venerdì 6 dicembre 2019

“Il sacerdote non si appartiene”



Giuda e il sacerdozio


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Chi è stato cullato nelle sacre comunità sacerdotali sa meglio di ogni altro come tradire il Signore. Giuda sapeva dove trovare il Signore quando fosse calata l’oscurità. … dove c’era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli (Gv 18, 1-2)
La santità della Divinità è tale che qualsiasi tradimento deve avere come preludio un segno di stima o di affetto. «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!» (Mt 26, 48).
Nessun Vescovo o Sacerdote conosce appieno la profondità del dolore e dell’angoscia dello spirito finché non ha provato il bruciore intenso del bacio di un fratello in Cristo che ha tradito.
Un Sacerdote può sempre vendere Nostro Signore, ma non vi è Sacerdote che possa comprarlo. E quelli gli fissarono trenta monete d’argento (Mt 26, 15).
Qualunque piacere, vantaggio o guadagno si possa avere ottenuto respingendo Gesù Eucaristico, si dimostra così nauseante che chi ne ha goduto si sente spinto, come Giuda, a gettarlo in faccia a chi glielo ha dato. Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente» (Mt 27, 3-4) Non si poteva dare quel denaro ai poveri? Giuda, in quel momento, non ci pensò nemmeno.
Le psicosi e le neurosi sono in gran parte dovute a un incoercibile senso di colpa. Il Signore avrebbe perdonato Giuda, come aveva perdonato Pietro, ma Giuda non glieLo chiese mai. Quando un uomo si odia per ciò che ha fatto, ma non si pente in Dio, talvolta si batterà il petto come per cancellare un peccato. Vi è una differenza enorme tra battersi il petto per disgusto di sé e battersi il petto con il mea culpa di chi implora il perdono. L’odio di sé può diventare così intenso da scacciare la vita dal cuore dell’uomo, conducendolo al suicidio. Sebbene la morte sia la punizione del peccato originale e ogni persona normale la tema, alcuni si precipitano nelle sue braccia. Prima del peccato, la coscienza di Giuda lo ammonì. Dopo il peccato lo rose e la sofferenza fu tale ch’egli non riuscì a sopportarla. Scese nella vallata di Cedron, quella vallata così piena di apparizioni spettrali. Rocce frastagliate, alberi nodosi e intristiti furono lo scenario ch’egli scelse, lo scenario appropriato per svuotarsi dell’«io». Tutto ciò che gli stava d’attorno proclamava il suo destino e la sua fine. Ai suoi occhi, niente era più rivoltante del tetto dorato del tempio, perché gli rammentava il Tempio di Dio ch’egli aveva appena venduto. Ogni albero pareva il patibolo al quale aveva condannato sangue innocente. Ogni ramo un dito accusatore. Dal poggio, sul quale si trovava, si vedeva il Calvario, il monte sul quale Colui ch’egli aveva mandato a morte avrebbe compiuto l’unione tra il cielo e la terra. Ed egli si accingeva a fare un ultimo sforzo perché quell’unione non si effettuasse. Gettata una corda sul ramo di un albero, Giuda si impiccò (Mt 27, 5). La lezione è chiarissima. Noi siamo Sacerdoti Eucaristici. Osservando un prete celebrare la Messa si può capire come tratta le anime nel confessionale; come si comporta con i poveri e gli ammalati; se si interessa o no delle conversioni; se si preoccupa maggiormente di piacere a monsignor Vescovo che al Signore Dio; con quanta efficacia sa infondere pazienza e rassegnazione in chi soffre; se è un amministratore o un Pastore; se ama i ricchi o i ricchi e i poveri; se predica soltanto le questue o la parola del Cristo. La corruzione morale del Sacerdozio inizia dalla mancanza di una fede ardente nella presenza Eucaristica, dalla quale fede invece inizia la santità.

Tratto da “Il sacerdote non si appartiene” del Venerabile Fulton J. Sheen

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