mercoledì 16 dicembre 2020

La “civiltà dell’amore” rimpiazza la conversione dei pagani

 


La Battaglia  Finale del Diavolo

Dopo il Vaticano II, tuttavia, il regno sociale di Cristo è stato  rimpiazzato dalla cosiddetta “civiltà dell’amore”. Un termine coniato  da Papa Paolo VI per descrivere un ideale utopico, secondo il quale il  “dialogo con il mondo” avrebbe portato ad una fratellanza mondiale  di religioni, ma che non sarebbe stata certo esplicitamente Cristiana.  Questo slogan della “civiltà dell’amore” è stato da allora ripetuto  incessantemente. Ecco come ha descritto questo nuovo concetto  Giovanni Paolo II, nel suo discorso per la giornata mondiale della Pace  del 2001:

Il dialogo porta a riconoscere la ricchezza della diversità e  dispone gli animi alla reciproca accettazione, nella prospettiva di  un’autentica collaborazione, rispondente all’originaria vocazione  all’unità dell’intera famiglia umana. Come tale, il dialogo è  strumento eminente per realizzare la civiltà dell’amore e della  pace, che il mio venerato predecessore, Papa Paolo VI, ha indicato  come l’ideale a cui ispirare la vita culturale, sociale, politica ed  economica del nostro tempo... Anche le differenti religioni possono e  devono portare un contributo decisivo in questo senso. L’esperienza da me tante volte compiuta nell’incontro con rappresentanti di  altre religioni – ricordo in particolare l’incontro di Assisi del 1986 e quello in Piazza san Pietro del 1999 – mi conferma nella fiducia che dalla reciproca apertura degli aderenti alle diverse religioni  grandi benefici possono derivare alla causa della pace e del bene  comune dell’umanità.200 

Anche Giovanni Paolo II era stato portato a pensare che gli incontri  di preghiera interconfessionali, come quelli di Assisi del 1986 e del  2002, fossero strumentali all’ottenimento di questo concetto utopistico.  Ma la sola vista di un simile spettacolo avrebbe inorridito Papa Pio XI  e qualsiasi suo predecessore. Nel frattempo, il Regno Sociale di Cristo  all’interno di un ordine sociale Cattolico è stato escluso de facto dal  nuovo orientamento della Chiesa.

La situazione non è migliorata dopo la pubblicazione dell’Enciclica Caritas in Veritate, promulgata da Papa Benedetto XVI nel 2009, la quale  tenta di affrontare la crisi della civiltà occidentale, ma non dice una  parola riguardo al Regno Sociale di Gesù Cristo, augurandosi invece  una “nuova sintesi umanistica.” Prendiamo la prima enciclica di Pio XI  come risposta della Chiesa alla crisi della civiltà, la Ubi Arcano: questa  aveva come sottotitolo “De pace Christi in Regno Christi Quaerenda”  (Sulla pace di Cristo nel Regno di Cristo). L’Enciclica di Papa Benedetto  XVI, in merito alla stessa crisi ma pubblicata 87 anni dopo, ha come  sottotitolo “De humana integra progressione in caritate veritateque”  (Sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità.) Il drastico  cambiamento dei termini usati, dalla semplice chiarezza Evangelica ad  una nuova terminologia oscura, è tanto inquietante quanto rivelatore. In quello che sembra chiaramente un tentativo di conciliare le  novità del Vaticano II e la sua “Apertura al mondo” con gli insegnamenti  tradizionali della Chiesa, la caritas vacilla tra “lo sviluppo umano  integrale” in quanto realizzabile unicamente attraverso la grazia  divina, la carità soprannaturale, la fraternità Cristiana ed il Vangelo,  perché “fondamentale” e “indispensabile” (un’affermazione indiretta  del Regno Sociale di Cristo) – e “lo sviluppo umano integrale” basato  su “valori fondamentali”, “valori universali” e “la ragione aperta alla  trascendenza”, che invece sembrerebbero disponibili ai non-Cattolici,  e persino a chi non crede affatto ma è di “buona volontà.”201 (Ma se  davvero fossero di buona volontà, dovrebbero pur sempre diventare  Cattolici, ad un certo punto!) Questa enciclica non cita da nessuna  parte (anche se implicitamente sembra farlo) ciò che avevano detto  Pio XI ed i suoi predecessori in modo esplicito, ovvero che solamente la Chiesa Cattolica può portare la vera pace, la vera giustizia e la vera  carità a questo mondo, unendo l’umanità in un’unica fede ed un unico  battesimo sotto Cristo Re; e che solo la Cristianità, e non una mera  alleanza umana, può salvare un’umanità che barcolla.

È chiaro che Papa Benedetto XVI sta cercando di “invertire la rotta”,  come risulta dalla sua “liberazione” della Messa Tradizionale in Latino  dalle assurde “proibizioni” che ha dovuto subire per quarant’anni. Ma  per via della continua influenza del “nuovo orientamento” della Chiesa  e delle concomitanti novità dell’”Ecumenismo”, del “dialogo” (compreso  quello interconfessionale) e della “collegialità” – nessuna delle quali ha  tuttavia alcun obbligo di carattere dottrinale – evidentemente il Papa si  sente costretto a non poter affermare l’ovvio: e cioè che il mondo non  ha alcuna speranza di impedire la catastrofe, senza l’ausilio di Gesù e  della Sua Santa Madre.

Ovviamente la nuova tendenza “ecumenica” ed “interconfessionale”  della Chiesa non può assolutamente conciliarsi col Messaggio di Fatima,  il che spiega come mai, a partire dal Vaticano II, sia stata condotta  una campagna per modificare il Messaggio, cercando di farlo passare  all’interno del nuovo orientamento, se non addirittura di seppellirlo  completamente.

Padre Paul Kramer

Nessun commento:

Posta un commento