IL CARDINALE
***
Dieci giorni dopo la morte di Pio IV, il Sacro Collegio si radunò nel Quirinale, per eleggere il successore. Pochi conclavi andarono come quello esenti dal controllo e dalle ingerenze di potenze straniere. I cardinali francesi, sorpresi dalla morte imprevista del Papa, non poterono prender parte al conclave; l'imperatore Massimiliano II inaugurava allora il suo regno; il re di Spagna passava il tempo a riflettere.
Nel conclave si faceva particolarmente il nome di San Carlo Borromeo. I numerosi cardinali creati da suo zio lo circondavano di premure, non già per eleggerlo, contando egli solo vent’otto anni, ma per seguire docilmente i suoi consigli. “Nelle sue mani, scriveva uno dei suoi parenti, sta il fare e il non fare” 8 . Ma l'arcivescovo di Milano era troppo virtuoso, per non conoscere qual peso si sarebbe addossato, e come quel peso doveva degnamente portarsi. Il suo amore per la Chiesa lo rendeva incapace di far delle cabale, e se qualcuno aveva qualche velleità di esser Papa, non poteva certo fare assegnamento sul suo voto. Prima di entrare nel Quirinale per trattare dell'elezione, egli volle consultare Dio e la sua coscienza.
L'opulento Farnese avrebbe cinto volentieri la tiara; l'ufficio di vice-cancelliere lo metteva in vista, e favoriva le sue speranze. Ma San Carlo gli fece coraggiosamente intendere che le circostanze richiedevano un Papa di vita esemplare, più stimato per la sua scienza e santità, che non per le sue grandi ricchezze.
Dopo un maturo esame, i due nipoti di Pio IV, Borromeo e Marco Altemps, decisero di appoggiare la candidatura del Morone 9 .
La scelta sembrava eccellente. Questo cardinale aveva chiuso con onore il Concilio di Trento, e la sua esaltazione si poteva ritenere come una giusta ricompensa al suo zelo e ai servigi da lui resi alla Chiesa. Ma contro di lui si fece sentire una forte opposizione.
Diversi elettori temevano che egli, per vendicarsi del poco favore goduto presso Pio IV, perseguitasse gli amici di questo Papa; altri ricusavano il loro voto, non perché il Morone ne fosse immeritevole, ma perché era stato un tempo internato in Castel S. Angelo per sospetto d'eresia.
San Carlo s'immaginava che l'Alessandrino fosse favorevole al Morone, e lo trovò invece contrario. Nessuno, gli disse il Grande Inquisitore, stima più di me il cardinale candidato, tanto ch'egli deve a me il suo ingrandimento e la sua legazione a Innsbruck e a Trento; ma il nuovo pontefice non dovrebbe avere alcuna traccia di condiscendenza verso l'eresia, e sotto questo aspetto il Morone non offre al Sacro Collegio le necessarie garanzie.
La votazione non gli fu favorevole: al candidato di San Carlo Borromeo mancarono quattro voti per la maggioranza richiesta, cosicché quando l'arcivescovo di Milano ebbe saputo che l'Alessandrino aveva indotto anche l'integro e pio cardo Pacheco a negar il voto al Morone, abbandonò la candidatura di questo, e piegò verso il card. Sirleto.
Sirleto, bibliotecario della Vaticana, era uomo di grande sapere e di molta capacità, e a richiesta del cardinal Cervini, legato della S. Sede al Concilio, aveva minuziosamente ricercati e controllati tutti i testi patristici, che dovevano servire ai Padri di quell'augusta assemblea. Il suo aiuto fu tanto prezioso, che il card. Seripando, successore del Cervini, dovette confessare, che “per le sue coscienziose ricerche fatte a Roma, il Sirleto aveva reso al Concilio pili servizi di quanti ne avrebbero potuto rendere cinquanta prelati”.
Le sue belle qualità morali facevano meglio risplendere il suo ingegno, e la sua scienza. L'Alessandrino, consultato da San Carlo, si accordò volentieri sulla candidatura del Sirleto, e fece pressione presso i suoi amici, perché gli dessero il voto. Ma parecchi cardinali obiettarono che le circostanze reclamavano un Papa più attivo che dotto; il grave e malinconico Sirleto, passando bruscamente dai manoscritti al governo, sarebbe stato un pilota inesperto e poco abile.
Delusi e alquanto sconcertati, San Carlo, Altemps, Farnese e Morone s'accordarono insieme.
Il partito contrario a quello del Borromeo si riunì sotto il nome incolore di Montepulciano. L'arcivescovo di Milano, che conosceva la virtù dell'Alessandrino, e sapeva quanto anche lui desiderasse di veder rifiorire la disciplina e di trasfondere nella Chiesa una corrente di vita soprannaturale, fece ai suoi colleghi la proposta di eleggerlo Papa.
“Volete dire l'Inquisitore? soggiunse qualcuno. La Sua intransigenza non otterrà mai la maggioranza. E poi? L'Alessandrino non è forse stato l'amico di Paolo IV e il monitore audace di Pio IV? Se per vendicare la morte dei Caraffa e il discredito in cui fu tenuto, egli facesse delle rappresaglie contro i consiglieri del suo predecessore, nessuno più di voi eviterà il suo rancore”.
Ma qui si rivela l'ammirabile abnegazione di San Carlo. Se si considerano umanamente le cose, queste parole avrebbero certamente commosso un animo meno delicato del suo. Ma egli, superiore a ogni egoismo, protestò che ogni sospetto di meschineria o di rivincita era un affronto alla santità dell'Alessandrino, e, come se fosse guidato da Dio, condusse i suoi colleghi all'appartamento del Ghislieri.
Questi a una simile nuova rimase confuso, afflitto, spaventato, e ricusò senza alcuna esitazione. I tentativi fatti per convincerlo ad accettare furono vani. Intanto, passo passo, i cardinali si diressero verso il conclave, e quasi condotti da una ispirazione divina, si trovarono tutti riuniti, e fatto entrare quasi per forza l'Alessandrino nella cappella, s'inginocchiarono spontaneamente davanti a lui, e con questo atto di deferenza, che sembrava manifestare la volontà divina, lo persuasero ad accettare (7 gennaio 1566). Fra Michele Ghislieri aveva allora sessantadue anni 10 .
Del Card. GIORGIO GRENTE
Nessun commento:
Posta un commento