giovedì 21 maggio 2020

LE SETTE ARMI SPIRITUALI



Santa Caterina da Bologna 


L'ardente amore che essa ebbe per Dio e per il prossimo 

Iddio sa come del suo onore mi ha concesso un immenso desiderio per cui più volte l'ho pregato con cordialissime lacrime e deliberata volontà che esso si degni farmi questa spedale grazia: se la mia dannazione potesse aggiungere onore alla sua Maestà, mi voglia concedere questo: che nel fondo dell'abisso infernale, se fondo si può dire che abbia, di fabbricare con la sua severissima giustizia un altro fondo più orribile e innominabile, dove io, come ultima e più colpevole peccatrice, sia posta a incudine infernale su cui battere incessantemente in riparazione delle colpe di tutti i peccatori passati, presenti e futuri.  

A questo mi offro continuamente con tutto il cuore e deliberata volontà pensando che maggiormente sarebbe letificato il capo della pluralità di tanti membri, quanta è la moltitudine di tutti i peccatori, piuttosto che da me sola, putrido membro. Perché, chiaramente, nel regno di Dio si moltiplicherebbero coloro che lo lodano se, per grazia, al numeroso collegio dei beati si associasse la moltitudine di tutti i peccatori; e meno disonore a te, Dio mio, sarebbe la bestemmia di un'anima sola, piuttosto che quella di tanta moltitudine, anche se sono certa che nessun disonore può essere fatto alla tua Maestà, Dio altissimo e incomprensibile.  

Ma se questa grazia, Signore, io indegnissima non posso avere, e cioè che a Voi si moltiplichino azioni di infinite lodi in cambio della mia dannazione, perché alla altezza della vostra divinità non si può aggiungere onore, almeno fatemi la grazia, pietosissimo Signore, che tutti i peccatori siano salvati, in cambio della mia dannazione; senza confronto, infatti, reputo maggior consolazione e immenso gaudio la salute di tutti i peccatori, piuttosto che di me sola.  

Per questo, senza sosta e ribellione, mi offro mentalmente alla divina giustizia, pregandola di vendicarsi sopra di me delle colpe commesse da tutti i peccatori, affinché la loro salute non mi sia negata per ragione di giustizia. Ma, ohimè! temo veramente che le mie petizioni mi saranno rigettate stracciate sulla faccia, perché il dono della carità, finora, non l'ho mai potuto adempiere. Narrare la causa sarebbe assai poco giovevole; tuttavia, mi soffermerò un poco su questo argomento, nel ricordo della violenza del dolore sopportato per lungo tempo.  

Il dono della carità, per grazia divina, è meravigliosamente concesso e donato a molti e a molte fra i tanti che abitano i luoghi di culto. Con tutto ciò, oggi, quelli che lo possiedono non possono accrescerlo, né elargirlo a chi sta loro vicino; anzi, conviene che lo celino nella terra dei loro cuori e, per questo, sopportino molte e penose angosce.  

Chi è causa di questo, ben lo saprà nel rendere i debiti. Certo che, alcune volte, i superiori, ingannati, sotto il titolo e il nome della sensibilità, impediscono i frutti della più profonda carità e pongono innanzi al loro gregge quello che essi stessi non saprebbero né rodere, né smaltire; e questa è una delle cause che fa precipitare l'osservanza nei monasteri.  

Ohimè, ai nostri giorni l'astuzia dei diavoli è cresciuta molto, così che solo la mente illuminata dalla vera carità può riconoscere i loro malefizi, sempre celati sotto nuove false apparenze; essi tanto hanno brigato, che nei santi collegi non si trova più l'eredità di Cristo. Egli, che non poteva sbagliare, volle lasciare ai suoi apostoli l'usanza di offrirsi reciprocamente la pace come segno di vera di lezione, perché il fuoco della carità crescesse e si irradiasse, alimentato dalla pace spirituale; come il fuoco materiale, senza nuova legna, poco a poco va spegnendosi finché non muore, così il fuoco della carità sempre più va mancando, perché non saviamente alimentato. Il diavolo, sotto il manto della virtù, ha scacciato la radice di tutte le virtù: così, nei santi collegi, non solo non si danno la pace, ma, addirittura, non osano neppure guardarsi in faccia l'un l'altro. L'esperienza insegna: a buon intenditor, poche parole.  

Ma chi, per divina concessione, è fatto medico delle altrui infermità, per carità di Dio, pensi bene alla rovina che viene dalla mancanza di amore fraterno, se la più nobile e indispensabile virtù delle sante congregazioni, quella di sapere sopportare i difetti gli uni degli altri, è tanto indebolita che un minimo fuscello pare una inamovibile trave. Perciò, si può ben comprendere l'urgenza di attizzare insieme e senza sosta, religiosamente e santamente, il fuoco della carità, affinché il nemico, che cerca di smorzarlo perché ben sa quanto sia necessario, al tutto sia confuso e gettato nel profondo dell'abisso infernale. Amen. Deo gratias. 

Illuminata Bembo 

Nessun commento:

Posta un commento