La Battaglia Finale del Diavolo
Proprio come predetto dalla Vergine nel 1917, la Seconda Guerra Mondiale scoppiò durante il regno di Papa Pio XI. Per il 1943, Joseph Stalin aveva già efficacemente epurato i Cattolici in Unione Sovietica ed esportato nel mondo il comunismo internazionale. Nel giugno dello stesso anno, Suor Lucia, che all’epoca aveva 36 anni, soffrì gravemente di pleurite. Questo stato di cose preoccupò moltissimo il Vescovo da Silva di Leiria-Fatima ed il canonico Galamba, suo amico e consigliere. Essi temevano infatti che Suor Lucia potesse morire senza aver messo per iscritto il Terzo Segreto.
Così terribile che non riusciva a scriverlo
Nel settembre 1943 il Vescovo da Silva le suggerì di trascriverlo su carta, ma ella rifiutò il suggerimento, perché non voleva prendersi la responsabilità di una simile iniziativa tutta da sola. Suor Lucia, in cuor suo, era assai preoccupata del fatto che, senza un comando formale ed esplicito del proprio Vescovo, non avesse ancora il permesso del Signore di rivelare il Terzo Segreto. Dichiarò tuttavia che avrebbe obbedito ad un ordine esplicito da parte del Vescovo da Silva.
A metà ottobre del 1943, durante una visita a Suor Lucia presso il convento di Tuy, in Spagna (400 chilometri da Fatima, vicino al confine con il Portogallo), il Vescovo da Silva dette a Suor Lucia l’ordine formale di mettere per iscritto il Segreto. Suor Lucia cercò di obbedire al comando del Vescovo, ma fu incapace di eseguirlo per i successivi due mesi e mezzo.
La Vergine appare a Suor Lucia e le dice di rivelare il Segreto
Finalmente, il 2 gennaio 1944 la Beata Vergine Maria appare nuovamente a Lucia, per darle forza e confermarle che era volontà di Dio che ella rivelasse la parte finale del Segreto. Solo allora Suor Lucia fu in grado di superare i propri timori e di trascrivere il Terzo Segreto di Fatima.60 Ma anche così, non fu prima del 9 gennaio 1944 che Suor Lucia poté comunicare al Vescovo da Silva, con una lettera, che il Segreto era stato finalmente messo per iscritto:
Ho scritto quello che mi ha chiesto. Dio ha voluto mettermi un poco alla prova, ma finalmente questo è stato il Suo volere: esso il testo) è sigillato in una busta e questa [la busta sigillata] è nei quaderni...61
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61 Il testo di questo paragrafo è una traduzione dall’originale testo in Portoghese di Suor Lucia, e non da quello in Francese di Frère Michel, che ci è stato consegnato da Padre Alonso in un articolo apparso su Fatima 50, e pubblicato il 13 ottobre 1967 a Fatima. Padre Alonso, in questo articolo, cita due volte la lettera di Suor Lucia del 9 gennaio 1944, indirizzata al Vescovo di Leiria Josè da Silva. La prima citazione è in riferimento all’ordine datole dal Vescovo da Silva di porre per iscritto il contenuto di una parte del Segreto:
... se eu quisesse achava bem escrever a parte que me falta do segredo, que não era para . ser já publicada, mas sim para ficar escrito ...
... Se ho pensato bene prima di scrivere la parte del Segreto che non ho rivelato prima e che non è ancora pronta per essere pubblicata, ma che può essere messa per iscritto...
Nella seconda citazione, Suor Lucia dice al Vescovo da Silva di aver obbedito alla richiesta, e ne fornisce alcuni dettagli:
Já escrevi o que me mandou; Deus quis provar-me um pouco (,) mas afinal era essa a sua vontade: Está lacrada dentro dum envelope e este dentro dos cadernos...
Le scrivo ciò che Sua Eccellenza mi ha ordinato [di scrivere]: Dio ha deciso di mettermi un poco alla prova, ma finalmente questo è stato il Suo volere: [la parte del Segreto che non ho dato prima] è sigillata dentro una busta e questa [busta] si trova dentro ai quaderni, Nella seconda citazione, quando parla della busta, l’aggettivo Portoghese usato da Lucia è al femminile: lacrada (sigillata); laddove il pronome per busta in portoghese è al maschile; esiste quindi un’altra parola femminile a cui si riferisce l’aggettivo lacrada. Se si legge la frase precedente, si comprende che lacrada si riferisce al sostantivo a parte (la parte), e più precisamente a parte que me faita do segreto (“La parte del Segreto che non ho rivelato prima.”)
Il pronome portoghese este (questo) d’altra parte, che segue cinque parole dopo la parola lacrada, è al maschile, quindi non può riferirsi a lacrada, ma piuttosto alla busta, che in Portoghese è un sostantivo maschile (envelope).
Suor Lucia stava quindi spiegando al Vescovo da Silva che esisteva una parte mancante del Terzo Segreto, che non aveva rivelato prima, e che questa parte mancante era sigillata in una busta che aveva posto dentro i suoi quaderni.
Il testo della visione del Terzo Segreto, rivelato dal Vaticano nel giugno 2000, è scritta su carta di quaderno. Il 31 maggio 2007, dinanzi alle telecamere della trasmissione televisiva Porta a Porta, il Cardinale Bertone ha mostrato trattarsi di un lungo pezzo di carta, piegato una volta al centro e in questo modo composto da quattro facciate contigue. Il testo della visione, contenuto in 4 pagine, era disposto su 62 righe, ed era chiaramente contenuto originariamente in un quaderno, con altre pagine.
Nella storia del Terzo Segreto di Fatima, ricca di testimonianze e assai ben documentata, vi sono moltissimi dettagli su di un testo che non può essere assolutamente lo stesso mostrato da Bertone, composto da 62 righe. Suor Lucia, nella sua lettera del 9 gennaio 1944 al Vescovo da Silva (che abbiamo citato poco fa), affermò di aver sigillato in una busta “la parte del Segreto che non ho rivelato prima”. Il Vescovo Venancio testimoniò che prima del trasferimento del Segreto, dall’ufficio del Vescovo da Silva, a Leiria, a quello del Nunzio Pontificio di Lisbona, nel 1957, egli aveva tenuto controluce il testo del Segreto, per osservarne i contenuti. Quel testo era scritto su di un unico foglio di carta semplice, non di quaderno, ed era composto di 20-25 righe. Il Cardinale Ottaviani disse la stessa cosa, e cioè che il testo era scritto su di un unico foglio di carta e constava di 25 righe.
È chiaro quindi che questa seconda citazione, pubblicata sulla rivista Fatima 50, della lettera scritta da Suor Lucia il 9 gennaio 1944 al Vescovo da Silva, ci dimostra come questo testo di una pagina, sigillato in una busta, fosse stato posto originariamente da Suor Lucia all’interno dei suoi quaderni. Questo perché in uno di essi, Lucia aveva scritto il testo più lungo, composto da 4 pagine e 62 righe di lunghezza, che descriveva la visione del vescovo vestito di bianco; averli posti insieme in quel modo, sta ad indicare che i due testi (la descrizione della visione e la spiegazione della stessa) avrebbero dovuto essere letti insieme in quanto due componenti facenti parte di un unico insieme. Vedi anche la nota 353 nel Capitolo 13.
62 Questo punto è spiegato ulteriormente nel Capitolo 13.
63 Socci, Il quarto segreto di Fatima, p. 142.
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Abbiamo ricevuto una critica alla prima edizione del libro, nella quale si obiettava che questa citazione era stata tradotta erroneamente dal testo francese di Frère Michel (vedi nota 61 – noi non ci basiamo sulla versione Francese del libro di Frère Michel). Secondo questa critica, Suor Lucia si riferiva solamente ad un singolo testo del Segreto. In risposta, dobbiamo far notare che il nostro libro va ben oltre il testo in Francese di Frère Michel, perché attinge come fonte al testo originale in Portoghese. Suggeriamo a chi ci ha criticato (che proviene dalla Francia) di controllare bene le fonti originali.62
Nel frattempo, l’interpretazione di carattere linguistico sul significato di “esso” è diventata mera accademia, visti gli sviluppi esplosivi che si sono succeduti dalla prima edizione del 2002, e che discuteremo più approfonditamente nel capitolo 14. Per ora basti ricordare che questi sviluppi sono nati grazie alla pubblicazione, nel novembre 2006, del libo Il quarto segreto di Fatima di Antonio Socci, il noto intellettuale Cattolico Italiano, che era stato collaboratore sia dell’attuale Pontefice (all’epoca Cardinale Ratzinger) sia dell’attuale Segretario di Stato del Vaticano, Cardinale Bertone. Nel Quarto Segreto, Socci introduce delle prove schiaccianti (spesso tratte dal nostro stesso libro), inclusa una nuova, decisiva testimonianza di un testimone vivente dei fatti, l’Arcivescovo Loris F. Capovilla, all’epoca segretario personale di Giovanni XXIII, secondo il quale esistono due testi e due buste riguardanti l’intero Terzo Segreto, uno solo dei quali è stato finora pubblicato. Per sua stessa ammissione e sorpresa, Socci aveva raggiunto una conclusione diametralmente opposta a quella che si era riproposto di provare quando aveva iniziato la propria indagine con l’intento di sconfessare i cosiddetti “Fatimiti”. Nel suo libro, Socci ha dovuto riconoscere che esiste un altro testo che accompagna quello della visione del “vescovo vestito di bianco”, che era stata pubblicata dal Vaticano il 26 giugno 2000, un testo “non ancora rivelato”, che contiene “ciò che fa seguito alle parole della Vergine, interrotte dall’eccetera.”63
Come testimoniato proprio dall’Arcivescovo Capovilla, il segretario personale di Giovanni XXIII, il testo mancante del Segreto è contenuto evidentemente in quello che l’Arcivescovo chiama “il plico Capovilla” (per distinguerlo dal “plico Bertone”) sul quale egli aveva scritto il suo nome, i nomi di coloro che ne avevano letto i contenuti e l’affermazione di Giovanni XXIII: “lascio ad altri il giudizio”. L’Arcivescovo rivelò ulteriormente che “il plico Capovilla” era tenuto nella scrivania Barbarigo (detta così in onore di San Gregorio Barbarigo, morto nel 1697, che l’aveva posseduta) nell’appartamento di Giovanni XXIII, e non negli archivi del Sant’Uffizio, dove invece veniva custodito “Il plico Bertone”, e che Paolo VI recuperò da quella scrivania la busta del Segreto, leggendone i contenuti nel 1963 (e non nel 1965 come affermava invece il Vaticano).64 L’esistenza di due plichi spiega finalmente perché tre papi diversi (Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II) abbiano letto un testo del Segreto in due date differenti, ad anni di distanza l’una dall’altra (si trattava quindi di due testi diversi: uno contenuto negli archivi del Sant’Uffizio e l’altro nell’appartamento pontificio). Bertone non ha mai mostrato in pubblico il “Plico Capovilla”, che si trovava nell’appartamento del Papa, malgrado tutto il mondo fosse a conoscenza della sua esistenza, perché lo stesso Cardinal Bertone, durante una presentazione televisiva da lui organizzata nel settembre 2007, aveva confermato la testimonianza dell’Arcivescovo Capovilla in merito.
Per di più, come lo stesso Cardinal Bertone ha mostrato alle telecamere di Porta a Porta, il 31 maggio 2007, esistono due buste sigillate riguardanti il Terzo Segreto e preparate da Suor Lucia, ciascuna delle quali riporta la stessa frase da lei scritta: “Per ordine espresso della Madonna, questa busta può essere aperta nel 1960 [solamente] dal Cardinale Patriarca di Lisbona o dal Vescovo di Leiria.”65 Suor Lucia non aveva mai menzionato l’esistenza di una seconda busta sigillata, in nessuno dei suoi scritti pubblicati (ricordiamo infatti che esiste una grande quantità di scritti della suora che rimangono tuttora sotto chiave), eppure ora ne conosciamo l’esistenza grazie al fatto che Bertone l’ha mostrata in televisione al mondo intero.
In breve, questi sviluppi succedutisi sin dal 2002 hanno fatto “scoppiare il caso” del Terzo Segreto, ed è per questo motivo che Socci può ben dichiarare nel suo libro: “che vi sia una parte del Segreto non svelata e ritenuta indicibile è certo [enfasi aggiunta]. E oggi - avendo deciso di negarne l’evidenza - il Vaticano corre il rischio di esporsi a condizionamenti e ricatti molto pesanti.”66
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Padre Paul Kramer
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