Materia delle espiazioni: immortificazioni della lingua. - Durando, religioso benedettino. Le suore Geltrude e Margherita. - S. Ugo di Cluny ed il violatore del silenzio.
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Un altro difetto, da cui il cristiano che vuole schivare i rigori del Purgatorio deve molto guardarsi, perché facilmente vi si cade, è l'immortificazione della lingua. Oh! quanto è facile fallare nelle parole! Quanto è raro parlare a lungo senza proferire qualche parola contraria alla dolcezza, alla umiltà, alla sincerità, alla cristiana carità! Le stesse persone pie sono soggette a questi falli; quando sfuggirono a tutte le altre insidie del demonio, si lasciano prendere, dice san Girolamo, in un'ultima rete, la maldicenza. Ascoltiamo ciò che riferisce in proposito Vincenzo di Beauvais (44).
Quando il celebre Durando, che nell'undecimo secolo illustrò l'Ordine di S. Benedetto, era ancora semplice religioso, si mostrava un modello di regolarità e di fervore; ma aveva un difetto: la vivacità del suo spirito lo portava a parlar troppo; eccessivamente amava la parola ridendo spesso alle spese della carità. Ugo, suo abate, gli fece su questo oggetto correzioni, predicendogli pure che, se non si correggeva, certamente avrebbe avuto nel Purgatorio a scontare queste giovialità fuor di luogo.
Durando non diede troppa importanza a questi avvisi, e continuò ad abbandonarsi senza tanto freno allo sregolamento della lingua. Dopo la sua morte, si realizzò la predizione dell'abate Ugo.
Durando apparve ad un religioso suo amico, supplicandolo d'aiutarlo colle sue preghiere, perché era crudamente punito per l'intemperante suo linguaggio. In seguito a questa apparizione, si riunì la comunità, si stabilì d'osservare, per otto giorni, un rigoroso silenzio, e di praticare altre buone opere, per sollevare il defunto. Queste caritatevoli preghiere produssero il loro effetto: dopo qualche tempo, Durando comparì di nuovo per annunziare la sua liberazione.
Il fatto seguente è tolto da Cesario (45). «In un monastero dell'Ordine dei Cistercensi, dice quell'autore, vivevano due giovani religiose, per nome suor Geltrude e suor Margherita. La prima, sebbene d'altra parte virtuosa, non vigilava abbastanza sulla sua lingua; frequentemente violava il prescritto silenzio, alcune volte anche nel coro, prima e dopo l'uffizio. Invece di raccogliersi con rispetto nel luogo santo e di preparare il suo cuore alla preghiera, si dissipava rivolgendo a suor Margherita, che le stava al fianco, inutili parole, di modo che, oltre alla violazione della sua regola ed alla mancanza di pietà, era per la sua compagna un soggetto di scandalo. Morì ancor giovane, ed ecco che poco tempo dopo la sua morte, suor Margherita, andando all'uffizio, la vede. venire essa pure a sedersi nello stallo che occupava vivendo.
«A quella vista la suora fu per svenire. Ripresi i sensi, raccontò alla sua superiora quanto vedeva.
Questa le disse di non inquietarsi; ma, se ricompariva la defunta, di chiederle in nome del Signore la causa della sua venuta.
«Ricomparve difatti l'indomani, allo stesso modo, e, secondo l'ordine della superiora, Margherita le disse: «Mia cara suor Geltrude, donde e vieni e che vuoi? - Vengo, rispose ella a soddisfare alla divina giustizia nel luogo ove peccai. «E' qui, in questo santo luogo, consacrato alla preghiera, che offesi Dio con parole inutili e contrarie al religioso rispetto, col cattivo esempio dato alla comunità, e collo scandalo che diedi a te in particolare, Oh! se tu sapessi, e aggiunse, quanto soffro! sono divorata dalle fiamme; soprattutto la mia lingua ne è crudelmente tormentata». Scomparve quindi dopo di aver domandate preghiere».
Quando S. Ugo, che nel 1409 succedette ad Odilone, governava il fiorente monastero di Cluny, uno dei suoi religiosi che era stato poco fedele alla regola del silenzio, venuto a morire comparve al santo abate per implorare il soccorso delle sue preghiere. Aveva la bocca piena di schifose ulceri, a punizione, diceva, delle sue parole inutili. - Ugo ordinò a tutta la sua comunità sette giorni di silenzio, che si passarono nel raccoglimento e nella preghiera. Allora di nuovo comparve il defunto, liberato dalle ulceri, colla faccia raggiante, a testificare la sua riconoscenza pel caritatevole soccorso ricevuto dai suoi confratelli.
Se tale è il castigo delle parole semplicemente oziose, quale sarà quello delle parole più colpevoli?
Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G.
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