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domenica 5 aprile 2020

TESORI DI RACCONTI



Non aspettate il domani  

Nel carcere cellulare della Roquette in Parigi, avvicinandosi la Pasqua, il cappellano dei detenuti, radunatili tutti, e ricordato loro il dovere di accostarsi ai Sacramenti, li invitò a prepararvisi e fare scrivere i loro nomi. Tutti si presentarono, eccettuato uno solo, giovane di diciassette anni. Il cappellano andò l’indomani a vederlo nella sua celletta, e gli disse:  

- Ebbene; avete dimenticato di farvi scrivere per la Pasqua?  

- Oh no, ci ho pensato, ma ... non ho voglia... non son preparato ... - Vi aiuterò io stesso, non dubitate, lasciatevi scrivere nella lista, e poi... - No, no, più tardi, vedremo forse ... ma adesso ... Oh giusto! l'anno venturo. - L'anno venturo? ma siete certo di essere ancora vivo? E poi, il dovere vi corre anche quest'anno ... - Basta così: farò la Pasqua l'anno venturo: quest'anno no. - Il cappellano si ritirò contristato, ma non credette bene di insistere più oltre. All'indomani scese alle celle dell'infermeria per vedere un altro detenuto, anch'esso di diciassette anni, ed a cui si erano amministrati i Sacramenti un cinque o sei giorni prima. Passando nel corridoio, vide sulla porta vicino alla cella del suo malato il numero del detenuto che il giorno avanti aveva rifiutato i Sacramenti. Era dunque malato e trasportato all'infermeria. Stupito il cappellano apre la porta, e vede il giovane pallido in volto, cogli occhi chiusi, le braccia immobili sopra le coltri ....  

- Oh che è stato? Ieri mi sembravate sì bene in salute, ed oggi siete all'infermeria? Come va? - Il giovane non risponde. Il cappellano si accosta ...  

- O Dio! sta male costui. - Esce, chiama la suora ed il medico; medico e suora son lì...  

- Sarà una sincope, dice la suora. Ma si riavrà ... non è che un'ora che è qui, e non può essere gran cosa, un po' di emicrania ...  

Si accosta il medico: - Non ha più polso ... il cuore non batte più ... non respira... è morto!  

- E il giorno prima aveva rifiutato i Sacramenti!... Nella cella vicina il secondo malato era steso sul lettuccio dei suoi dolori, ed i sintomi forieri di morte si dipingevano nel suo volto.  

- Padre, disse egli con voce languida, allorché vide entrare il cappellano: sono tanto contento! di qui a non molto io morirò, e spero, sì, che andrò con Dio. Dacché ho ricevuto i Sacramenti sono così tranquillo ...  

- Il cappellano voleva dargli qualche speranze di guarigione, ma il giovine disse: - No, non mi dite questo: amo meglio morire adesso, perché vivendo e ritornando fra i pericoli del mondo potrei ancora perdere l'anima mia ... Oh no, è meglio morire adesso.  

- E in quella stessa sera, l’anima di quel giovane, così diversa da quella del suo compagno, si presentava dinanzi al tribunale di Dio, ed i due cadaveri si trovarono l'un presso l'altro nella cappella del carcere e nella fossa del cimitero; lasciando i lor compagni a meditare sulla incertezza dell'ora della morte, sulla brevità della vita umana, e sul non differire la conversione, perché chi ha tempo non deve aspettare tempo.  

DON ANTONIO ZACCARIA 

domenica 8 marzo 2020

TESORI DI RACCONTI



Il derisore deriso.  

A certi sprezzatori della Religione niuna risposta sta meglio di quella che poco tempo fa diede una contadina ad un tale, che voleva menar vanto della sua miscredenza. Passarono due contadine in un giorno di festa per la piazzetta del Corpus Domini in Torino, e volevano andare in Chiesa; ma non essendo pratiche della città, non sapevano che la chiesa che cercavano era appunto quella che avevano davanti agli occhi. Ne domandarono ad un uomo grasso e paffuto che per avventura si presentò loro il primo, il quale disse:  
- La chiesa del Corpus Domini è questa; ma che volete andare a far là dentro?  
- Vogliamo andare a pregare, risposero esse: ci viene detto che è una chiesa molto devota.  
- Eh! buone donne, fareste meglio ad impiegare diversamente il vostro tempo: vedete, io non vado mai in chiesa e ciò nullameno sono grande e grosso, e sto a meraviglia.  
- Oh! di questo non mi stupisco, ripigliò allora una di quelle contadine, mio padre nella stalla ha un maiale che è più grasso di lei; ed anche questo maiale si è fatto un così bell'animale senza mai santificare la Festa.  
E lasciato lì sulla piazza come un cavolo quello sciocco, andarono in chiesa ridendo della figura che gli videro fare nel sentirsi dare una sì inaspettata ma meritata risposta. Impariamo da queste due povere contadine a superare il rispetto umano non facendo alcun conto di certe massime moderne.  

DON ANTONIO ZACCARIA 

mercoledì 26 febbraio 2020

TESORI DI RACCONTI



Monsignor di Sibour.  

Un operaio di Parigi, cui le vicende politiche, che agitavano la Francia, avevano disamorato del lavoro e della fatica, si era dato ad una vita oziosa e vagabonda, con grave danno della povera sua famiglia, che veniva ogni dì più languendo per la miseria. Al nostro operaio dispiaceva assai il vedere la moglie e i figli ridotti a sì deplorabile condizione: ma anziché risolversi a levarsi dall'ozio e a riprendere il lavoro, amava meglio di pigliarsela contro i preti, dicendo che erano oziosi e che vivevano lautamente a spese del povero popolo. Un giorno, dopo avere, secondo l'usato, scagliato mille ingiurie contro i preti, scrisse tutto acceso d'ira una lettera a Monsignor Sibour, Arcivescovo di Parigi, nella quale mettendolo in canzone e pungendolo con fieri sarcasmi, gli diceva: venisse a vedere, egli che tanto parlava del popolo senza conoscerlo, venisse a vedere a qual infelice condizione era ridotta la famigliola del povero artigiano. E conchiudeva: colle solite frasi: che era ora di finirla, che non dovevano alcuni guazzare nell'abbondanza, mentre gli altri languivano nella miseria. Poche ore dopo un prete venerando batte alla porta dell'operaio: entra, era Monsignor di Sibour in persona.  

L'operaio rimane attonito a questa visita inaspettata, e non sa che si dire. - La famiglia dell'artigiano non è così desolata, come si crede, disse il prelato: io vedo qui cinque bei fanciulli in ottima salute, e una tenera madre che va loro prodigando le amorose sue cure. - Sì, tutto va bene, rispose rabbiosamente l'operaio, ma non ci è pane per sfamarli! - Ah! Monsignore, gridò allora la moglie, egli non vuol più lavorare, ha messo in pezzi tutti i suoi utensili. - Siete in errore, mia cara, ripigliò prontamente a prelato, vostro marito è dolentissimo di ciò che voi dite; lo ha fatto in un momento di sdegno; mi ha scritto una lettera; egli è fermo di darsi nuovamente al lavoro, ma mancando degli strumenti, prega me a volerglieli comperare. Io stesso mi sono condotto qui per farlo contento.  

- Indi volgendosi all'operaio: Figliol mio, domani va nella tale bottega, la troverai fornita degli attrezzi necessari pel tuo mestiere: mettiti a lavorare, la bottega sarà la tua e gli attrezzi io te il dono.  

- L'operaio fu colpito alle parole del venerando prelato; l'ingegnosa sua carità fu come un raggio divino, che rialzò l'anima sua dall'abiezione in cui era caduta. Si guardò bene dallo smentire il suo arcivescovo; gli si prostrò innanzi, gli baciò piangendo la mano, e il giorno appresso entrò nella sua bottega per non lasciarla mai più.  

Il giorno della morte di Monsignor Sibour un artigiano chiedeva a calde lacrime di vedere ancora una volta le spoglie del suo arcivescovo. Era il nostro operaio che voleva per l'ultima volta rendere omaggio di affetto e di riconoscenza all'ingegnosa carità del suo venerando pastore. 

DON ANTONIO ZACCARIA

sabato 15 febbraio 2020

TESORI DI RACCONTI



Il beneficio della Confessione.  

Il celebre medico Tissot dava in Losanna i soccorsi dell'arte sua ad! una signora giovane e forestiera, la ma l'atti a della quale giunse ad un punto molto pericoloso. Istruita del suo pericolo e tormentata dal rammarico di morire sì giovane, ella si abbandonò a violente agitazioni e ai trasporti della disperazione. Il medico giudicò che questa nuova scossa abbrevierebbe ancora di più la sua vita; e, secondo l'uso, avvertì che non vi era tempo da perdere per amministrarle i Sacramenti e i soccorsi della religione. Un sacerdote vien chiamato: l'inferma l'ascolta, e riceve, come il solo bene che le resta, le parole di consolazione ch'escono dalla bocca di lui. Ella si calma, si occupa di Dio e dei suoi interessi eterni, e riceve i Sacramenti con una grande edificazione. L'indomani mattina il medico la vide in uno stato di pace e di calma che lo sorprese; trova la febbre diminuita, vede i sintomi cangiati in meglio, e ben presto la malattia cede. Il protestante Tissot, si compiaceva di ripetere questo fatto ed esclamava con ammirazione: «Qual è dunque la potenza della confessione presso i cattolici»!  

DON ANTONIO ZACCARIA 

martedì 28 gennaio 2020

TESORI DI RACCONTI



Mezzo ingegnoso da una cattiva abitudine .  

Una religiosa del Buon Soccorso si trovava un giorno al capezzale d'un generale malato, ch'ella era chiamata a servire. Tutto ad un tratto ode uscire dalla bocca del vecchio soldato una di quelle parole che son troppo famigliari a tanti uomini di guerra. La religiosa strabilia:  

- Che c'è, signore?  

- Nulla, sorella, risponde il generale, la gotta mi fa orribilmente soffrire, e questa è la maniera di esprimere ciò che soffro. Un momento dopo, una bestemmia più orrenda ancora si fa sentire; la religiosa non può più:  

- Oh signore, esclama ella, nel mio convento non mi è stato insegnato a dire simili cose; se continuate ad usare di tali espressioni, io mi ritirerò e vi servirà chi vorrà!  

- Ma restate sorella.  

- A condizione che non bestemmierete più.  

- Ma non posso fare a meno; è una vecchia abitudine di caserma, non posso svezzarmene.  

- Voi potreste con un po' di buona volontà, ma giacché io sono qui, vi aiuterò... Ecco, signore, io vedo molte monete da cinque franchi nella vostra borsa, che sta qui su questa tavola: ne prenderò una se volete, per i poveri, ogni volta che vi succederà di bestemmiare.  

- Se non volete che questo, sia - rispose il generale, che non metteva una grande importanza alla proposizione. - Tutto andò bene per un po', ma ecco tutto ad un tratto la gotta si fa sentire, e il generale esprime il suo dolore con una moneta da cinque franchi.  

- Eh! che fate, sorella?... - esclamò il generale, che si era dimenticato di tutto.  

- Non vi ricordate, o signore, che secondo la nostra convenzione ciascuna delle vostre bestemmie deve fruttare cinque franchi ai poveri?  

- Il generale abbassò la testa; egli aveva acconsentito alla punizione, bisognava subirne le conseguenze. Sotto una tale impressione egli stette due ore senza dire alcuna parolaccia. Dopo questo tempo, gli sfuggì una bestemmia: la borsa si aprì ancora sotto i suoi occhi, e cinque franchi passarono in mano della religiosa. Per farla corta, malgrado l’attenzione che vi metteva il vecchio soldato, cinque o sei monete d'argento andarono così a profitto dei poveri. La sera esaminando la sua borsa trovò che le sue bestemmie costavano troppo, e si propose di diminuirle l'indomani: infatti due o tre solamente gli sfuggirono, e i giorni susseguenti appena gli succedeva di dirne una. Fu egli corretto del tutto? Non saprei dirlo; ma la penitenza ebbe sempre il meraviglioso effetto di correggerlo del maledetto vizio della bestemmia e dei cattivi discorsi per tutto il tempo che durò la malattia, e senza sapere ciò che avvenisse più tardi sarei inclinato a credere che avrà influito su tutto il resto della sua vita.  

Quante persone abbandonerebbero le male abitudini che hanno contratte, se di buon animo facessero la penitenza che il confessore, come buon medico, loro impone nella S. Confessione!  

DON ANTONIO ZACCARIA

sabato 4 gennaio 2020

TESORI DI RACCONTI



Il fine dell'uomo.  

Laura Bonaventura era una nobilissima donzella romana dotata di rara bellezza, di straordinari talenti, di gran vivacità di spirito e affabilità di maniere. Si era ritirata nel celebre monastero di Torre di Specchi più per capriccio e bizzarria, che per spirito di vera vocazione, e viveva quindi in esso più da mondana che da monaca. Senza ritiratezza, senza divozione, senza osservanza delle regole, ella non pensava che a comparire, ed attirarsi le lodi pel suo spirito, per la sua avvenenza, e a menare una vita geniale e di bel tempo.  

Avendo determinato quelle monache di fare alcuni giorni di ritiro per meditare seriamente le massime eterne nei santi Esercizi Spirituali, Laura si pose in aperta contradizione colle compagne, e protestò altamente, che ella non voleva saperne di tanti ritiri e meditazioni. Nascondetevi pure, diceva loro beffandole, rintanatevi nelle vostre celle; io non voglio tanti scrupoli, né tante malinconie: mi basta di esser monaca, non voglio farmi romita. A voi, tutte spirituali, lascio le contemplazioni e le estasi, io, terrena e mondana, mi rimango nelle mie solite occupazioni.  

Contuttociò, cominciati gli Esercizi, si sentì mossa quasi per forza da una voce interna ad assistere almeno alla prima meditazione che veniva proposta. Era la meditazione del fine dell'uomo. Ne provò un'impressione vivissima; e profondandosi sempre più in quella grande verità che siamo stati creati da Dio e posti qui in terra per servirlo, amarlo e farci salvi, che questa è l'unica cosa necessaria, e tutto il resto vanità, si recò subito ai piedi del Direttore, e gli disse poche ma risolute parole: - Padre, non bisogna più scherzare con Dio: io voglio ad ogni costo farmi santa, anzi gran santa e presto. Voleva più dire, ma fu impedita da un profluvio di lagrime.  

Fece poi una confessione generale di tutta la sua vita, e scrisse e pose ai piedi del Crocifisso un'intera donazione di sé stessa. Rinunziò a tutte le vanità, e con somma meraviglia ed edificazione delle compagne, intraprese davvero una vita ritirata, devota, umile, mortificata, penitente ed esemplare, che continuò santamente fino alla morte: lasciando un bell'esempio a tutti del come giovino i SS. Spirituali Esercizi, e di quanto sia proficuo il meditare sul fine dell'uomo. 

DON ANTONIO ZACCARIA

giovedì 12 dicembre 2019

TESORI DI RACCONTI



Giudizio di Dio in sogno!  

Un giovane nobile e ricco, conoscendo il mondo per quell'ingannatore che è, stabilì di lasciarlo e farsi religioso. Insorsero a frastornarlo mille ostacoli; i parenti e gli amici con le preghiere, il piacere, la libertà con le sue lusinghe; ma soprattutto la madre vedova colle istanze, colle lagrime e con tutti gli artifizi dell'amore materno.  

Ma il giovine saldo nel suo proposito, a tutti dava questa sola ma franca risposta: voglio salvare l'anima mia. E alla madre diceva: Voglio salvarmi; sono al mondo, non per godere il mondo, ma per guadagnarmi il paradiso; questo solo importa, tutto il resto non è che vanità: vada dunque tutto, e l'anima si assicuri ad ogni costo.  

Così disse risoluto, e si ritirò in un monastero. Là cominciò il noviziato con tal fervore, che era specchio d'ogni virtù ai monaci più attempati. Ma poi un po' alla volta si raffreddò. Morta in quel mentre la madre, gli si presentano alla mente la pingue eredità che gli spettava, le delizie, gli agi, i piaceri che poteva godere, gli riesce duro il pane, duro il letto, dure le penitenze del monastero e quasi insopportabili, e già sta in procinto di dare indietro e tornarsene al secolo.  

Ma il Signore ebbe pietà di lui, e lo favorì di una grazia speciale. Una notte, mentre dormiva, gli parve di essere condotto al tribunale di Dio. Si vede attorno molti demoni già preparati ad accusarlo, sente dentro di sé i rimorsi della coscienza, che lo condanna, e legge in volto all'Angelo Custode, malinconico e addolorato, il mal augurio della finale sentenza che lo aspetta.  

Poi fra gli altri vede comparire anche la madre, che con volto beffardo gli domanda: - Dove sono quei bei proponimenti che avevi sempre in bocca: Voglio salvar l'anima mia? Oh ecco qui colui che si voleva salvare ad ogni costo! Oh la bella salute che ti sei procurata! Oh il bel Paradiso da te guadagnato!...  

- A tale rimprovero il giovine, pieno di spavento, si svegliò tutto ansante e sudato, più morto che vivo. Il primo pensiero che gli venne fu questo: se il giudizio sognato mi mette tanta paura, quale spavento mi recherà il giudizio vero al gran tribunale di Dio, cui servo sì languidamente? Se non posso soffrire il volto di mia madre, che mi rimprovera un proponimento violato, come soffrirò il volto di un Dio sdegnato, che mi rinfaccerà la mia infedeltà?  

- Ripigliò adunque il primo fervore, e lo mantenne sino alla morte, alla quale giunse carico di anni e di meriti. Arrivato al punto estremo vide di nuovo comparirgli la madre e sentì dirsi: Oh figlio mio, adesso sì che hai salvata davvero l'anima tua! - Tanta forza ebbe la meditazione del giudizio fatta anche dormendo ...  

DON ANTONIO ZACCARIA 

sabato 7 dicembre 2019

TESORI DI RACCONTI



Eroismo d'un prete.  

Ai tempi della Rivoluzione francese il curato Aurain venne avvertito che due carabinieri della repubblica stavano per arrestarlo. Il curato, persona molto agile e robusta, si mette in fuga, ed incontrati i due carabinieri arriva a fuggir loro di mano superando un muro e correndo precipitoso per l'aperta campagna: i due soldati lo inseguivano furiosamente. Arrivato ad un grosso torrente, egli senza esitare si getta nelle acque e lo attraversa nuotando vigorosamente. Uno dei soldati si getta pure nell'acqua per inseguirlo; e intanto il curato guadagnava con gran prestezza una collina, e si trovava al sicuro di non essere più raggiunto. Ma ecco che sente delle grida che implorano aiuto, e volgendo gli occhi dalla cima del colle dove era arrivato, vede l'infelice soldato suo persecutore che si dibatte disperatamente fra le acque del torrente che lo hanno sopraffatto, ed è già in procinto di annegare. Il buon sacerdote che aveva insegnato la carità, predicato il perdono, non fu sordo alle grida di quel suo feroce nemico che domandava soccorso in tanto pericolo. Ritorna indietro di volo, scende dalla collina, si precipita nelle acque e più volte in quelle si immerge profondamente. Egli finalmente comparve sopra di esse trascinando per i capelli l'infelice carabiniere che aveva strappato dal fondo dov’era stato inghiottito. Gli riesce di condurlo alla spiaggia, e trovatolo semivivo fuori dei sensi lo riscalda e con mille premure lo richiama alla vita. Il soldato, ritornato ai sensi riconobbe il suo liberatore, e guardandolo sbalordito non poteva credere agli occhi propri e diceva:  
- Voi siete pure quel prete che io perseguitava e a cui voleva dare la morte! 
Come mai vi siete fatto mio salvatore? Ah! io dunque sono stato ingannato, mentre ho udito dire le tante volte che i preti sono egoisti, senza carità, e che non respirano che odio e vendetta.  
- Mio amico, rispose il curato, voi potete ora toccar con mano se questo sia vero: col salvarvi non ho fatto che il mio dovere. Ogni prete, anzi ogni cristiano, è obbligato a perdonare e a render bene per male, io sono contento d'averlo fatto e ne ringrazio il Signore. Ringraziatelo anche voi, e cessate di perseguitare coloro che, investiti del carattere sacerdotale, rappresentano sulla terra il Dio della Carità.  

DON ANTONIO ZACCARIA 

martedì 26 novembre 2019

TESORI DI RACCONTI



Il povero Giacomo.  

Alla porta di una chiesa di Parigi veniva da molti anni a sedere un vecchio conosciuto sotto il nome di Giacomo, che, mesto e melanconico in volto, chiedeva la limosina ai fedeli che entravano. Un giovane e ricco prete, che celebrava ogni mattina la Messa in quella chiesa, non mancava mai di dargli un po' di sussidio, ed un giorno nell'entrare, non vedendo il suo Giacomo, domandò dove abitasse. Saputolo, si recò ad un meschino casolare non lungi da quella chiesa, batté alla porta, ed una fioca voce rispose: “Avanti»! Il mendico era disteso sopra un pessimo letto col volto pallido, coll’occhio semispento .... Oh! come è buono gli disse il vecchio al vederlo, io non merito visite. - Perché no? Non sapete che è un'opera di misericordia il visitare gli infermi? E poi non ci conosciamo da un pezzo?  

- Ci conosciamo! Ah no, voi non mi conoscete bene, altrimenti ... - E perché? - 
Se mi conosceste, non mi guardereste nemmeno perché sono maledetto da Dio! - Per carità non mi dite simili spropositi: voi maledetto da Dio! Ma perché? 
- Sì, perché ho fatto troppo male! - Confessatevi, e Dio vi perdonerà.  

- Questo è impossibile. - Impossibile? non vi pentite delle vostre colpe? - Ah se mi pento! e piango da ben trent'anni, ma pure non posso avere pace ... 
Sentite: io ero al servizio di una ricca famiglia, quando scoppiò la sì famosa rivoluzione qua in Francia. I miei padroni erano eccellenti, il Conte, la Contessa, il figlio, le due figlie tutti buoni ... ed io li ho traditi ... Si erano nascosti per salvarsi dal furore dei rivoluzionari: io sapeva il luogo e li denunciai per avere le loro sostanze. Miserabile! quegli infelici furono tutti condannati a morte. Io li vidi mettere tutti sul carro, vidi cadere troncate le loro teste .... il solo Contino, perché ancor ragazzetto, fu risparmiato, ma chi sa più che sarà avvenuto di lui!  

– Come si chiamava quel figlio? interrogò il sacerdote, e l’infermo, mettendo un profondo sospiro, rispose:  

- Aveva nome Paolino. Poveretto! mi pare ancor di vederlo con quei capelli biondi piangere e strillare quando fu diviso dai genitori e dalle sorelle ....  

- Mentre il vecchio parlava, il sacerdote inginocchiato accanto al letto si sentiva assalito da forte tremito e lagrimava. Quando si alzò, era pallido come la morte, la sua vece tremava, le mani stringevano convulse la destra del vecchio.  

- Avete ancora, gli domandò, qualche memoria dei vostri padroni?  

- Se ne ho? Quel Crocifisso che pende dal muro era quello del Conte, questa crocetta d'oro che porto al collo era della Contessa.  

- Il sacerdote ognora più commosso e tremante si accosta al malato e gli dice: 
- La misericordia di Dio è senza confini, abbiate fiducia e confessatevi.  

- Il vecchio si confessò, ed il sacerdote, impartitagli l'assoluzione, nell'atto di partire, disse: - Vi ha perdonato il Signore, vi perdono anche io. Sappiate che quelli che faceste uccidere erano mio padre, mia madre, le mie sorelle. Io sono Paolino.  

- Giacomo a quelle parole divenne livido, contraffatto ... cercò di balbettare qualche motto, ma l'accento morì sul labbro. Il sacerdote si avvicinò di nuovo .... Giacomo era spirato!  

Ecco il modo nel quale si osserva il precetto di perdonare a chi ha fatto del male! Ecco una bella risposta ai nemici del Sacerdozio Cattolico!  

DON ANTONIO ZACCARIA 

giovedì 7 novembre 2019

TESORI DI RACCONTI



Morte d'un sacrilego.  

ln una parrocchia di Francia si faceva la festa della prima Comunione dei fanciulli. Era già cominciata la solenne funzione, quand'ecco si vede uno di quei giovanetti, appena ricevuta la santa Particola, cader rovescioni all'indietro sul pavimento. Di subito la gente spaventata corre a rialzarlo: era freddo come un cadavere senza conoscimento e senza parola. Portato a braccia in una casa vicina, è disteso sopra un letto, e si cerca riscuoterlo e rianimarlo. Vengono i medici e si provano a farlo rinvenire ... tutto indarno, - Intanto, terminata la funzione, arriva il Curato, si pone accanto al letto su cui posa il disgraziato fanciullo, lo scuote, lo chiama a nome più volte .... nessun segno di vita. - Ahi meschino! che sia proprio morto? - No; non è morto, ma è sul morire. Dopo molte cure profusegli attorno, si vede finalmente dibattere e tremare, poi aprir tanto di occhi, e guardare come trasognato gli astanti una breve gioia si diffonde su tutti i volti, e il buon Curato, dato appena un gran sospiro di speranza e di consolazione, incomincia a carezzare ed abbracciare il povero fanciullo, e a confortarlo con sante ed affettuose parole: - Figliuolo, ti senti tanto male, non è vero? Eh via! fa cuore; soffri con pazienza! Gesù che poco prima hai ricevuto, è qui ad assisterti. - A questo nome, a questo ricordo il misero fanciullo si fa scuro e livido in volto, pianta due occhi spaventati in faccia al Curato, e prorompe in queste disperate parole: Ah lo so, ho fatto un sacrilegio! - Ciò detto appena, stravolge gli occhi orribilmente, stringe i denti, si dibatte smanioso, e gonfiando il volto e contorcendo la bocca si volta verso il muro e spira.  

DON ANTONIO ZACCARIA 

martedì 22 ottobre 2019

TESORI DI RACCONTI




 Un figlio amoroso  


Un generale invitò un giorno a pranzo inaspettatamente tutti i suoi ufficiali subalterni, e a metà del pranzo uscì fuori col dire, che non sapeva che fosse avvenuto del suo orologio, che poco prima aveva avuto fra mano, e dato a vedere in giro ai convitati, che ne ammiravano la preziosità. La faccenda divenne seria; furono fatte mille congetture più o meno sospettose, e tutti gli ufficiali per mostrare la loro innocenza si alzarono e vuotarono le loro tasche. 
Non ve ne fu che uno, il cui contegno parve imbarazzato. Si fece rosso in volto e senza vuotare le saccocce come gli altri, si limitò a dire che dava la sua parola d'onore, che ei nulla sapeva dell'orologio. A tale protesta, tutta la società parve confusa e malcontenta: si parlò poco insino alla fine del pranzo, e gli invitati partirono presto. La sera medesima ad ora tarda, l'ufficiale, che si era rifiutato dl vuotare le tasche, fu chiamato dal generale, il quale così gli disse benignamente:  

- Vi prego, signore, di perdonarmi se oggi vi ho compromesso: il mio orologio fu ritrovato. Sappiate che la tasca era a caso scucita, e l'orologio era caduto tra la fodera e il panno, senza che me ne accorgessi. Ma permettetemi che vi domandi per qual motivo vi mostraste così imbarazzato, ricusando di vuotar le tasche come gli altri. A tale richiesta un lieve rossore comparve di nuovo sul volto del giovane, e rispose con un mendicato sorriso:  

- In quel punto mi trovava in saccoccia un pezzo di pane e formaggio, che dovevano essere il mio pranzo, non avendo potuto prevedere l'onore di essere invitato alla vostra tavola.  
- La vostra frugalità mi par eccessiva e mi reca meraviglia, ripigliò il generale, deriverebbe essa forse da avarizia!  

- Ah no, generale! - Avete forse debiti da pagare, i quali vi costringano a tanta parsimonia? Veramente no non ho diritto di entrare nei vostri particolari interessi, pure vi sarei grato di tal confidenza,  

- Io non posso rifiutarmi alle vostre brame, o mio signore, e voglio appagarle. 
Sappiate dunque che la mia sobrietà, che vi reca tanto stupore, proviene dall'amore che porto alla vecchia ed ottima mia madre, la quale essendo inferma si trova in bisogno della mia assistenza. Per far qualche risparmio, tre giorni per settimana non mangio a desinare che pane e formaggio, ma di questo sacrificio sono largamente ricompensato pel piacere che provo di poter così soccorrere colei che mi diede la vita. Ecco il vero motivo della confusione che voi notaste. - Il generale, asciugatasi una lagrima, disse con voce commossa:  

- Certo voi siete un buono ed amoroso figliuolo, e dovete quindi essere un prode e valoroso guerriero, e però m'incarico del vostro avanzamento. Da oggi in avanti poi voglio avervi mio commensale giornaliero, affinché possiate ancor meglio assistere vostra madre. E battendogli amichevolmente la spalla: Siamo dunque intesi, mio caro ufficiale, soggiunse: addio, a rivederci domani a mezzodì. Così l'ufficiale esperimentò come Iddio disponga che anche in questa vita venga premiata la pietà verso i genitori, e il generale conobbe quanto convenga andar cauti nel giudicare i propri simili, perché spesso può avvenire che noi riputiamo triste quell'azione che invece è buona.  

DON ANTONIO ZACCARIA 

giovedì 17 ottobre 2019

TESORI DI RACCONTI



1- Tarcisio.  

Nei primi secoli della Chiesa, poche ore prima che i martin fossero dati ai tormenti, di soppiatto veniva loro portato il SS. Viatico da qualche diacono, e nei giorni di maggior pericolo si sceglieva persino un qualche accolito ancor fanciullo, perché meglio deludesse la vigilanza delle guardie dea tiranno. Una volta avvenne che alcuni cristiani, rinchiusi nel carcere Mamertino in Roma, dovevano essere condotti fra poche ore al martirio, e mentre il tempo incalzava, i littori e le guardie giravano attorno come leoni, sì che pareva quasi impossibile il potere recare ai martiri la SS. Eucaristia. Intanto là nelle Catacombe il Pane consacrato era già pronto sull'altare, e il sacerdote, volgendosi ai fedeli che assistevano silenziosi, cercava attorno cogli occhi a chi affidare quell'impresa così trepida e così santa; ed ecco farsi innanzi un fanciullo sui dieci anni, che, inginocchiatosi sul gradino dell’altare, aprì le braccia, e non parlava, no, ma colle labbra aperte, lo sguardo fisso al sacerdote, pareva dicesse: dammelo in grazia, dammelo ..............................

- Tu sei troppo piccolo - disse il santo prete - e volgeva attorno la testa a nascondere la commozione che gli destava quell’innocente creatura. Ma il giovinetto non si muove, sta lì inginocchiato, e gli occhi pria scintillanti di gioia cominciano a riempirsi di lagrime:

- Tu sei ancora bambino! vuoi ch'io ti affidi tanto tesoro?

- Appunto perché son fanciullo a niuno verrà sospetto, e mi sarà più facile portare senza pericolo il SS. Sacramento ai martiri; - e queste parole gli uscivano di bocca così infocate, e si spingeva avanti in atto così pio, così deciso, che il ministro di Dio ne fu soggiogato, e convenne esaudirle; prese il Pane consacrato, e ravvoltolo in un candide pannolino:

- Tarcisio, gli disse, ricordati di ciò che ti affido: sono i misteri di Gesù Cristo! - e questo era il nome con cui allora si chiamavano le Eucaristiche specie. Il giovinetto, giubilante in viso, aperse le braccia e poi serrando al petto il Sacro deposito:

- Han da farmi in pezzi piuttosto che togliermelo! - disse, e col caro Gesù sul cuore partiva pel carcere Mamertino. Moveva frettoloso, cogli occhi bassi, camminando lungo i muri ed evitando gli scontri. Non vi era più che da attraversare la piazza, e Tarcisio studiava il passo, allorché una turba di ragazzi lo vide, e al camminare così timido:

- O Tarcisio, tu qui? vieni a giocare con noi: - e pigliarlo pel braccio e gettarlo nel mezzo a loro fu un punto solo. Non posso adesso, gridava il fanciullo, non posso, ho da compiere una commissione importante; - e dà una spinta per fuggirsene; ma gli altri gli si serrarono addosso villanamente:

- Non ci scappi, ché hai da giocare!
  
- Deh! lasciatemi andare - supplicava il fanciullo, e tra i singhiozzi serrava le braccia al seno:

- Ma che hai qui nascosto? vediamo un po’, che cosa hai; - e già cacciavano le mani brutalmente ...

- Ah! questo poi no, mai, mai! - gridò con forza il fanciullo fissando gli sguardi al cielo.

- Abbiamo da vedere che è questo segreto, - e qui la folla dei curiosi si stipava attorno al fanciullo, che resisteva di tutta forza a cento mani che tentavano strappargli il segreto. In quella passava per colà un giurato nemico della religione di Cristo, che riconoscendo Tarcisio grida:

- Questo giovinetto è un Cristiano che porta i misteri.

- A tali voci la curiosità del popolo non ebbe più misura; pugni, percosse, sassi grandinavano da ogni parte sopra Tarcisio, ma questi non cedeva: il sangue gli usciva dalla bocca, le membra erano rotte, ed ei si batteva ancora come un agnello fra i lupi, quando un soldato arriva di corsa sbarazzandosi la via, menando colpi a destra e a sinistra; gli uni cadono a terra; gli altri vengono sbalzati lungi: tutti poi fuggono dinanzi all'ufficiale di forza erculea, autore di questo improvviso sconvolgimento. Ma il soldato cristiano giungeva troppo tardi: il fanciullo giaceva boccheggiante sul terreno colle membra ferite ed il cranio spaccato dalle pietre; moveva ancora le labbra, e il soldato si inginocchiò tosto presso il giovinetto, e adagio adagio, come una madre col suo bambino lo sollevava:

- Tarcisio, soffri molto? coraggio! - e due grosse lagrime solcavano le guance abbronzate: il fanciullo apre gli occhi, lo vede, e facendo un sorriso da angioletto:


- Sono qui, dice, non li hanno presi i misteri! Il soldato alza di peso quel piccolo corpo, lo prende sulle braccia con un tremore rispettoso, che ben palesava portare un martire ed il re stesso dei martiri. Il fanciullo posava la testa abbandonata sulle robuste spalle di lui; ma le mani sempre incrociate sul petto custodivano sino all'ultimo il tesoro confidato. Il cammino era lungo per tornare alle catacombe, ma il guerriero affrettava il passo, e in breve giunse all'altare. Il venerabile sacerdote non poté frenare le lagrime quando scoperse intatto sul seno di Tarcisio il deposito affidato, e mentre apriva ancora con pena quelle braccia ornai rigide dalla morte, il fanciullo lo guardò sorridendo e spirò. Le reliquie furono deposte nel cimitero dei martiri, e vennero poscia trasportate a Parigi nell'Orfanotrofio di S. Vincenzo de' Paoli.  

DON ANTONIO ZACCARIA