Sant'Agostino, Contro Giuliano, Libro V, Capitolo 12:46, A.D. 421: "Tuttavia, poiché la solidità umana concorda sul fatto che il motivo per cui si prende moglie è la procreazione della prole, indipendentemente dalla debolezza che cede alla lussuria, noto, oltre alla fedeltà che gli sposati devono l'uno all'altro affinché non ci sia adulterio, e alla prole, per la cui generazione i due sessi devono essere uniti, che un terzo bene, che mi sembra un sacramento, esista negli sposati, soprattutto in quelli che appartengono al popolo di Dio, in modo che non ci sia il divorzio da una moglie che non può partorire, e che un uomo che non voglia generare altri figli non dia la moglie ad un altro per generare, come si dice che abbia fatto Catone [Plutarco, In vita Catonis; Lucano 2]. ... Io dico che c'è un altro modo in cui il matrimonio è buono quando la prole può essere procreata solo attraverso il rapporto sessuale. Se ci fosse un altro modo di procreare, eppure i coniugi avessero rapporti sessuali, allora evidentemente avrebbero dovuto cedere alla lussuria, e fare cattivo uso del male. Ma, poiché i due sessi sono stati appositamente istituiti, l'uomo può nascere solo dalla loro unione, e quindi i coniugi con la loro unione a questo scopo [della procreazione] fanno buon uso di quel male [della lussuria]..."
Così, Papa San Gregorio Magno (c. 540-604), nella sua opera "Regola Pastorale", che tratta dei peccati sessuali da una prospettiva biblica, potrebbe giustamente ammonire i cristiani a non sposarsi mai o compiere l'atto coniugale per motivi carnali o lussuriosi: "Gli sposati devono essere ammoniti a tenere presente che sono uniti in matrimonio allo scopo di procreare, e quando si abbandonano a rapporti sessuali smodati, trasferiscono l'occasione della procreazione al servizio del piacere. Che si rendano conto che, anche se non passano oltre i vincoli del matrimonio, tuttavia nel matrimonio ne superano i diritti.
Perciò è necessario che cancellino con la preghiera frequente ciò che sporcano nella giusta forma dell'unione coniugale con la commistione del piacere. Perciò l'Apostolo, esperto di medicina celeste, non ha tanto stabilito una linea di vita per tutta l'umanità, quanto ha indicato dei rimedi ai deboli quando ha detto: "È bene che l'uomo non tocchi la donna; ma per la fornicazione ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito" (1 Cor. 7:1-2). Infatti, premettendo il timore della fornicazione, non dava certo un precetto a coloro che stavano in piedi [nella vita più grande e benedetta della castità], ma indicava il letto a coloro che stavano cadendo, per evitare che potessero cadere a terra. Perciò a quelli che erano ancora deboli aggiunse: "Il marito renda alla moglie ciò che le è dovuto; e così anche la moglie al marito" (1 Cor. 7:3). E, mentre nel più onorevole stato del matrimonio concedeva loro qualcosa di piacere, aggiunse: "Ma questo lo dico a titolo di indulgenza, non a titolo di comando" (1 Cor. 7:6). Ora, dove si parla di indulgenza, è implicita una colpa; ma una colpa che è tanto più facilmente rimessa in quanto consiste, non nel fare ciò che è illecito, ma nel non tenere sotto controllo ciò che è lecito.
"Cosa che Lot esprime bene nella sua persona, quando fugge da Sodoma in fiamme, e tuttavia, trovando Zoar, non sale ancora sulle alture della montagna. Poiché fuggire da Sodoma in fiamme significa evitare i fuochi illeciti della carne. Ma l'altezza delle montagne è la purezza del continente. O, in ogni caso, sono per così dire sulla montagna coloro che, pur essendo attaccati ai rapporti carnali, tuttavia, al di là dell'associazione dovuta per la produzione della prole, non si perdono nel piacere della carne. Perché stare sulla montagna significa non cercare nulla nella carne se non il frutto della procreazione. Stare sulla montagna non significa attaccarsi alla carne in modo carnale. Ma poiché ci sono molti che rinunciano ai peccati della carne, e tuttavia, quando si trovano nello stato matrimoniale, non osservano unicamente le pretese di un rapporto dovuto, Lot uscì sì da Sodoma, ma non raggiunse subito le vette della montagna; perché una vita dannosa è già rinunciata, ma non si è ancora raggiunta del tutto l'altezza della continenza coniugale... la vita matrimoniale non è né lontana dal mondo, né ancora estranea alla gioia della sicurezza... Bisogna dunque ammonirli che, se soffrono le tempeste della tentazione con rischio per la loro sicurezza, cerchino il porto del matrimonio. Infatti sta scritto: "È meglio sposarsi che bruciare" (1 Cor. 7,9). Arrivano, infatti, al matrimonio senza colpa, se solo non hanno fatto voto di cose migliori [la castità]". (Papa San Gregorio Magno, Regola Pastorale, Libro III, Capitolo XXVII.)
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