giovedì 19 settembre 2024

Il demonio è come un cane furioso, ma ha la catena, cioè una libertà limitata.

 


COLUI CHE PARLA DAL FUOCO

 

Il venerdì 22 aprile ella riferisce che il demonio fa di tutto per toglierle la pace.  

«Sono salita all'oratorietto della Madonna in noviziato per supplicarla di non lasciarmi cadere. Subito Ella è comparsa e molto maternamente mi ha detto:  

«- Figlia mia voglio darti un insegnamento di grande importanza. Il demonio è come un cane furioso, ma ha la catena, cioè una libertà limitata. Non può dunque afferrare e divorare la preda, se non quando questa si avvicina a lui e, per attirarla, la sua tattica abituale è di trasformarsi in agnello. L'anima inesperta gli si avvicina a poco a poco, e comprende la sua malizia solo quando egli sta per afferrarla. Allorché ti sembra lontano, tu, figlia mia, vigila, poiché i suoi passi sono taciti e dissimulati, per riuscire inosservati».  

«Mi benedisse e sparì».  

La tentazione, infatti, è vicina, e questa volta Josefa imparerà quanto sia grande la potenza infernale, anche quando Dio le lascia solo «una certa libertà».  

«Due o tre giorni dopo, - ella scrive, - mi trovavo sola e in desolazione. Tutto il furore satanico sembrò scatenarsi su di me per accecarmi e strapparmi la vocazione. Soffrii molto fino al sabato 7 maggio, senza cessare però d'invocare aiuto da Gesù e da Maria.  

«Nel pomeriggio di quel giorno andai con le mie sorelle all'adorazione e per aiutarmi un poco mi misi a leggere qualcuna delle parole di Gesù nel mio quaderno di appunti. Ma questa lettura invece di calmarmi aumentò il mio turbamento suscitandomi il pensiero che tutte quelle grazie sarebbero state la mia rovina. Mi sforzai, alla meglio, di ripetere la mia prima offerta, ma in quell'istante stesso si riversò su di me come una tempesta di colpi. Spaventata, uscii di cappella per riporre il quaderno e vedere se la Madre Assistente si trovasse in cella per raccontarle tutto. Ma, arrivata in fondo al chiostro di S. Bernardo, fui con violenza afferrata per un braccio e sospinta in cucina con l'idea di gettare nel fuoco il quaderno. Stavo per farlo, ma non potei sollevare la marmitta. Una Madre, che era là e mi vide, mi suggerì di gettarlo nella cassa della legna da bruciare».  

Josefa lo accartoccia, lo butta nella cassa ed esce sollevata, senza rendersi conto di ciò che ha fatto. Va nella stanza dove si stira per cominciare il suo lavoro. Ma a poco a poco comprende la gravità dell'atto che le era stato come strappato. Che accadrebbe, infatti, se quel quaderno, passato in altre mani, rivelasse il segreto con cui Nostro Signore, con formale volontà, vuole circondare l'opera sua?  

«In altre circostanze - ella continua, - mi sarei sentita disperata. Questa volta no; pregavo con tutta la mia fede per essere liberata e soprattutto per ottenere il perdono... Ritornai in cucina sperando che non avessero ancora bruciato il quaderno essendo l'ora già tarda; ma non lo trovai più e supplicai la Madonna di occuparsene lei stessa...».  

Il giorno dopo, domenica, sembra lungo a Josefa che non osa manifestare la sua colpa alla Madre Assistente e cerca, invano, un motivo per tacere. Ma la sera, non riuscendo più a sostenere da sola una tale inquietudine, confessa tutto alla Madre.  

«Quando vidi i suoi timori - scrive la Madre stessa, scongiurai la Madonna di calmarla e di rimettere il quaderno nelle sue mani».  

Maria può rimanere sorda ad una supplica così filiale?  

«Il lunedì 9 maggio, spazzavo il corridoio delle celle, sempre col pensiero fisso al quaderno... ma avevo perduto la speranza di ritrovarlo!».   

Ad un tratto Josefa sente la nota voce della Madonna:  

«- Va' in cucina, lo troverai!».  

«Tuttavia, - ella scrive, - non volli badarci e continuai a spazzare, pensando che avevo perduto la testa. Ma, una seconda volta, udii le stesse parole. Salii allora all'oratorio del noviziato, e una terza volta la voce si ripeté:  

«- Va' in cucina, là lo troverai!».  

In fretta scese le scale, giunse in cucina e là nella cassa della legna scorge il quaderno!... ricoperto di carta bianchissima e posato contro un lato della cassa. Josefa lo afferra e, con grande commozione, se lo porta via. Due o tre giorni trascorrono pieni di riconoscenza, mista a confusione per tanta bontà...  

Il venerdì 13 maggio, durante l'adorazione, Gesù, con le braccia aperte, le appare. 

«Subito Gli chiesi perdono», ella scrive.  

«- Lascia andare, - dice - il mio Cuore ha cancellato tutto».  

Poi continua:  

«- Non scoraggiarti poiché nella tua fragilità risplende meglio l'infinita mia misericordia». 

Allora ella lo supplica di non stancarsi di lei, della sua debolezza, delle sue stesse cadute!...  

«- Il mio Cuore non rifiuta mai il perdono all'anima che si umilia - Egli risponde avvicinandosi, - e soprattutto a quella che lo chiede con vera fiducia: comprendilo bene, Josefa! Io innalzerò un grande edificio sul nulla, cioè sulla tua umiltà, il tuo abbandono, il tuo amore». 

Josefa Menéndez

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