L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio.
STIGMATE
Chi sta fuori della Chiesa non sa capacitarsi nemmeno intorno allo scopo che possano avere tali stimate. A che cosa tende Iddio con esse?
Noi formuliamo la risposta domandando a nostra volta: quale scopo aveva il Salvatore quando compi Egli stesso dei miracoli? Ebbene, Egli conosceva gli uomini per la cui salvezza s'è fatto uomo; Egli sapeva che tra loro vi sono di quelli che avrebbero creduto senz'altro alla Sua parola. Nataniele apparteneva a costoro, ma era una rara eccezione. Perfino fra gli apostoli da Lui prescelti si trovò un Tommaso; ce ne furono però molti altri che non credettero in Lui.
Ma Egli voleva guadagnare e salvare anche costoro, tutti coloro a cui Egli ha detto: «se non vedete miracoli, voi non credete». E qui Egli non volta loro sdegnosamente la schiena, non dice «se non volete credere, fate a modo vostro, e precipitate per sempre nella vostra rovina!», no, tutti Egli vuol addurre alla fede e perciò, per amore degli increduli. Egli compie miracoli (1Cor., 14, 22). Egli li compie affinché essi credano in Lui, si uniscano a Lui e lo seguano nel Suo regno, nella Sua comunità, nella Chiesa ch'Egli volle costituire. Non è per ridonare la salute ad un singolo infermo ch'Egli opera miracoli, ma per condurre alla fede i dubbiosi; ciò Egli attesta ripetutamente colla Sua parola. Essi devono venire guadagnati alla verità, alla Chiesa, alla fede in Lui mediante le percezioni dei loro propri sensi, affinché per mezzo loro sia aumentata e diffusa fra gli uomini la gloria di Dio. Dalle Sue opere essi devono riconoscerlo e attraverso le Sue opere devono giungere a riconoscerlo ed adorarlo. E sono i carismi qualche cosa di diverso dei miracoli? Non parla di essi già S. Paolo? Si consulti la sua prima lettera ai Corinti e si troverà che egli dice chiaro e netto che i carismi sono dallo Spirito Santo «ad utilitatem», a giovamento non solo di colui che riceve la grazia, ma anche di altri. Essi sono prove dell'esistenza di Dio e della verità della Sua rivelazione, essi costringono lo spirito che riflette a riconoscere l'esistenza d'un ordine soprannaturale e di tutto quello che logicamente ne consegue.
Se Dio compie visibili portenti e miracoli, li compie perché vengano visti ed affinché per loro cagione venga riconosciuta la verità. In ognuno di tali miracoli si contiene la tanto disprezzata «sensazione», ma essa è appunto l'attrattiva naturale per coloro che ancora non credono. Iddio si serve di quest'attrattiva per avvicinarli a sé ed opera colla sensazione, coll’«impossibile» affinché essi, sopraffatti, confessino: «in verità costui era figlio di Dio!». Il Salvatore avrebbe potuto compiere i Suoi miracoli anche in segreto, ma è appunto quello che non volle. Egli si presentò sul teatro della vita e sottopose intenzionalmente i Suoi miracoli divini alla curiosità pubblica e profana.
«Se io non avessi operato fra loro delle cose, dice Egli, che nessun altro ha operato, essi sarebbero senza peccato; ma ora essi le hanno viste ed odiano tuttavia». Egli tollerò che grandi masse di popolo lo seguissero e che per i suoi miracoli gli si stringessero attorno, tanto che per la preghiera non gli rimaneva che la notte e la fuga. E disse espressamente: «qualora io non faccia opere miracolose in nome di Mio Padre, potrete ricusarmi fede; ma se le faccio, credetemi in causa di queste opere!».
Il Salvatore non si muove più fra noi, è ritornato al suo eterno Padre. Ma, secondo la Sua sacra promessa, Egli è ancora presso di noi, presso la sua chiesa cattolica fino alla fine dei tempi. Dunque anche oggi, nell'anno 1927. Ma ove Egli è, dobbiamo incontrarne le orme, le opere caratteristiche, i miracoli. Ed essi esistono di fatto molto più numerosi di quello che immagini il mondo e presto, in un altro libro, ci proponiamo di scriverne in merito. Qui ci limiteremo a dire delle stimate.
Nell'epoca della radio, del cinematografo, dell'automobile e dell'aeroplano, il linguaggio in cui Konnersreuth parla a questo mondo delle novità suona davvero come un linguaggio esotico.
«In lingue straniere e con labbra straniere io parlerò al mio popolo»; a questa parola di Dio ci richiama ancora una volta S. Paolo. Oggi è la lingua straniera del Salvatore sanguinante e crocifisso che parla a noi per mezzo di Teresa Neumann, la quale non lo fa per proprio impulso ma per disposizione di Dio che se ne serve come di suo strumento. Se così non fosse, la Chiesa avrebbe già pronunziata una aspra sentenza, il parroco Naber avrebbe abbandonata da tempo la direzione spirituale di Teresa e anche Roma avrebbe lanciato le sue folgori.
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