NELLA SOFFERENZA RISPLENDONO LA SAPIENZA E L'AMORE DEL PADRE
Ed ecco il mistero!
Ma perché Dio, che aveva tante possibilità di scelta, ha voluto scegliere proprio il dolore come mezzo di salvezza e di vita? Perché ha scelto uno strumento tanto scomodo non solo per noi ma anche e soprattutto per il suo Figlio divino?
Come conciliare dunque sofferenza e Provvidenza?
Risponde S. Agostino: «tutto ciò che quaggiù ci accade contro la nostra volontà, non accade che per volontà di Dio, per disposizione della Provvidenza, per i suoi decreti e sotto la sua direzione.
E se, considerata la debolezza della nostra mente, non possiamo cogliere la ragione di questo o di quell'avvenimento, attribuiamolo alla Divina Provvidenza, facendole l'onore di riceverlo dalle sue mani.
E crediamo che non è senza ragione che essa ce lo manda!».
E il Manzoni aggiunge: «Dio non turba mai la gioia dei suoi figli se non per procurarne loro una più certa e più grande». Ecco allora l'unica soluzione possibile e ragionevole: accettare la volontà divina, comunque essa si manifesti, facendole credito, nella sicura convinzione che ciò che proviene da essa è sempre e solo per il nostro bene.
Un giorno vedremo come e perché!
L'IMMENSO BENE CHE NASCE DALLA SOFFERENZA ACCOLTA CON AMORE
Sul piano soprannaturale, tutti i battezzati formano, con Cristo, un corpo solo.
In ciascuno palpita la vita della grazia, che viene trasmessa dal Capo.
Tutto quello che appartiene a uno, entrando nel circuito divino del Corpo, viene comunicato all 'intero Corpo, nel bene e nel male.
Tutti però devono vivere in sé il mistero del Capo, che sarà veramente completo solo quando tutti avranno dato il loro contributo di amore e di sofferenza.
Ciascuno quindi, con la sua sofferenza, "completa la passione di Cristo" (cf. Col 1, 24), e rende perfetto e maturo l'intero Corpo.
La sua sofferenza diviene indispensabile e preziosa per la salvezza e la crescita del Corpo di Cristo, che è la Chiesa.
Sul piano naturale, nulla come la sofferenza agisce sull'uomo con insostituibili effetti che potremmo chiamare "le beatitudini del dolore".
Il dolore:
- conduce alla scoperta di noi stessi;
- ci matura;
- affina ed eleva lo spirito;
- abilita alla comprensione degli altri;
- espia i nostri errori e peccati;
- è il messaggero e l'alleato di Dio.
Sono "beatitudini" naturali che ci aiutano a capire la razionalità e l'utilità del dolore, ma non ci danno quella piena luce alla quale aspiriamo.
E per questo il Concilio Vaticano Il dice: «solo per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del Vangelo ci opprime».
«Gesù di Nazaret rischiara per noi il senso del mondo, non istruendoci sulla sua legge e sui suoi misteri, ma dandoci fiducia sul suo fondamento, quella fiducia che i credenti affermano dicendo "Padre nostro"».
«Questo dunque è il senso veramente soprannaturale e insieme umano della sofferenza. E soprannaturale perché ci radica nel mistero divino della Redenzione del mondo; ed è altresì umano perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione».
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