bene al prossimo, orando continuamente per i suoi fratelli, per tutta la Chiesa, per tutto il mondo, chiedendo per ciascuno e per tutti quella cosa che possa esser per loro di maggior bene, e quello di che hanno più bisogno ed è loro più importante; il che è un atto di avvantaggiato merito.
P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J.
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