domenica 1 settembre 2024

CRISTO, VITA DELL'ANIMA

 


Quando si studia il disegno divino, soprattutto alla luce delle lettere di S. Paolo, si vede che Dio vuole che noi cerchiamo la nostra salvezza e la nostra santità, soltanto nel sangue di suo Figlio. Non c'è altro Redentore, non c'è «sotto il cielo, altro nome che sia stato dato agli uomini, pel quale essi possano essere salvati» (6): poiché la sua morte è sovranamente efficace (7). La volontà del Padre Eterno è che suo Figlio Gesù, dopo essersi sostituito a tutta la umanità nella dolorosa passione, sia, costituito capo di tutti gli eletti ch'egli ha salvato per mezzo del suo sacrificio e della sua morte.  

   Perciò «il cantico, che l'umanità riscattata fa sentire in cielo, è un cantico di lode e di azione di grazie a Cristo». 

Quando saremo nell'eternità felice, uniti ai cori dei santi, noi contempleremo Nostro Signore e gli diremo: «Voi ci avete riscattati per mezzo del vostro prezioso sangue; grazie a voi, alla vostra passione, al vostro sacrificio sulla croce, alle vostre soddisfazioni, ai vostri meriti, noi siamo salvati dalla morte e dalla dannazione eterna: o Gesù Cristo, Agnello immolato, a voi lode, onore, gloria e benedizione per sempre!» (1).   

 La passione e la morte del nostro divin Salvatore rivelano la loro efficacia soprattutto nei loro frutti.  

   S. Paolo non si stanca di enumerare i beni che ci ottengono i meriti infiniti acquistati dall'Uomo-Dio, nella sua vita e nelle sue sofferenze. Quando ne parla, il grande Apostolo esulta. Per esprimere il suo pensiero egli non trova altre parole che quelle di abbondanze; di sovrabbondanza, di ricchezze, che dichiara inscrutabili (2). La morte di Cristo «ci riscatta» (3), «ci ravvicina a Dio, ci riconcilia con lui» (4), ci «giustifica» (5), «ci porta la santità e la vita nuova di Cristo» (6). Per riassumere, l'Apostolo paragona Cristo ad Adamo, l'opera del quale Egli è venuto a riparare: Adamo ci ha portato il peccato, la condanna, la morte, Cristo, secondo Adamo ci rende la giustizia, la grazia, la vita (7) (8); la redenzione è stata abbondante (9). «Poiché quale è il delitto, tale è il dono (la grazia) ... e se per colpa di un solo uomo, la morte ha regnato quaggiù; a più forte ragione, coloro che ricevono l'abbondanza della grazia re-gneranno nella vita per opera del solo Gesù Cristo; là dove il peccato aveva abbondato, la grazia ha sovrabbondato» (1); perciò «non c'è più condanna per coloro che vogliono vivere uniti a Gesù Cristo» (2).  

   Nostro Signore, offrendo a suo Padre, in nome nostro, una soddisfazione di infinito valore, ha distrutto l'ostacolo che esisteva tra l'uomo e Dio. L'Eterno Padre guarda ora con amore la progenie umana, riscattata dal sangue di suo Figlio; per suo Figlio, egli la colma. di tutte le grazie di cui ha bisogno per unirsi a lui «per vivere per lui» della vita stessa di Dio (3).  

 

   Così, ogni bene soprannaturale che ci è dato, tutta la luce che Dio ci prodiga, tutti i soccorsi di cui avvolge la nostra vita spirituale, ci sono concessi in virtù della vita, della passione, della morte di Cristo. Tutte le grazie di perdono, di giustificazione, di perseveranza, che Dio dà e darà sempre alle anime di tutti i tempi, hanno la loro unica sorgente nella croce.    

   Oh! veramente se «Dio ha amato tanto il mondo fino a dargli suo Figlio» (4); se egli ci ha «strappati alla potenza delle tenebre e trasportati nel regno di Suo Figlio, nel quale noi abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati» (5); se, dice ancora S. Paolo. Cristo ha «amato ognuno di noi ed ha dato sé stesso per noi» (6), per testimoniare l'amore che aveva pei suoi fratelli; se egli ha dato sé stesso per riscattarci da ogni iniquità e «acquistare, purificandoci, un popolo che gli appartenga» (7), perché esitare ancora nella nostra fede e nella nostra confidenza in Gesù Cristo? Egli ha espiato tutto, saldato tutto, meritato tutto; ed i suoi meriti sono nostri. Eccoci «divenuti ricchi di ogni bene», in modo che, se vogliamo, «niente ci manca più per  la nostra santità» (1).  

Perché ci sono dunque delle anime pusillanimi, che dicono a sé stesse che la santità non è per esse, che la perfezione non è alla loro portata? che dicono, quando si parla loro di perfezione: «Non è per me, io non saprei arrivare alla santità»? Sapete che cosa le fa parlare così? La loro mancanza di fede nell’efficacia dei meriti di Cristo. Poiché Dio vuole che tutti si santifichino (2). È il precetto del Signore: «Siate perfetti come il vostro Padre celeste è perfetto» (3). Ma noi dimentichiamo troppo spesso il disegno divino. Dimentichiamo che la nostra è una santità soprannaturale, la cui sorgente è soltanto in Gesù Cristo, nostro cupo e nostra testa.  

Nei facciamo ingiuria ai meriti infiniti ed alle soddisfazioni inesauribili di Cristo. Senza dubbio, da soli, non possiamo far nulla nella vita della grazia e della perfezione; nostro Signore ce lo dice formalmente (4); e S. Agostino commentando questo testo, soggiunge: […] (5). Quanto è vero! si tratti di cose grandi o di cose piccole, noi non possiamo fare niente senza Cristo.  

Ma, morendo per noi. Cristo ci ha reso libero l'accesso verso il Padre (6), e, per suo mezzo, non c'è grazia che non possiamo sperare. Anime di poca fede, perché dubitiamo in Dio, del nostro Dio?  

Beato Dom COLUMBA MARMION 

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