LA FESTA DEL CORPUS DOMINI
Questo è il giorno fatto dal Signore.
Salmo CXVII, 24.
Tutti i giorni vengono da Dio che nella sua bontà né governa l'ammirabile successione. Tuttavia egli né lascia sei all'uomo perché attenda ai suoi lavori e provveda ai suoi bisogni e si riserva il settimo, onde la domenica è specialmente il giorno del Signore.
Ma fra tutti i giorni uno è per eccellenza il giorno di Dio: il Corpus Domini, la festa di Dio. E' veramente il giorno che il Signore ha fatto per se, per la sua gloria, per la manifestazione del suo amore. La festa di Dio, che bel nome! Festa per Dio, festa pure per noi: vediamo in qual modo.
I. - La festa di Dio che la Chiesa chiama la festa del sacratissimo Corpo di Gesù Cristo, festum sacratissimi Corporis Christi, è il solo giorno consacrato ad onorare unicamente la sua Persona adorabile, la sua reale Presenza in mezzo a noi. Le altre feste celebrano un mistero della sua vita passata: sono belle, danno gloria a Dio e sono feconde di grazie per noi, ma sono un ricordo, l'anniversario di un passato già lontano che rivive nella nostra pietà. Il Salvatore non è più in questi misteri: li ha vissuti una volta, e solo vi rimane la sua grazia. Ma qui è un mistero tutto attuale: la festa ha per oggetto la Persona di Nostro Signore viva e presente in mezzo a noi. Perciò la solennità ha un rito speciale. Non si espongono reliquie od emblemi del passato, ma l'oggetto vivente della festa. E voi vedete nei paesi ove Dio è libero, come tutti attestano la presenza di Gesù prostrandosi innanzi a Lui. Gli empi stessi sono scossi e s'inchinano: Dio è là! Qual gloria da' al Signore, presente in mezzo a noi, questa festa, in cui tutti lo riconoscono e l'adorano! Essa è pure la festa più cara. Noi non abbiamo assistito ai misteri della Vita e della Morte del Salvatore, che celebriamo nel corso dell'anno; sebbene esultiamo delle grazie che ne discendono su di noi.
Ma qui partecipiamo al mistero che si compie sotto i nostri occhi e per noi, tra Gesù vivente nel Sacramento e noi viventi nel mondo è una relazione di vita, di corpo a corpo, onde è che la festa non si chiama semplicemente la festa di Nostro Signore, ma la festa del Corpo del Signore. Mercé questo Corpo tocchiamo Gesù fattosi nostro cibo, nostro fratello, nostro commensale. Festa del Corpo di Gesù Cristo! Quanto amore esprime questo nome così umile e conveniente alla nostra miseria! Nostro Signore ha voluto questa festa per sempre meglio avvicinarsi a noi, come un padre brama di ricevere nella sua festa gli auguri del figlio, per aver l'occasione di attestargli più vivamente il suo paterno amore e fargli qualche favore speciale. Sia dunque questa festa tutta di gioia, e attendiamone le grazie più copiose. Gli inni, i canti di questa solennità esprimono tutti il concetto che Nostro Signore si mostrerà in questo giorno più benevolo che mai. Pare che la Chiesa avrebbe dovuto festeggiare il Corpus Domini nel Giovedì Santo, giorno dell'istituzione dell'Eucaristia.
Ma in quel giorno di lutto non avrebbe potuto esprimere, com'è giusto, la sua gioia; che allora già è cominciato il tempo della Passione, e non si può dar luogo all'allegrezza quando siamo tutti penetrati dal pensiero della morte di Gesù, che domina nei grandi giorni della Settimana Santa.
Infine la festa del Corpus Domini è stata differita oltre l'Ascensione, perché sia lontana ogni idea di mestizia, per l'addio e la separazione di Gesù, e sin dopo la Pentecoste, affinché, ripieni dei doni e del gaudio dello Spirito Santo, possiamo celebrare con le migliori disposizioni la festa dello Sposo divino che abita in mezzo a noi.
II. - Il Corpus Domini è la più grande festa della Chiesa.
La Chiesa è la Sposa di Nostro Signore glorioso, risorto, non di Gesù nascente o morente: ella non esisteva ancora quando si compirono tali misteri.
Senza dubbio la Chiesa vorrà seguire il suo Sposo divino nel presepio e in tutti i suoi patimenti, ma di questi misteri avrà soltanto il ricordo e le grazie.
Gesù è veramente con la sua Chiesa poiché vive nell'adorabile Sacramento. Coloro che non sono mai entrati nel luogo santo credono la Chiesa vedova, senza vita, e ne considerano i templi come luoghi in cui non si parla che di morte e di patimenti. Or ecco in questo giorno quelli stessi, che non vengono alle solennità celebrate nel sacro recinto, la vedono bella di tutto il suo splendore, a cui lo Sposo divino aggiunge la sua presenza. Quale stupendo corteggio si spiega e con quale devozione i fedeli si prostrano! La Chiesa mostra a tutti il suo Sposo nell'ostensorio raggiante. Chi oserà dirla vedova in questo dì? Gli amici suoi adorano, i nemici tremano! Gesù si mostra a tutti, benedice i buoni, volge sui peccatori uno sguardo di compassione, li chiama e attira a sé. Il Concilio di Trento chiama questa festa il trionfo della fede. E la Chiesa pure trionfa nel suo Sposo divino.
III. - Infine questa è la nostra festa, o adoratori del Santissimo Sacramento.
La Congregazione che da esso s'intitola e le sue varie aggregazioni non esistono che per fare a Gesù Cristo una perpetua festa del Corpus Domini: è la legge della nostra vita e della nostra felicità.
Noi lasciamo ad altri figli della Chiesa la cura dei poveri, la missione di guarire le piaghe morali e corporali della povera umanità, amministrare i sacramenti: per noi, siamo chiamati a celebrare tutto l'anno la festa del Corpus Domini. E' dunque la festa tutta speciale di noi religiosi.
Ma è pure la vostra, o fratelli. E non vi siete interamente dedicati al servizio del Santissimo Sacramento? Venuta la notte, vi ritirate e lasciate a noi religiosi di far la guardia a Nostro Signore, così volendo ragioni di convenienza; ma ai piedi del divin Re lasciate il vostro cuore, onde si può ben dire che la vostra vita trascorre qui tutta quanta.
D'altra parte, alla Comunione non fate voi nel cuore una vera festa del Corpus Domini? Oh, voi sapete qual gioia, qual felicità porta Gesù con sé! Dirò di più: per tutte le anime che sanno comunicare non vi è che una festa, la Comunione. Esse vi trovano l'oggetto di tutti i misteri: Colui che li ha vissuti e in onore del quale si celebrano; mentre tanti cristiani non ne hanno che un debole ricordo.
Anzi, dirò che se Gesù non vivesse nel suo Sacramento, tutte le feste cristiane ci lascerebbero l'impressione di anniversari funebri. L'Eucaristia è il sole delle feste della Chiesa: le illumina, le riempie di vita e di gioia.
Fu detto, e con ragione, che l'anima, la quale si comunica spesso e bene, è un festino perpetuo. Quale stupendo tabernacolo è il petto del cristiano che vive con Gesù, di Gesù e per mezzo di Gesù! Oh, la pura ed inalterabile gioia di queste anime!
Intanto sappiamo distinguere dagli altri i giorni che più specialmente sono di Nostro Signore, come il presente. Un re si compiace di spargere le sue munificenze: rendete al divin Re i vostri omaggi ed egli vi darà se stesso e l'effusione delle sue grazie.
Tra i suoi amici egli distingue quelli che arricchirà maggiormente dei suoi favori. Ora qual cosa vi augurerò in questo bel giorno? Non già di diventare dei santi, ricchi di splendide e straordinarie virtù, che non so quando si adempirebbe il mio voto; ma di essere totalmente felici nel servizio di Dio, e che Nostro Signore si comunichi a voi con più tenero amore. Sentendovi più amati, vi darete più generosamente, e il risultato di questi due amori sarà l'unione perfetta.
Qui sta la santità e la perfezione: domandate fiduciosamente di potervi giungere. Date tutto il vostro cuore. Gesù è un tenero padre, siategli figli amorosi; è l'amico più affettuoso, godetevi il suo amore. Chi non ha mai gustato la bontà di Dio mi fa temere assai della sua eterna salvezza! Entrate, entrate in questa immensa bontà! Sentite de Domino in bonitate!
di San Pietro Giuliano Eymard
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