lunedì 30 agosto 2021

L'UOMO E LE SUE TRE ETA’

 


SECONDA ETA’


Caratteristiche

In questa seconda età si ama Dio per sé stesso e per noi. Lo si ama, cioè, per essere felici, ma felici in lui. Questo desiderio della nostra felicità non solo non è immorale, ma neppure è imperfetto e egoista.

Così non è egoista, anzi è un ottimo sposo, colui che ama la sposa, cerca di non dispiacerla mai, le è fedele e vuole essere felice con lei. Sarebbe cattivo se la offendesse; sarebbe egoista se pensasse solo a sé, ai suoi piaceri e divertimenti, senza curarsi dei desideri e delle sofferenze della sposa.

In questa seconda età comincia l'amore perfetto verso Dio; si comincia a cercare decisamente di piacergli, di dargli gloria e a desiderare il Paradiso per quello che veramente è, cioè l'amore ed il godimento eterno di Dio e del Corpo Mistico di Gesù.

I. UMILTA’: NASCONDIMENTO

Volendo crescere nella perfezione è necessario progredire nella verità, ossia nella conoscenza di noi. Si comincia ora a capire che noi siamo proprio nulla, anzi peggio del nulla, perché il nulla non pecca e noi pecchiamo.

Ci andiamo accorgendo quanto siamo deboli, quanto facilmente cadiamo in peccati veniali, quanta propensione abbiamo per il peccato mortale: andiamo sempre più scorgendo in noi rigurgiti di sensualità, tentazioni, irritazioni, insincerità, disobbedienza e insipienze di comando, mancanze di carità, di retta intenzione, superbia, indifferenza alla gloria di Dio e al bene del prossimo, ecc.

Molte volte sono vere mancanze, ma il più spesso sono moti: in ogni caso ci fanno constatare quale abisso di miseria noi siamo e ci fanno sinceramente dispiacere quando altri manifestano un più alto concetto di noi.

Con ragione De Mestre disse: « Il cuore di un galantuomo è un abisso di mostruosità ».

Cominciamo parimenti a conoscere meglio le nostre buone qualità: desiderio di bene, onestà e amore verso Dio e il prossimo, ripugnanza al male, ecc.; ci accorgiamo però quanto esse dipendano da naturale inclinazione, buona educazione ricevuta, ambiente frequentato, ispirazione, ecc.

Questo riconoscimento della miseria nostra e di tutte le cose umane di contro all'unica realtà dell'essenza di Dio e dei valori soprannaturali genera in noi:

a) Basso, cioè giusto concetto dello stato nostro. - Sarebbe un'insigne stoltezza insuperbirci. Infatti perché insuperbirci? Per i nostri peccati? Per le nostre virtù? E che meraviglia c'è se ne abbiamo qualcuna, dopo che siamo stati innestati in Gesù! La meraviglia sarebbe che l'innesto non facesse frutto. Allora sarebbe tagliato, come il fico sterile, e gettato nel fuoco.

Invece di fermarci a considerare le nostre virtù, piccole, difettose e misere rispetto a quelle dei santi, dobbiamo preferire di considerare la nostra miseria. « Chi crede di stare in piedi, ci avverte S. Paolo, veda di non cadere » (1 Cor. 10,12).

Non c'è peccato che fa un uomo, che non possa fare un altro uomo. Chi presume delle sue forze è prossimo a cadere come S. Pietro. L'umiltà scongiura i pericoli. Infatti Dio preserva dalle cadute coloro che a lui ricorrono per essere preservati.

b) Ripugnanza a riflettere su di noi perché il bene che andiamo facendo è da Dio. È quanto mai pericoloso riflettere sul filo del nostro discorso, sulla bontà di una nostra preghiera e azione e contemporaneamente compiacercene. Simile sguardo ci fa venire le vertigini, ci toglie il sostegno di Dio e ci fa affondare come S. Pietro sulle acque.

c) Rettitudine d'intenzione. - Non c'è cosa più stolta che pregare, far opere di carità, di penitenza e d'apostolato per farsi ammirare; non si ha nulla dagli uomini, né da Dio.

Almeno gli stolti che fanno altri peccati hanno qualche cosa: i lussuriosi hanno i piaceri della carne, i golosi quelli del palato, gli avari hanno i denari, ecc. I superbi, invece, non hanno nulla, proprio nulla; parole di lode che si perdono al vento, sguardi sterili di ammirazione, ricordo che svanisce subito. Quand'anche si lascia un nome celebre a che vale?

Che se ne fanno le anime di Cicerone, di Omero, di Virgilio, di Tacito del ricordo degli studenti? Che se ne fanno le anime di Augusto, di Dante, di Goethe delle loro statue?

Il sapiente fa tutto per Dio che tutto vede e di tutto ricompenserà. Lo stolto fa le cose per gli uomini e praticamente perde interamente energie e sacrifici di tutta una vita.

Se, pregando e facendo un'opera buona, ti sopraggiunge un pensiero di vanità e di superbia scacciale subito e rettifica l'intenzione, senza però tralasciare l'azione. « O Signore, è solo per te che faccio questo ».

d) Nascondimento. - Le anime, come le boccette delle essenze, mantengono il loro profumo solo se stanno chiuse. Il silenzio, il raccoglimento, il nascondimento sono le doti principali di un'anima perfetta.

Qualche volta qualcuna di esse ci passa vicina o forse anche ci vive vicina per lunghi anni senza accorgercene; ci accorgiamo di essa solo dopo che è morta. Tanti santi non vengono conosciuti neppur dopo la morte.

La maggior parte degli uomini, invece, strombazzano o almeno cantano in sordina il bene che fanno, come le galline dopo aver fatto l'uovo; qualcuno allora porta via il merito.

Gesù ci avverte: « Guardatevi di fare la vostra elemosina al cospetto degli uomini per essere da loro ammirati; altrimenti non avrete premio dal Padre mio che è nei cieli. Quando tu dunque fai l'elemosina non far suonare la tromba dinanzi a te, come fanno gl'ipocriti nelle sinagoghe e nelle piazze per essere onorati dagli uomini: in verità vi dico che essi hanno ricevuto la loro ricompensa. Ma quando tu fai l'elemosina la tua sinistra non sappia quello che fa la tua destra; affinché la tua elemosina si faccia in segreto ed il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando pregate non fate come gl'ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini; in verità vi dico: hanno ricevuto la loro ricompensa.

Tu invece, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, prega il tuo Padre in segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando digiunate non fatevi tristi, come gl'ipocriti: essi si sformano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano; in verità vi dico che essi hanno ricevuto la loro ricompensa.

Tu invece quando digiuni ungiti il capo e lavati la faccia affinché non apparisca agli uomini che digiuni, ma solo al Padre tuo che vede nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà » (Mt. 6).

ILDEBRANDO A. SAN-ANGELO


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