Mirabili avvertimenti anche a Costantinopoli.
7. Anche pochi anni fa, a Costantinopoli, sotto l'imperatore Arcadio (sono forse qui presenti ad ascoltare, in mezzo a questa gente, alcuni che erano presenti anche là) Dio volle atterrire la città, per emendarla con lo spavento, convertirla con lo spavento, purificarla, mutarla. E si rivelò a un suo servo fedele, a un militare, si dice. Gli annunciò che la città sarebbe perita per un fuoco sceso dal cielo, e lo incaricò di darne notizia al vescovo. Al vescovo la notizia fu data, ed egli non trascurò l'avvertimento, parlò al popolo. La città si convertì in lutto di penitenza, come un tempo l'antica Ninive 19. Tuttavia perché gli uomini non credessero che colui che aveva dato l'annunzio fosse caduto in un abbaglio o avesse voluto ingannare, avvenne che nel giorno indicato dalla minaccia di Dio: mentre tutti stavano sospesi e aspettavano con gran timore il realizzarsi della predizione, all'inizio della notte, quando le tenebre cominciavano a scendere sul mondo, apparve dall'Oriente una nube di fuoco. Essa era prima piccola, poi, mano a mano che si avvicinava alla città, sempre più grande e minacciosa, fino a quando su tutta la città incombeva un terribile spavento. Si vedeva un'orrenda fiamma sovrastare dal cielo e non mancava neppure l'odore di zolfo. Tutti fuggivano in chiesa, il luogo non riusciva a contenere la folla. Esigevano con forza l'amministrazione del Battesimo, a chiunque lo potesse dare. Si esigeva la salvezza del sacramento non solo nella chiesa, ma anche per le case, per le vie e per le piazze, per sfuggire all'ira [divina] non presente senz'altro, ma imminente. Tuttavia dopo quella grande minaccia, quando Dio ebbe mostrato la fedeltà del suo servo, la veridicità dell'annuncio che il suo fedele aveva dato, la nube, così come s'era addensata, così cominciò a diminuire e, a poco a poco, si dissolse. Il popolo, fattosi un poco tranquillo, udì un'altra predizione: che bisognava evacuare totalmente la città, perché essa il sabato successivo sarebbe andata in rovina. Uscì, insieme con l'Imperatore, tutta la cittadinanza. Nessuno rimase in casa, nessuno chiuse la sua casa. I cittadini, allontanatisi alquanto dalle mura, con gli occhi rivolti alle dolci case, davano piangendo l'estremo saluto alle carissime residenze lasciate. Quella moltitudine, che si era allontanata parecchie miglia e si era radunata tutta in uno stesso luogo per pregare insieme il Signore, poté scorgere a un tratto un grande fumo [sulla città] e alzò al Signore un grande lamento. Poi, visto tutto tranquillo, mandò alcuni in esplorazione perché riportassero notizie. Trascorsa l'angosciosa ora della predizione, e d'altra parte riportando notizia gli inviati che tutti gli edifici erano salvi, le case in piedi, tutta la popolazione, con grandissima gioiosa riconoscenza, ritornò in città. Nessuno perse la minima cosa della sua casa e la ritrovò con la porta aperta, così come l'aveva lasciata.
Sant'Agostino
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