giovedì 17 dicembre 2020

l Mistero dell’Iniquità è nemico di tutta l’umanità

 


Il Mistero dell’Iniquità


H) Le false dottrine dell’Anti-Chiesa vengono  smascherate dai principi di potenza e atto 


Il prefisso “anti” in greco denota qualcosa che non può reggersi o  comprendersi da solo – “anti” vuol dire “contrario a”, una controparte  ad un proprio opposto; oppure può voler dire “al posto di”, come nel  caso di un usurpatore o di un rivale che cerchi di soppiantare l’altro.  Il prefisso “anti”, posto dinanzi a “Cristo”, rappresenta perfettamente  l’essenza dell’“uomo del peccato”, l’Anticristo. Anche se le Scritture  ci dicono poco, su di lui, la Bibbia predice che si opporrà in tutto al  Signore, cercherà di prendere il posto di Gesù e di essere venerato  come Dio al posto Suo. Lo stesso concetto di “Anticristo”, pertanto, è  comprensibile solamente se posto in relazione a Gesù e al Suo Regno.  Gesù rappresenta la manifestazione del “Mistero di Dio” – Egli è  il “Mistero di Dio”, perché “è in Cristo che abita corporalmente tutta  la pienezza della Divinità” (Col 2,9). Gesù Cristo è il ‘logos’ divino  incarnato, giunto nel mondo per fondare il Regno di Dio sulla terra. In  quanto ‘logos’ o ‘Parola’, Egli è rappresentazione esatta e perfetta di Dio,  eternamente generata da Dio. Poiché il logos è la conoscenza che Dio  ha di Se stesso, la generazione della Parola è un’operazione che avviene  interamente all’interno della Divinità, e pertanto è un processo che  attiene essenzialmente ed unicamente alla Divinità stessa. Ne consegue  che la Parola è co-eterna e co-eguale a Dio, e la generazione eterna  della Parola stabilisce la relazione eterna, nella Divinità, tra Dio Padre  e Dio Figlio. Ecco perché nel Credo professiamo che Cristo è “nato dal  Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio  vero, generato, non creato, della stessa sostanza (consustanziale) del  Padre; per mezzo di Lui tutte le cose sono state create.” Quest’insegnamento è la base stessa del cristianesimo. Che sia  cattolico, ortodosso o protestante, una persona non è realmente  cristiana se non professa la piena divinità di Gesù Cristo – l’eterno logos  del Padre, nato dal Padre prima di tutti i secoli, che “per mezzo dello  Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto  uomo” (Credo Niceno). Gesù Cristo, pertanto, è vero Dio e vero uomo.  La persona di Gesù Cristo è Parola divina generata, non creata. Egli non  è una creatura, ma è per mezzo di Lui che tutte le cose vengono create. 

 Secondo tutte le formule cristologiche tradizionali e ortodosse,  il logos possiede la perfezione eterna della Divinità; e non potrebbe  essere altrimenti, dato che un logos creato, che partecipasse solamente  in parte alla Divinità, sarebbe una parola imperfetta. Se la Parola di Dio  non fosse essa stessa manifestazione infinita ed eternamente perfetta  dell’Essere divino, allora quell’Essere non sarebbe né eterno né perfetto  – Dio, insomma, non potrebbe essere Dio. Un “essere supremo” che  possieda una conoscenza imperfetta di Sé, non è né supremo né dio.

Per poter comprendere a fondo il motivo per cui l’Essere Divino  deve necessariamente essere perfetto ed eterno in modo infinito,  bisogna prima capire che cos è l’essere di cui è fatto il creato, e quindi  comprendere i principi costitutivi dell’essere: potenza e atto. I principi  di potenza e atto sono stati espressi nel modo migliore da San Tommaso  d’Aquino. 

Questi principi sono alla base delle prove dell’esistenza di Dio fornite  da San Tommaso (le quinque viae, le cinque prove dell’esistenza di Dio).  È grazie a questa dottrina che San Tommaso è in grado di dimostrare  l’esistenza di Dio; non solo, queste prove contengono al loro interno  anche la dimostrazione che Dio è essenzialmente e necessariamente un  essere infinito e assolutamente perfetto. Tutte le cinque prove di San  Tommaso (moto, causa efficiente, necessità e contingenza, perfezione  e finalità), si fondano sui principi di potenza e atto, vero e proprio  fondamento metafisico del suo sistema.326

La comprensione dell’essere inizia con la prima cosa ad essere  compresa dall’intelletto, e cioè l’essere stesso, proprio in virtù del  fatto che una cosa è, cioè è intelligibile, e pertanto capace di entrare  nell’intelletto sotto forma di conoscenza. La mente non può creare  conoscenza dal nulla, perché dal nulla si può ottenere solo il nulla. 

La conoscenza dell’essere può quindi provenire solamente da  un essere reale, poiché la realtà dell’essere è un atto che si pone in  relazione alla potenzialità come non-attualità, e pertanto come un nonessere. “Con il non-essere”, afferma Manser, “niente è comprensibile.”327  In virtù della percezione di questa vera e propria polarità ontologica,  viene stabilita la dualità dei principi che costituiscono l’universo reale:  potenza e atto sono realmente distinti tra loro. 

Che ci si trovi dinanzi ad una distinzione ontologica tra due principi  che caratterizzano tutto il creato, è evidente dall’analisi che si può fare  del moto, nel senso più metafisico del termine, e cioè la riduzione della  potenza in atto, o il processo di divenire essere. Esistono due momenti  fondamentali, in questo processo, che sono parte atto e parte potenza.  Se vi fosse solo l’atto, allora tutto l’essere sarebbe assolutamente  perfetto, e non vi sarebbe alcuna possibilità di mutazione, di moto o  di cambiamenti. Parimenti, se vi fosse solo potenza, il processo sarebbe  altrettanto inconcepibile perché non può esistere un soggetto del moto  o del cambiamento, se questi non esiste già in atto.

Come dice Aristotele, il movimento è l’atto di ciò che è in potenza,  in quanto in potenza. O come disse San Tommaso: “il movimento è  l’atto dell’essere in potenza”.328 È nella natura o nell’essenza stessa di  una cosa che il suo atto di essere sia determinato e circoscritto. Una cosa  agisce secondo la propria natura mentre rimane se stessa; pertanto, la natura è un principio di movimento, nel senso che una cosa mantiene la  sua identità, mentre la potenza la muta in qualcosa di diverso.329 Senza  la potenza non vi potrebbe essere moto o cambiamento. Senza l’atto,  non potrebbe esistere la natura o qualsiasi altra cosa. 

In Dio non può esistere una dualità di principi, come dimostrato  chiaramente dalla prima via di San Tommaso, che si basa esplicitamente  sulla dottrina della Potenza e dell’Atto. In questa prima via, non solo  si dimostra l’esistenza di Dio, ma anche che Dio è necessariamente  perfezione assoluta e infinita dell’essere. Dio è l’atto infinito e perfetto  di essere se stesso, che esclude ogni altro non-essere o potenza.

Qualunque cosa sia fatta in potenza, può subire movimento e  ricevere perfezionamenti del suo essere, dato che la potenza presuppone  un certo grado di non-essere, in base al quale esiste la possibilità per  qualcosa di diventare in atto ciò che è solo in potenza, o di assumere  una perfezione che non ha ancora acquisito. Pertanto, qualsiasi cosa  possa entrare in movimento, non è essenzialmente un essere puro, ma  è composto sia di essere o atto (e pertanto esiste) sia di potenza (e  pertanto capace di moto e di cambiamento). Ogni cosa che non sia  composta solo di essere, o atto, ma è composta sia di atto che di potenza,  è un essere partecipato, e pertanto non può esistere in virtù di se stesso,  ma dipende da una causa esterna per la sua esistenza. Questo perché il  suo essere in potenza non può realizzarsi da solo – secondo un principio  interno a se stesso – perché l’essere non può provenire dal non essere.  Poiché il movimento e la potenza sono aspetti essenziali  dell’universo, la stessa esistenza di quest’ultimo è inconcepibile a meno  di una sua totale dipendenza da un Creatore assolutamente perfetto, un  Atto puro ed infinito la cui essenza è l’essere. Da queste considerazioni,  pertanto, emerge la dimostrazione che è metafisicamente inconcepibile  che 1) Dio sia costituito da due principi duali; 2) che Dio esista  immanentemente come principio costitutivo della natura, una specie di  “anima del mondo”; e 3) che il Logos sia una creatura in qualche modo  subordinata ad una più alta Divinità. 

Questi tre aspetti, metafisicamente inconcepibili e quindi irreali,  sono alla base dei dogmi dello Gnosticismo, del Cabalismo e della  Massoneria. Questi dogmi dell’anti-Chiesa si oppongono al Signore  1) negando la Sua infinita perfezione e bontà; 2) negando la Sua  distinzione e la Sua trascendenza rispetto al creato; e 3) negando che  Gesù Cristo sia il Dio incarnato, che si è fatto carne per noi. Queste  negazioni costituiscono l’essenza stessa dell’Anticristo.  

Padre Paul Kramer

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