DIO SOFFRE? PUÒ SOFFRIRE DIO?
GESÙ IN CROCE “SOVRABBONDA DI GIOIA”?
DOVE RISIEDE IL DOLORE?
DOVE RISIEDE LA GIOIA?
DOLORE E GIOIA: I DUE ASPETTI DI UNA SOLA COSA:
L’AMORE!
Questa mattina stavo pensando quando il benedetto Gesù restò tutto slogato sulla croce e dicevo tra me: “Ah! Signore, quanto fosti compenetrato da questa sì atroce sofferenza e come la vostra anima dovette restarne afflitta!”.
In questo mentre, quasi come ombra, Gesù è venuto e mi ha detto: –“Figlia mia, Io non Mi occupavo delle mie sofferenze, ma Mi occupavo dello scopo delle mie pene, e siccome nelle mie pene vedevo compiuta la Volontà del Padre, soffrivo e nel mio stesso soffrire trovavo il più dolce riposo, perché il fare la Volontà Divina contiene questo bene, che mentre si soffre vi si trova il più dolce riposo; e se si gode, e questo godere non è voluto da Dio, nello stesso godere vi si trova il più atroce tormento. Anzi, quanto più mi avvicinavo al termine delle pene, agognando di compire in tutto la Volontà del Padre, così mi sentivo più alleggerito, ed il mio riposo si faceva più bello. Oh, quanto è diverso il modo che tengono le anime! Se soffrono od operano non hanno la mira né del frutto che possono ricavare, né dell’adempimento della Volontà Divina; si concentrano tutte nella cosa che fanno, e non vedendo i beni che possono guadagnare, né il dolce riposo che porta la Volontà di Dio, vivono infastidite e tormentate, e fuggono quanto più possono il patire e l’operare, credendo di trovare riposo e vi restano più tormentate di prima”. (Luisa Piccarreta, 20.05.1905)
Pensando alla Passione di Nostro Signore, dicevo tra me: “Quanto vorrei entrare nell’interno di Gesù Cristo, per poter vedere tutto ciò che Lui faceva, e per vedere ciò che più gradiva il suo Cuore, per poterlo fare anch’io e mitigare le sue pene con offrirgli ciò che più gradiva”.
Mentre ciò dicevo, il benedetto Gesù, movendosi nel mio interno, mi ha detto: –“Figlia mia, il mio interno in quelle pene era occupato principalmente a compiacere in tutto e per tutti il mio caro Padre, e poi la redenzione delle anime, e la cosa che più gradiva il mio Cuore era il vedere il compiacimento che Mi mostrava il Padre, vedendomi tanto soffrire per amor suo, in modo che tutto radunava in Sé. Neppure un fiato, un sospiro, andò disperso, ma tutto raccolse per potersi compiacere e mostrarmi il suo compiacimento. Ed Io ero tanto soddisfatto di questo, che se non avessi avuto altro, il solo compiacimento del Padre Mi bastava a rendermi soddisfatto di ciò che pativo; mentre da parte delle creature, molto, molto della mia Passione andò disperso. E tanto era il compiacimento del Padre, che a torrenti versava nella mia Umanità i tesori della Divinità. Perciò accompagna la mia Passione in questo modo, che mi darai molto gusto”.
(idem, 20.05.1905)
Notizie sul Crocifisso sorridente di Nemi (Roma)
Il marchese Mario Frangipane nel 1637 fece costruire fuori Nemi la Chiesa di Santa Maria di Versacarro in sostituzione di un’antica cappella che sorgeva sulla sponda del lago. La chiese prese il nome di Santuario del crocifisso in seguito ad un evento miracoloso: nel 1669, un umile frate francescano, fra’ Vincenzo da Bassiano, reduce dalla Palestina dove si era recato in pellegrinaggio al Santo Sepolcro, portò con sé un legno proveniente dal monte Calvario. Tornato alle sue mansioni nel convento di Nemi, fra’ Vincenzo iniziò a scolpire un Crocifisso a grandezza naturale, riservandosi di modellare per ultimo il volto. Finito il corpo, diede un primo abbozzo al viso, ma le sue mani sembravano aver perduto l’antica abilità. Quella sera si sentì smarrito e sfinito fisicamente, si prostrò davanti a quel suo “crocifisso monco” e pregò con fervore perché il Signore gli conducesse di condurre a termine l’opera, poi cadde esausto sul duro giaciglio. All’alba, la campanella del convento lo svegliò per cantare il Mattutino. Cercò spontaneamente il crocifisso. Un’emozione indicibile assalì l’umile fraticello. Non voleva credere ai suoi occhi: un viso bellissimo, divinamente espressivo, pendeva sul tronco incompleto della sera avanti. La sacra immagine è stata oggetto di venerazione anche da parte dei Sommi Pontefici, fino a Paolo VI e Giovanni Paolo II. Il Santuario è meta di numerosi pellegrinaggi dai dintorni e da tutto il Lazio.
(G. Marsala – dall’Opuscolo del Santuario)
Le fotografie mostrano il particolare dei denti superiori ed inferiori –perfetti– nella bocca semiaperta del Cristo; s’intravede la lingua e l’interno della bocca che inspiegabilmente arriva, essendo una scultura in legno, fino all’ugola. L’immagine esprime il divino paradosso dell’Uomo dei dolori, come Lo chiama Isaia, nel quale non può mancare, in nessun momento, “il frutto dello Spirito: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal. 5,22). Se l’Apostolo S. Paolo dice: “sono pieno di consolazione, sovrabbondo di gioia in ogni nostra tribolazione” (2.Cor.7,4) e anche: “sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi” (Col.1,24), quanto più lo può dire il Signore! E’ il divino paradosso della Croce abbracciata per amore, dell’Amore Eterno che per esprimere del tutto Sé stesso ha preso la forma di Croce! Nascosto dentro la buccia dura, amara, spinosa della croce, il frutto dolcissimo della Vita, della Risurrezione, del trionfo dell’Amore! Nascosto dentro dell’Amore Divino c’è il Dolore Divino, ma nascosto dentro del Dolore Divino c’è il sorriso, c’è la Gioia!
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