lunedì 27 settembre 2021

Illesa in mezzo a tanto fuoco impuro

 


Il dì 20 febbraio 1815 Giovanna Felice così racconta di sé: Mi trattenevo in orazioni, quando il Signore, per mezzo di particolar cognizione, mi fece conoscere quanto grande era il suo amore verso di me, benché lo avessi abbandonato con il peccato. Mi fece vedere come in quel tempo la povera anima mia se ne stava infelice lontana da lui, dimentica affatto del suo amore e della sua divina legge. Vedevo questa misera sola in mezzo ad una ciurmaglia di popolo mal costumato, immerso nel vizio. La povera anima mia la vedevo tutta intenta ad osservare le azioni altrui, senza però apprendere la malizia di quelli, ma come una semplice fanciulla, che nel vedere operare cose indegne non resta per queste scandalizzata, non apprendendo di quelli la malizia, ma tutto con somma semplicità interpretava a buon senso, così restava affatto illesa dalla corruzione del peccato.

Nel conoscere la povera anima mia questa grande opera del Signore, si disfaceva in lacrime di tenerissimo amore verso la infinita sua potenza, sapienza e bontà; mentre chiaramente conoscevo e confessavo la mia fragilità, piena di ammirazione non mi potevo persuadere come mai le fosse possibile alla povera anima mia di rimanere illesa in mezzo a tanto fuoco impuro. Piena di ammirazione si volgeva verso il suo Dio, e piena di santo affetto e sommissione gli domandavo come fosse possibile ad una creatura fragile sostenere la piena della corruzione e non perire in quella.

Il Signore si degnò farmi conoscere donde aveva origine portento così meraviglioso; mi fece intendere come lui stesso stava alla porta del mio cuore, e a mano armata impediva alle passioni di potersi introdurre nel mio cuore. Comandava poi agli Angeli santi di darmi prezioso liquore, per mezzo del quale veniva compartita all’anima mia una semplicità soprannaturale, e così restava immune dalla malizia altrui. Quali e quanti furono i ringraziamenti che la povera anima mia rese al suo Signore! E il buon Dio, compiacendosi di avermi così beneficata, amorosamente mi stringeva al suo castissimo seno.

Beata Elisabetta Canori Mora


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