La Battaglia Finale del Diavolo
Dopo il Vaticano II, tuttavia, il regno sociale di Cristo è stato rimpiazzato dalla cosiddetta “civiltà dell’amore”. Un termine coniato da Papa Paolo VI per descrivere un ideale utopico, secondo il quale il “dialogo con il mondo” avrebbe portato ad una fratellanza mondiale di religioni, ma che non sarebbe stata certo esplicitamente Cristiana. Questo slogan della “civiltà dell’amore” è stato da allora ripetuto incessantemente. Ecco come ha descritto questo nuovo concetto Giovanni Paolo II, nel suo discorso per la giornata mondiale della Pace del 2001:
Il dialogo porta a riconoscere la ricchezza della diversità e dispone gli animi alla reciproca accettazione, nella prospettiva di un’autentica collaborazione, rispondente all’originaria vocazione all’unità dell’intera famiglia umana. Come tale, il dialogo è strumento eminente per realizzare la civiltà dell’amore e della pace, che il mio venerato predecessore, Papa Paolo VI, ha indicato come l’ideale a cui ispirare la vita culturale, sociale, politica ed economica del nostro tempo... Anche le differenti religioni possono e devono portare un contributo decisivo in questo senso. L’esperienza da me tante volte compiuta nell’incontro con rappresentanti di altre religioni – ricordo in particolare l’incontro di Assisi del 1986 e quello in Piazza san Pietro del 1999 – mi conferma nella fiducia che dalla reciproca apertura degli aderenti alle diverse religioni grandi benefici possono derivare alla causa della pace e del bene comune dell’umanità.200
Anche Giovanni Paolo II era stato portato a pensare che gli incontri di preghiera interconfessionali, come quelli di Assisi del 1986 e del 2002, fossero strumentali all’ottenimento di questo concetto utopistico. Ma la sola vista di un simile spettacolo avrebbe inorridito Papa Pio XI e qualsiasi suo predecessore. Nel frattempo, il Regno Sociale di Cristo all’interno di un ordine sociale Cattolico è stato escluso de facto dal nuovo orientamento della Chiesa.
La situazione non è migliorata dopo la pubblicazione dell’Enciclica Caritas in Veritate, promulgata da Papa Benedetto XVI nel 2009, la quale tenta di affrontare la crisi della civiltà occidentale, ma non dice una parola riguardo al Regno Sociale di Gesù Cristo, augurandosi invece una “nuova sintesi umanistica.” Prendiamo la prima enciclica di Pio XI come risposta della Chiesa alla crisi della civiltà, la Ubi Arcano: questa aveva come sottotitolo “De pace Christi in Regno Christi Quaerenda” (Sulla pace di Cristo nel Regno di Cristo). L’Enciclica di Papa Benedetto XVI, in merito alla stessa crisi ma pubblicata 87 anni dopo, ha come sottotitolo “De humana integra progressione in caritate veritateque” (Sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità.) Il drastico cambiamento dei termini usati, dalla semplice chiarezza Evangelica ad una nuova terminologia oscura, è tanto inquietante quanto rivelatore. In quello che sembra chiaramente un tentativo di conciliare le novità del Vaticano II e la sua “Apertura al mondo” con gli insegnamenti tradizionali della Chiesa, la caritas vacilla tra “lo sviluppo umano integrale” in quanto realizzabile unicamente attraverso la grazia divina, la carità soprannaturale, la fraternità Cristiana ed il Vangelo, perché “fondamentale” e “indispensabile” (un’affermazione indiretta del Regno Sociale di Cristo) – e “lo sviluppo umano integrale” basato su “valori fondamentali”, “valori universali” e “la ragione aperta alla trascendenza”, che invece sembrerebbero disponibili ai non-Cattolici, e persino a chi non crede affatto ma è di “buona volontà.”201 (Ma se davvero fossero di buona volontà, dovrebbero pur sempre diventare Cattolici, ad un certo punto!) Questa enciclica non cita da nessuna parte (anche se implicitamente sembra farlo) ciò che avevano detto Pio XI ed i suoi predecessori in modo esplicito, ovvero che solamente la Chiesa Cattolica può portare la vera pace, la vera giustizia e la vera carità a questo mondo, unendo l’umanità in un’unica fede ed un unico battesimo sotto Cristo Re; e che solo la Cristianità, e non una mera alleanza umana, può salvare un’umanità che barcolla.
È chiaro che Papa Benedetto XVI sta cercando di “invertire la rotta”, come risulta dalla sua “liberazione” della Messa Tradizionale in Latino dalle assurde “proibizioni” che ha dovuto subire per quarant’anni. Ma per via della continua influenza del “nuovo orientamento” della Chiesa e delle concomitanti novità dell’”Ecumenismo”, del “dialogo” (compreso quello interconfessionale) e della “collegialità” – nessuna delle quali ha tuttavia alcun obbligo di carattere dottrinale – evidentemente il Papa si sente costretto a non poter affermare l’ovvio: e cioè che il mondo non ha alcuna speranza di impedire la catastrofe, senza l’ausilio di Gesù e della Sua Santa Madre.
Ovviamente la nuova tendenza “ecumenica” ed “interconfessionale” della Chiesa non può assolutamente conciliarsi col Messaggio di Fatima, il che spiega come mai, a partire dal Vaticano II, sia stata condotta una campagna per modificare il Messaggio, cercando di farlo passare all’interno del nuovo orientamento, se non addirittura di seppellirlo completamente.
Padre Paul Kramer
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