L’autore, e il modo con cui San Giovanni vide e scrisse l’Apocalisse.
Cap. I, v. 9-12
XIV. Vers. 9. Io Giovanni vostro fratello e compagno nella tribolazione, e nel regno, e nella pazienza in Gesù Cristo, mi trovai nell‟isola che si chiama Patmos, a causa del Verbo di Dio e della testimonianza di Gesù.
Vers. 10. Fui in ispirito in giorno di domenica, e udii dietro a me una grande voce, come di tromba, che diceva:
Vers. 11. Scrivi ciò che vedi in un libro; e mandalo alle sette Chiese che sono nell‟Asia, a Efeso, e a Smirne, e a Pergamo, e a Tiatira, e a Sardi, e a Filadelfia, e a Laodicea.
Terminato il saluto, si procede alla narrazione, dove, trattando della sua persona, del luogo in cui ricevette la rivelazione, del motivo per cui ivi si trovava, del tempo e del modo, attira l‟attenzione degli uditori, come suole avvenire all‟inizio di un‟opera. Io Giovanni vostro fratello non per una parentela carnale, ma per la rigenerazione spirituale operata dal sacramento del batte- simo, vostro fratello nell‟unità e comunione dei santi, nella carità, e in Cristo e per Cristo, che è il padre comune di tutti noi secondo la rigenerazione per la vita eterna. E compagno nella tribolazio- ne, e nel regno, e nella pazienza in Gesù Cristo, perché in Cristo Gesù, come nel capo, si fonda ogni merito e per l‟unità della fede, e la carità, che è la comunione dei santi, discendono per parte- cipazione in tutti i singoli membri i meriti dei giusti, come avviene nel corpo terreno. E compagno nella tribolazione, ovvero fui tormentato, come gli altri Apostoli, a motivo della fede di Cristo, quando subii il martirio per Cristo, per quanto fu in me, in una botte piena d‟olio bollente. E nel re- gno celeste, al quale si giunge attraverso molte tribolazioni, ad imitazione di Cristo che doveva pati- re e così entrare nella Sua gloria. Per cui chi non gli s‟associa nel patimento, non lo sarà neppure del regno. E nella pazienza in Gesù Cristo, ossia a causa di Cristo, che dà la pazienza e ci consola nelle nostre tribolazioni. La tribolazione differisce dalla pazienza, perché la tribolazione (parola che deri- va da tribolo) indica una feroce, varia e lunga persecuzione da parte dei Tiranni, per cui l‟anima pa- ziente viene vessata e la Chiesa geme; la pazienza è invece la sopportazione delle disgrazie che co- munemente accadono ad ogni uomo. La tribolazione, inoltre, sono le disgrazie di ogni genere con cui i Santi di Dio sono oppressi come l‟uva nel torchio. La pazienza al contrario è la virtù con cui sopportiamo con animo forte i malanni. Mi trovai nell‟isola che si chiama Patmos: uscito infatti sano e salvo da una botte piena d‟olio bollente, senza la benché minima ustione, ma unto come il forte atleta, fui relegato in esilio nell'isola di Patmos dall'Imperatore Domiziano, che nell'anno del Signore 82 successe a Tito, suo fratello germano. Lì scrissi per rivelazione divina questo libro dell‟Apocalisse. S‟indica qui il luogo, ossia un'isola, che è una bella figura della Chiesa di Cristo. In essa infatti sono svelati ai fedeli i misteri celesti, e come un'isola è continuamente sbattuta dalle tempeste marine, così la Chiesa è afflitta dalle persecuzioni del diavolo, della carne e degli uomini mondani.
XV. A causa del Verbo di Dio e della testimonianza di Gesù Cristo. Con queste parole si tocca il motivo della sua prigionia. Poiché infatti si rifiutava di negare Cristo e cessare di predicare il Suo Nome, fu relegato in esilio. Ora si aggiunge il modo della visione, quando dice: Fui in ispiri- to, ossia in estasi, in giorno di domenica, giorno che è stabilito per la contemplazione dei divini mi-steri. E udii, con l‟udito interiore dietro a me, per la cui comprensione occorre sapere che con l'e- spressione davanti a me nel linguaggio profetico s'intende il tempo passato, in me il presente, e die- tro a me quello futuro, per cui i principali Misteri, che San Giovanni comprese allora nel suo libro, riguardavano soprattutto il futuro. Dice perciò, e udii dietro a me una voce interiore, grande, tre- menda come di tromba, con cui si designa la potenza e l'autorità dell'Angelo rappresentante di Cri- sto, che diceva: ciò che vedi, ossia quel che vedrai nella presente rivelazione, ciò che vedi con la tua visione interna e con la piena comprensione del tuo intelletto, scrivi in un libro ad istruzione dei fedeli, e mandalo alle sette Chiese che sono nell‟Asia, a Efeso, e a Smirne, e a Pergamo, e a Tia- tira, e a Sardi, e a Filadelfia, e a Laodicea. Con queste sette Chiese si designano le sette epoche della Chiesa cattolica secondo i diversi tempi futuri, durante i quali il Signore ne compirà il decorso temporale, spezzerà in terra il capo di molti e consumerà il mondo. Pertanto queste sette Chiese dell'Asia Minore furono la figura delle sette epoche future della Chiesa fino alla fine del mondo, ovvero il soggetto principale del libro, volendo descriverle sotto la figura di quelle, come apparirà nel corso della spiegazione di ciascuna.
XVI. Vers. 12. E mi voltai per vedere la voce che mi parlava, e, appena voltato, vidi sette candelabri d'oro. E mi voltai, ossia voltai la mia mente o applicai l'animo mio alla comprensione dei misteri futuri; e in questo voltarsi, s'intenda che per comprendere la rivelazione divina e i misteri celesti occorre distogliere la mente dalle cose terrene e volgerla a Dio. Per vedere la voce, ossia, prendendo l'effetto per la causa, per vedere colui che proferiva; o per vedere la voce s'intenda anche come in Esodo: E tutto il popolo vedeva le voci…(XX, 18).
XVII. Riguardo al modo in cui San Giovanni scrisse l’Apocalisse occorre sapere innanzi- tutto:
Vi sono tre modi di vedere, udire o percepire con gli altri sensi:
Il primo modo è quello con cui vediamo sensibilmente qualcosa con gli occhi o ascoltiamo con le orecchie, come si vedono le stelle in cielo ecc. e come coloro che accompagnarono Saulo (ossia San Paolo) udirono la voce di Cristo.
Il secondo modo è quello per cui, dormendo o essendo svegli vediamo o udiamo in ispirito attraverso visioni o locuzioni interiori oggetti per il cui mezzo si figura qualcos'altro. In questo caso i nostri sensi esterni sono elevati da Dio in modo straordinario e ineffabile, al punto che uno perce- pisce gli oggetti postigli innanzi in ispirito o estasi della mente in maniera più certa e perfetta di quanto un altro, pur dotato di sensi perfetti, possa vedere, udire, sentire o percepire altrimenti un oggetto.
La terza maniera è quella intellettuale. Si ha quando si vede e si comprende con la mente qualcosa in modo puro, per così dire, senza cioè le predette immagini, che sono come le specie delle cose sensibili. Vi sono però quattro vie con cui questa visione può verificarsi per volontà di Dio nei profeti:
1. Il profeta rimane nell’oscurità della Fede. In questo caso, infatti, egli non sa con certezza che Dio gli sta parlando, ma. Elevato da una luce soprannaturale, si rende conto che è Dio che par- la.
2. Il profeta ha la certezza evidente che Dio parla. L‟anima del profeta, infatti, conosce chiara- mente, grazie ad un aiuto eccezionale, che la eleva e illumina, che Dio o un Angelo gli parla.
3. Il profeta può non scrivere ciò che vede nella rivelazione.
4. Infine, può avvenire che la facondia ed eloquenza naturale del profeta siano elevate a scrivere. La penna corre allora velocissima, e l'uomo scrive senza fatica, e mentre scrive, conosce tutto o parte, come Dio vorrà volta per volta per il nostro vantaggio secondo il Suo beneplacito.
A San Giovanni Evangelista, profeta superiore agli altri profeti, fu rivelato l‟Apocalisse nel modo più perfetto. Egli scrisse questo libro, vedendo e comprendendo tutti i misteri per mezzo di visioni interiori, alla presenza dell‟Angelo che le attestava e che assisteva la sua anima interiormente. Per questo dice: Fui in ispirito in giorno di domenica, ovvero la sua anima santissima vide, udì, com- prese nell‟estasi, grazie all‟Angelo che lo assisteva interiormente, ciò che scrisse esternamente nel libro.
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