venerdì 7 maggio 2021

"Quanta terribile cosa è il patire nell'anima!...

 


EPISTOLARIO

Le vivissime luci che l'anima riceve su Dio e i suoi misteri, invadono le  potenze e vi si imprimono in modo indelebile, senza che si riesca a spiegarle  adeguatamente agli altri. L'anima ne soffre e, senza potersi padroneggiare,  prorompe in lamenti, gemiti, grida d'amore, salti di gioia, canti di lode, ecc.  E' l'inebriamento amoroso.  

"Quanta terribile cosa è il patire nell'anima!... Mi confondo per non trovare  termini adatti a bene esprimermi. Altre volte mi accade, anche stando occupato  in cose indifferenti, che ad una semplice parola che sento di Dio, o che mi  torni improvvisamente alla mente, mi tocca in modo sì vivo, che sono portato  fuori di me stesso, ed allora il Signore vuole farmi la grazia di scoprirmi  alcuni segreti che mi rimangono sì impressi nel fondo dell'anima che non se ne  possono più cancellare, sebbene non tutti questi segreti posso esprimerli,  mancandomi i termini il più delle volte per ciò farlo; ed anche di quei medesimi  che in certo modo riesco ad esprimerli, perdono tanto del loro splendore, che mi  fa quasi a me stesso compassione e ribrezzo" (lett. 130; cf. anche 24 7 1918; 17  10 1918; 26 3 1914).  

"Ma allorquando mi veggo incapace di sostenere il peso di quest'amore infinito;  di restringerlo tutto nella piccolezza della mia esistenza, mi sento riempito di terrore che forse dovrò lasciarlo per l'incapacità di poterlo contenere  nell'angusta casetta del mio cuore. Questo pensiero, che del resto non è  infondato (misuro le mie forze che sono limitatissime, incapaci ed impotenti a  tener per sempre stretto stretto questo Amante divino), mi tortura, mi affligge  e sento schiantarmi il cuore dal petto. Padre mio, non posso sopravvivere a  questo dolore: nel rincalzo di esso mi sento annichilito, mi sento venir meno  alla vita e non saprei dirvi se vivo oppure no in questi momenti. Sono fuori di  me. Un misto di dolore e di dolcezza si contrastano contemporaneamente e  riducono l'anima in un dolce e amaro deliquio. Gli amplessi del Diletto, che  allora si succedono a grande profusione e direi quasi senza posa e senza misura  e risparmi, non valgono ad estinguere in lei l'acuto martirio di sentirsi  incapace a portare il peso di un amore infinito. Ed è proprio in questi periodi,  che sono quasi continui, che l'anima proferisce frasi verso di questo Amante  divino che mi fa orrore a proferirle quando sono in me stesso" (12 1 1919; cf.  anche 29 1 1919). 

PADRE PIO DA PIETRELCINA 

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