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L'esercizio del potere sovrano imponeva al Papa una vigile amministrazione dei suoi Stati. Nonostante le preoccupazioni spirituali, i conflitti politici e i preparativi per la guerra contro i turchi, che mobilitavano tutti i suoi sforzi, Pio V si interessava di tutto, tanto delle cose più minute di Roma, quanto dei grandi affari della Chiesa. Ma lo storico, per apprezzare i suoi atti, deve tener conto del pensiero e dell'indole del tempo.
Per esempio, le misure adattate verso gli ebrei sono cosi lontane dai nostri costumi da sembrare severe. Le usanze del tempo e tutto un passato di strozzinaggio, tuttavia, le mettono in salvo da un' assoluta sconfessione. Questi, espulsi si può dire da tutti gli Stati, vennero accolti dai Romani Pontefici; ma essi approfittarono di questa caritatevole ospitalità, per arricchirsi a danno del popolo e corromperlo. Per via di prestiti a usura riducevano le famiglie alla miseria, fomentando nello stesso tempo la disonestà; celavano le ruberie, nascondevano i malfattori, e col pretesto di esercitare la medicina, s'abbandonavano a delle pratiche occulte che pervertivano la gente.
Senza paura di eccitare il loro sdegno, Pio V li bandì dai suoi Stati, concedendo loro il solo territorio di Roma e Ancona, ma a patto che fosse sorvegliata la loro andata e venuta. Confinati nei dintorni del teatro Marcello, dopo che da Paolo IV erano stati costretti a passare dal quartiere di Trastevere a quello del Ghetto, dovevano secondo il costume medioevale portar una berretta color d'arancio e non recarsi di notte presso qualsiasi cristiano. Per temperare gli effetti di questo rigore il Papa s'occupava vivamente della loro conversione, e la gioia da lui provata nell'abiura fatta dal rabbino Carcossi dimostra che più che punirli egli desiderava beneficarli.
Il suo amore per la giustizia lo rendeva inesorabile con tutti i malfattori. Le calamità di quei tempi favorivano la violenza; le battaglie erano cosi frequenti che il gusto di combattere era diventato un'abitudine, e il più piccolo urto bastava a suscitarle. Le querele si tramutavano in risse, che finivano in omicidi.
Per mettere un freno a simili uccisioni, Pio V proibì il porto dei piccoli archibugi, dei pugnali, degli stiletti, che si potevano facilmente nascondere. Rese più severa la repressione del brigantaggio, e volle soprattutto che si eseguissero le sentenze di condanna. E siccome quest'opera di preservazione interessava tutti i paesi, egli mise in relazione tra loro i comuni, dichiarandoli responsabili delle aggressioni che avvenivano nel loro territorio, e ottenne dalla Toscana e da Napoli la estradizione dei colpevoli.
Costoro trovavano spesso rifugio presso autorità pusillanimi; il Papa interdisse ai feudatari della Santa Sede di metterli in salvo. Ma s'egli voleva che gli assassini fossero consegnati alla giustizia, esigeva una cattura legale, non permettendo che venissero loro tese delle imboscate.
Il capo dei banditi che infestavano la Marca di Ancona, Mariano d'Ascoli, era riuscito a sottrarsi alle ricerche della polizia. Un contadino, suo parente, si offerse a tendergli un'insidia, invitandolo a desinare. Pio V disapprovò un simile tradimento. Saputo questo, Mariano volle vincere il Papa in generosità, lasciando immediatamente gli Stati Pontifici, seguito dai complici dei suoi misfatti.
Presso le coste trafficavano numerosi corsari. Avveniva alle volte che delle navi, inseguite dai pirati e sbattute dalle tempeste, riparassero presso le sponde o si fracassassero contro gli scogli. I rivieraschi del luogo, approfittando della disgrazia, depredavano le merci e facevano pagare ai passeggeri il riscatto. Pio V rimise in vigore gli editti di Giulio III e Leone X. D'accordo coi principi italiani armò delle galee le quali incrociando l'Adriatico e il Mediterraneo davano la caccia ai pirati e assicuravano la libera navigazione.
Che i giudici commettessero talvolta degli sbagli nei processi non era una novità. Il Papa approvò lo Statuto del popolo romano, codice redatto da due eminenti giureconsulti, Antonio Vellio e Marc'Antonio Borghese. Quindi incaricò degli ispettori che controllassero gli atti e rivedessero le sentenze; e qualche buona punizione inflitta a magistrati oppressori fece ritornare l'ordine e prevenne gli abusi. Pio V ascoltava paternamente e di persona le lamentele del popolo. L'udienza, cominciata di buon mattino a lume di candela, malgrado il dispiacere degli officiali, proseguiva sino a tre ore dopo mezzogiorno, senza che il Santo Padre prendesse alcuna refezione, fuorché un po' di minestra o qualche frutto.
I poveri avevano sempre la preferenza. Egli ascoltava i loro lamenti, li confortava con buone parole, li sovveniva con elemosine, e se la miseria e non già la sregolatezza li aveva costretti a far debiti, dava loro dei sussidi; liberava quelli che si trovavano in prigione per cagione di creditori inesorabili, e non tollerava che si lasciassero deperire per mancanza di alimenti e di medicinali. Assegnò anzi per essi degli avvocati, pagati a sue spese, e stabili che i loro piccoli crediti avessero diritto di prelazione nelle liquidazioni giudiziarie.
Se puniva i delinquenti, non mancava di mostrare verso di loro una sincera compassione. Qualora fossero caduti ammalati, li faceva togliere dalla prigione, e ricoverare nell' ospedale annesso alle carceri.
Avendo saputo che certi capitani di galee non davano la libertà ai prigionieri, prescrisse ad Andrea Doria di lasciare sul campo di battaglia ogni combattente che fosse stato fatto prigioniero contro i regolamenti di guerra.
Gli stessi condannati a morte sperimentarono la clemenza del Papa; non già che fossero sempre graziati, perché dovevano pur servire di esempio agli altri, ma nel senso che il Papa volle prendere sotto la sua tutela la Confraternita della Misericordia, stabilita a Firenze, per assisterli nella loro triste sorte. Concesse loro un'indulgenza plenaria, e permise che prima dell'esecuzione capitale si celebrasse per essi una messa prima dell'aurora. Diede ordine al suo Nunzio a Madrid di far revocare dal re un decreto che vietava loro la comunione, e alla chiesa della Decollazione di S. Giovanni Battista concesse la prerogativa dell'altare privilegiato in loro favore.
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Del Card. GIORGIO GRENTE
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