Al modo della sostanza – al modo della quantità
«È evidente che le dimensioni del pane e del vino
non si convertono nelle dimensioni del Corpo di Cristo,
ma la sostanza nella sostanza»[233].
San Tommaso
Ci occuperemo ora di altri due concetti usati spesso da S. Tommaso nel trattato sull’Eucaristia: per modum substantiae – per modum quantitatis, i quali hanno pure – come accade di solito in S. Tommaso – altri sinonimi: dimensionibus alienis, e dimensionis propriae[234]. Si nota anche qui, come già abbiamo avuto modo di constatare, la fedeltà di S. Tommaso nel rispettare ciò che riguarda la fede e ciò che riguarda la ragione. Infatti ogni volta che compie un avanzamento teologico lo fa fondandosi su un articolo di fede o basandosi su un fatto dell’esperienza. Abbiamo per esempio in questo caso tre momenti nei quali egli fa riferimento, e si fonda, su fatti dell’esperienza. Noi a volte non facciamo tanto casi di questo o lo comprendiamo superficialmente e quindi non riusciamo a percepire tutta la profondità del pensiero teologico di S. Tommaso, e quindi restiamo incapaci di capire perché egli dice una cosa o un’altra, e tutto rimane così in una nebulosa.
Così, nella questione 75, che parla degli accidenti, S. Tommaso dice: quod sensu apparet, «come si constata con i sensi»[235] gli accidenti del pane e del vino persistono. Dobbiamo constatare tutti i giorni che, come dice S. Agostino, «sotto le specie del pane e del vino che vediamo, veneriamo la Carne e il Sangue che non vediamo»[236]. Gli accidenti persistono sempre, anche dopo la consacrazione. Poi sviluppa il suo argomentare nel
corpus: «Con i sensi si constata [quod sensu apparet] che, fatta la consacrazione, rimangono tutti gli accidenti del pane e del vino» e quindi afferma che questo accade perché Dio lo ha voluto così: «E ciò fu disposto sapientemente dalla provvidenza divina». E anche se non è direttamente legato al tema che dobbiamo sviluppare, conviene ricordare – perché espresso molto bene da S. Tommaso – che gli accidenti persistono per i tre motivi seguenti: «...perché, non é per gli uomini cosa abituale... mangiare carne umana e bere sangue umano...; perché questo sacramento non sia oggetto d’irrisione da parte dei non credenti...; perché il ricevere in modo invisibile il Corpo e il Sangue del Signore giovi ad accrescere il merito della fede»[237]. Così, per prima cosa, è una questione che i sensi stessi ci dicono: dopo la consacrazione persistono le specie o accidenti, cioè tutto quanto è percettibile con i sensi, come l’estensione, la grandezza, il peso, il colore, la figura, la liscezza, l’odore, il sapore, il suono (sia prima che dopo la consacrazione la frazione del pane produce lo stesso suono)[238].
Nella questione successiva, nella quale affronta direttamente il tema che dobbiamo vedere, nel primo articolo ritorna al nostro argomento: «È evidente che le dimensioni del pane e del vino non si convertono nelle dimensioni del Corpo di Cristo, ma la sostanza nella sostanza»[239]. Perché se gli accidenti persistono, il che patet (è evidente), è anche evidente il persistere di quel accidente che è la dimensione quantitativa, accidente non del Corpo, bensì del pane e del vino. La conversione avviene da sostanza a sostanza, quella del pane nella sostanza del Corpo, quella del vino nella sostanza del Sangue, non nelle dimensioni. In modo tale che la sostanza del Corpo e del Sangue si hanno ex vi sacramenti, mentre le dimensioni, la quantità dimensiva del Corpo e del Sangue non. Si hanno solo ex vi realis concomitantiae e al modo della sostanza.
E venendo al nostro tema: unde patet (ancora il ricorso alla realtà sensibile) che se persistono gli accidenti, tra di essi c’è la dimensione quantitativa, sempre la stessa sia prima che dopo la consacrazione: «È evidente che le dimensioni del pane e del vino non si convertono nelle dimensioni del Corpo di Cristo, ma la sostanza nella sostanza. Cosicché la sostanza del Corpo o del Sangue di Cristo è presente in questo sacramento in forza del sacramento, non così le dimensioni del suo Corpo e del suo Sangue. È perciò evidente che il Corpo di Cristo è presente in questo sacramento secondo il modo della sostanza e non secondo il modo della quantità»[240]. Il ragionamento è chiarissimo. Ed è ciò che chiaramente è insegnato dal Concilio di Trento. È quello che ricorda Paolo VI, in occasione delle negazioni di Schillebeeckx, nella Mysterium Fidei[241]. Ed è quello che spiega bellamente S. Tommaso: Cristo è presente al modo della sostanza: «È perciò evidente che il Corpo di Cristo è presente in questo sacramento secondo il modo della sostanza [per modum substantiae] e non secondo il modo della quantità [per modum quantitatis]. Ora, la totalità propria della sostanza è contenuta indifferentemente in una quantità piccola o in una quantità grande... [una goccia d’acqua è acqua, come lo è pure l’immenso oceano]. Perciò in questo sacramento dopo la consacrazione è contenuta tutta la sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo, come prima della consacrazione era contenuta la sostanza del pane e del vino»[242].
Riassumendo, abbiamo tre cose evidenti che si concatenano:
1º. È evidente il persistere degli accidenti di pane e vino;
2º. È dunque evidente che si trasforma solo la sostanza del pane e del vino, mentre gli
accidenti non si trasformano;
3º. È per conseguenza evidente che non si hanno le dimensioni del Corpo e Sangue di Cristo al modo della quantità (solo il Sangue sarebbero circa 6 litri), bensì al modo della sostanza e in forza della concomitanza.
Il Corpo di Cristo per tanto non è presente al modo della quantità dimensiva, non può essere commensurato (misurato); dunque il Corpo di Cristo nel Sacramento non è localizzato[243] . È conseguenza dell’esservi al modo della sostanza. «La sostanza del Corpo di Cristo si riferisce a quel luogo per mezzo di dimensioni aliene [non mediante le proprie]. Le dimensioni proprie del Corpo di Cristo invece si riferiscono a quel luogo per mezzo della sostanza. E questo è contro la ragione di un corpo localizzato. Dunque in nessun modo il Corpo di Cristo è in questo sacramento come in un luogo»[244] .
Pone S. Tommaso una difficoltà: «Essere in un luogo in maniera delimitata [definitive] e circoscrittiva fa parte della localizzazione. Ma il Corpo di Cristo sembra che sia in questo sacramento per delimitazione: perché è presente là dove sono le specie del pane e del vino senza essere in altre parti dell’altare. Sembra inoltre che vi sia presente in maniera circoscrittiva, perché è contenuto talmente entro la superficie dell’ostia consacrata, da non oltrepassarla e da non esserne oltrepassato. Dunque il Corpo di Cristo è come localizzato in questo sacramento»[245]. E risponde: «Il Corpo di Cristo non è in questo sacramento in maniera delimitata [definitive], perché allora non sarebbe se non sull’altare dove si compie questo sacramento, mentre invece è in cielo secondo la propria specie e in molti altri altari sotto le specie sacramentali. Parimente è chiaro che non è in questo sacramento in maniera circoscrittiva, perché non sta secondo la misura della propria quantità, come si è detto. Che poi non oltrepassi la superficie del sacramento e non sia presente in altre parti dell’altare è cosa che non appartiene alla presenza delimitata o circoscrittiva; ma dipende dal fatto che comincia ad essere lì per la consacrazione e la conversione del pane e del vino, come si è detto»[246]. Cioè non si ha la presenza di Cristo nel sacramento nel luogo in modo definitivo e limitato, né si ha la presenza circoscrittiva che commisura le dimensioni del luogo.
Facciamo maggiore chiarezza. La presenza circoscrittiva è quella «per la quale la cosa è in un luogo perché la propria quantità si adatta e commisura con le dimensioni del luogo, in modo che vi sia tutta in tutto il luogo e, mediante le sue parti, nelle parti del luogo»[247], cosa che non avviene nell’Eucaristia.
Non avviene nemmeno la presenza nell’ubi in modo definitive, o locale e limitato, per cui «la cosa è di tal modo in un luogo che, allo stesso tempo, non è presente in un altro»[248] .
Cristo è presente in modo del tutto particolare e ineffabile: è presente sacramentalmente. Che vuol dire? Che il Corpo di Cristo in specie propria sta in cielo e contemporaneamente in molti altari sotto le specie sacramentali[249]. Perciò S. Tommaso dice che «...il Corpo di Cristo è qui presente [nel sacramento] secondo il modo proprio di questo sacramento»[250].
Spesso insegna che il Corpo di Cristo nell’Eucaristia, perché presente in specie sacramenti, è presente per modum substantiae, e non al modo della quantità:
– «…la sua quantità dimensiva (le sue dimensioni) è presente concomitantemente e quasi per accidens. Tali dimensioni sono presenti in questo sacramento non nel modo loro proprio, e cioè integralmente in tutto il corpo e parzialmente nelle singole parti; ma secondo il modo della sostanza, la cui natura è di essere tutta nel tutto e tutta in ciascuna parte»[251].
– «È perciò evidente che il Corpo di Cristo è presente in questo sacramento secondo il modo della sostanza e non secondo il modo della quantità»[252].
– «…il Corpo di Cristo è presente in questo sacramento alla maniera della sostanza, ossia alla stessa maniera in cui la sostanza è presente sotto le proprie dimensioni, non già come le dimensioni: ossia non alla maniera in cui la quantità dimensiva di un corpo è nella quantità dimensiva del luogo»[253].
– «…è presente lì secondo il modo della sostanza, come si è spiegato sopra»[254].
– «Il Corpo di Cristo, come si è già detto, non è in questo sacramento alla maniera della quantità dimensiva, ma piuttosto alla maniera della sostanza»[255].
– «…il Corpo di Cristo, come si è detto sopra, è in questo sacramento alla maniera della sostanza»[256].
Tutto questo ha delle implicanze. S. Tommaso si chiede: «Il Corpo di Cristo, essendo organico, ha le sue parti determinatamente distanziate […], come tra un occhio e l’altro, tra un occhio e un orecchio. Ma questo sarebbe impossibile, se in tutte le parti delle specie ci fosse tutto il Cristo, perché allora in ogni singola parte sarebbero presenti tutte le parti, e così dove fosse una parte ci sarebbe anche l’altra»[257]; e risponde: «Quella determinata distanza tra le parti di un corpo organico si fonda sulla sua quantità dimensiva; ma la natura della sostanza precede anche la quantità dimensiva. Ora, poiché la conversione della sostanza del pane termina direttamente alla sostanza del Corpo di Cristo, e quest’ultimo si trova propriamente e direttamente in questo sacramento secondo il modo della sostanza, le distanze suddette tra le parti organiche [o proporzione] sono senza dubbio nel vero Corpo di Cristo; tale Corpo però non si rapporta a questo sacramento secondo quelle determinazioni spaziali, bensì secondo il modo di essere della propria sostanza, come sopra abbiamo detto»[258].
E in fine: «Il Corpo di Cristo conserva sempre la sua vera natura di corpo e non si cambia in spirito. Ma è proprio della natura del corpo di essere “una quantità avente posizione” […]. Ebbene, la natura della quantità [dimensiva] vuole che parti diverse occupino diverse parti dello spazio. È dunque impossibile che tutto il Cristo sia in tutte le parti delle specie»[259]. E risponde: «L’argomento parte dalla natura del corpo secondo la sua quantità dimensiva. Ma, come noi abbiamo già notato sopra, il Corpo di Cristo riguarda questo sacramento non in ragione della quantità dimensiva, bensì in ragione della sostanza»[260].
È un fatto interessantissimo che noi appena consideriamo. Ed è un fatto davanti al quale anche i grandi teologi sono rimasti estasiati, di fronte a come Dio ha fatto il mistero dell’Eucaristia in un modo assolutamente impensabile per il pensiero umano. Anche dopo la Rivelazione ci ritroviamo con tanti aspetti che evidentemente superano la capacità della nostra comprensione, perché è evidente che Dio ci supera. Dice un teologo, Toledo: «Dio può molto di più di quanto l’uomo possa capire o immaginare. E in realtà, se l’uomo istruito può fare molte cose che l’incolto per ignoranza non può capire né immaginare, come non potrà fare Dio molte più cose di quelle concepibili per l’intelligenza creata o l’immaginazione? È stolto perciò pretendere di misurare con la nostra intelligenza la sapienza di Dio, che è infinitamente più lontana dall’intelligenza creata di quanto questa sia distante da un incolto o dall’immaginazione di un animale irrazionale… In questo mistero occorre l’umiltà, con la quale coesiste la fede, ma non si raggiunge la sua conoscenza perfetta e distinta»[261]. Così avviene con Dio, davanti al quale siamo tutti più che rozzi. Nel sacramento eucaristico Egli ha voluto fare cose meravigliose, come il modo particolare, ineffabile, unico, della presenza per modum substantiae.
Padre Carlos Miguel Buela
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