CONVERSIONI.
1) - CONVERSIONE DEL SIGNOR LUIGI DE MERCURIO, DI BENEVENTO
Il signor Luigi De Mercurio, nato a Benevento, ma abitante a Pietrelcina, non credeva a nulla, né a Dio, né a Cristo e meno ancora ai Santi.
Quando si sposò, non volle in casa immagini Sacre di nessuna specie, anzi una volta sputò contro un quadro raffigurante S. Lucia, che la moglie invece amava e venerava. Più volte la sua signora e le signorine Florio, lo consigliarono di andare da Padre Pio, che lo avrebbe cambiato.
- Padre Pio - ripeteva sempre - non riuscirà mai a farmi cambiare il cervello.
Una notte, Padre Pio apparve in sogno alla moglie, e la consigliò di persuadere il marito di andare a S. Giovanni Rotondo.
Il 19 giugno 1925, il signor De Mercurio, dovendosi recare per ragioni di affari a S. Giovanni Rotondo, si aggregò ad una comitiva di fedeli, che si recava dal Padre. Vi andò, oltre che per affari, anche per curiosità, cioè per dare una smentita alla moglie, che, come Catone l'Uticese, finiva i suoi discorsi dicendo: «devi andare da Padre Pio».
La sera del 19 giugno 1925, egli si presentò dal Padre, che mai aveva veduto, e appena lo scorse, lui il ribelle, lui l'apostata, si sentì spinto da una forza sovrumana ad inginocchiarsi dinanzi e a baciargli la tonaca.
Non seppe mai spiegarsi come avesse fatto ciò. Quando questo febbraio, il signor De Mercurio, mi raccontò ciò che io narro, soggiunse: «mi parve che due mani nerborute mi obbligassero a piegarmi, e fui costretto anche a baciargli la tonaca».
Scese poi a S. Giovanni Rotondo, cogli altri, senza dire al Padre chi era.
Il mattino dopo, fece la confessione da Lui e ricevette dalle sue sanguinanti mani la S. Comunione.
Il fascino del Padre era grande, ma il tarlo roditore del dubbio era ancora vivo in lui.
Egli voleva dal Padre una prova che lo convincesse definitivamente.
Alla sera a cena, erano in 13, gli amici gli dissero:
- Gigino, domani è il tuo giorno, ci pagherai qualche cosa.
- Sì, sì, - rispose - vi pagherò l'anice.
- È troppo poco.
- Ebbene, berremo una bottiglia di «Strega».
Il signor De Mercurio, narrandomi ciò, mi fece notare che: «fece tale promessa come spinto da una forza arcana».
Andato a letto, pensando insistentemente a Padre Pio, si disse:
«Padre, io ti crederò, se domattina nessuno dei miei compagni, mi farà gli auguri per il mio giorno, da quando mi alzo fino alla soglia della chiesa del convento, Tu dovrai essere il primo a farmi gli auguri».
Egli disse appunto: «Tu sarai il primo a farmi gli auguri», perché sapeva che il Padre non conosceva il suo nome.
Il mattino dopo, il 21 giugno (giorno di S. Luigi, cioè il suo onomastico) essendosi addormentato, venne svegliato dagli amici.
- Gigino, fa presto, abbiamo fatto tardi, per colpa tua non potremo assistere alla Messa di Padre Pio.
Nessuno gli fece gli auguri, pur chiamandolo per nome, né in casa, né durante la strada, che dal paese conduce al convento e che come altra volta ho detto, è lunga due chilometri; durante i quali più volte lo avevano chiamato per nome.
Il suo cuore era sulle spine, ogni volta che sentiva chiamare «Luigi, Gigino o Giggi'» temeva che qualcuno gli ricordasse la promessa fatta la sera prima, non per il timore di dover pagare la bottiglia di «Strega», ma perché il suo dubbio lo avrebbe assillato nuovamente.
«Ecco, - si diceva - ora lo dicono, ora lo dicono, è fatta, non credo più, non può darsi che tutti abbiano dimenticato che oggi è il mio giorno, sono in dodici, basta uno, basta uno che si ricordi, è sufficiente.
A mano a mano che si avvicinava al convento, si ripeteva: «ancora cinquecento metri, poi trecento, ancora cento ... pochi metri...», finalmente, col cuore in tumulto, arrivò sulla porta senza che nessuno gli avesse fatto gli auguri.
Ma non respirò del tutto.
«Ed ora - si disse - come può il Padre farmi Lui gli auguri per il primo, se non conosce il mio nome? Non ho chiesto forse troppo? È impossibile, sono stato, uno sciocco».
Padre Pio, dopo la Messa, si era ritirato nel coro per ringraziare il Signore.
Cogli amici egli attese che uscisse: difatti poco dopo, sorridendo, Padre Pio uscì dal coro e venne verso di loro. Il cuore gli batteva da scoppiare.
- Luigino, i miei auguri, oggi è il tuo giorno onomastico - disse il Padre appena lo vide.
Luigi De Mercurio si sentì come preso da una morsa di acciaio, voleva parlare, voleva ringraziare, voleva sorridere, ma la voce gli rimase in gola e non pronunciò parola.
Gli altri si guardarono stupiti e si meravigliarono di non avere ricordato all'amico la promessa della sera innanzi.
De Mercurio, vinto lo sgomento, si inginocchiò dinanzi al Padre, gli baciò nuovamente la tonaca, alzò i suoi occhi verso Colui che tutto sapeva e pianse di gioia.
Padre Pio lo guardò, parve dicesse:
- La voce tace, ma il cuore parla.
- Perdono, perdono, perdono, Padre, Voi solo sapete quello che ho pensato, Voi solo sapete quanto ho desiderato e temuto questo momento, sono vinto, sono vinto, sono vinto, credo, credo, credo, Vi amerò io pure come Vi amano tutti coloro che Vi avvicinano, diverrò io pure Vostro figlio spirituale ... Voi mi avete convertito.
Qui faccio punto, ma ripeto al lettore che a Padre Pio, nessuno aveva mai detto che il signor De Mercurio si chiamava «Luigi».
2) - CONVERSIONE DI UN BOLOGNESE
1° Telegramma.
S. Giovanni Rotondo, 27-12-1930. - Ritorno ora, niente entusiasmo. Saluti. - Emilio.
2° Telegramma.
S. Giovanni Rotondo, 28-12-1930. - Arrivo martedì mattina, ore 5,35. Sono emozionato. - Emilio.
Più rapida di così, la conversione non poteva essere. Per gli increduli dirò che io conservo i telegrammi, se qualcuno vorrà vederli, li tengo a disposizione. Non pubblico il nome per deferenza.
ALBERTO DEL FANTE
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