A qualcuno forse potrà sembrare che all'uomo non si debbano proporre a credere cose che la ragione non è in grado di investigare; poiché la sapienza divina provvede a ciascun essere secondo la sua natura. Perciò bisogna qui dimostrare che era necessario venissero proposte all'uomo come materia di fede anche cose che sorpassano la ragione.
Ebbene, nessuno tende con desiderio e con impegno verso cose che non conosce. Ora, avendo la divina provvidenza, come vedremo in seguito [lib. III, c. 142], preordinato l'uomo a un bene più alto di quello sperimentabile nella vita presente, era necessario che la mente umana venisse iniziata a cose più alte di quelle raggiungibili al presente dalla nostra ragione; imparando così a desiderare e a perseguire beni che trascendono la nostra condizione attuale. E questo compete soprattutto alla religione cristiana, che promette in modo singolare beni spirituali ed eterni. Ecco perché in essa si riscontrano molti insegnamenti che superano le capacità umane. Invece l'antica legge, in cui c'erano promesse di beni temporali, aveva proposto poche cose superiori all'indagine della ragione umana. - Del resto anche i filosofi hanno seguito lo stesso criterio, nel distaccare gli uomini dai piaceri sensibili, per condurli all'onestà: mostrarono cioè che esistono beni superiori a quelli sensibili, capaci di offrire godimenti superiori a coloro che attendono alle virtù attive e a quelle contemplative.
Anzi è necessario che agli uomini vengano proposte come cose di fede verità di codesto genere, per avere di Dio una conoscenza più vera. Allora soltanto infatti noi conosciamo Dio veramente, quando lo crediamo superiore a quanto l'uomo è capace di pensarne: poiché la realtà divina trascende la conoscenza naturale dell'uomo, come sopra abbiamo notato, perciò dall'esser proposte all'uomo verità divine superiori alla ragione, si conferma nell'uomo l'opinione che Dio è qualcosa di superiore a quanto è possibile pensare.
C'è poi in questo un altro vantaggio, cioè il freno della presunzione che è madre dell'errore. Ci sono invero alcuni così presuntuosi del proprio ingegno, che immaginano di poter misurare con la propria intelligenza la natura divina, ritenendo per vero quello che loro sembra tale, e falso quello che non li persuade. Affinché, dunque, l'animo umano liberato da siffatta presunzione potesse giungere a ricercare con modestia la verità, era necessario che Dio proponesse all'uomo delle nozioni che superano del tutto l'intelligenza umana.
Un altro vantaggio poi è quello cui accenna Aristotele nel decimo libro dell'Ethic. [c. 7, n. 8]. Volendo infatti un certo Simonide convincere un uomo a disinteressarsi delle cose di Dio, per applicare il proprio ingegno alle cose umane, col pretesto che «l'uomo deve intendersi delle cose umane e il mortale di quelle mortali», il Filosofo replica dicendo che «l'uomo deve innalzarsi per quanto è possibile alle cose immortali e divine». Ed ecco perché nell'undicesimo libro De Animalibus afferma, che per quanto sia poca la nostra conoscenza delle nature superiori, tuttavia questo poco è più amato e desiderato di tutta la conoscenza che abbiamo delle nature inferiori. E nel secondo libro del De Coelo et Mundo [c. 12, n. 1] insegna che, sebbene i problemi relativi ai corpi celesti non possano avere che una soluzione modesta e solo probabile, tuttavia produce in chi l'ascolta un grande godimento.
E da tutti questi argomenti appare evidente che la conoscenza delle cose più sublimi, per quanto imperfetta, conferisce all'anima la più grande perfezione. Perciò, sebbene la ragione umana non possa capire pienamente ciò che la trascende, tuttavia acquista così una grande eccellenza, ritenendo almeno per fede codeste verità.
Ecco perché nell'Ecclesiastico, 3, 25, si legge: «Ti sono state mostrate molte cose che sorpassano la comprensione umana»; e nella 1Cor., 2, 10 s., S. Paolo afferma: «Nessuno conosce i segreti di Dio all'infuori dello Spirito di Dio: ma Dio ce li ha rivelati mediante il suo Spirito».
SAN TOMMASO D’AQUINO
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