domenica 6 settembre 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



LA LIBERTA’ DELL’UOMO 

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Possiamo anche farci un’altra domanda: chi si d ecide a cercare Dio, lo fa per servire Dio o perché quel servizio gli porta un vantaggio? Non sarebbe ciò una forma di egoismo sottile, che cerca anzitutto la propria felicità, come altri la cercano in altra direzione? Questa felicità dev’essere una conseguenza, non un fine, di quel servizio libero e disinteres- sato al loro Creatore. L’uomo trova la felicità perché ha raggiunto il centro e la ragione della sua esistenza. Non è schiavo di nessuno, neppure di sé stesso; la sua libertà gli viene perché l’amore l’ha fatto schiavo del suo Signore, raggiungendo la meta per la quale è stato creato. Quanto più la creatura eserciterà la libertà in quella direzione, tanto più sarà perfetta sia la libertà come la creatura. Il contrario di quel che fece Lucifero e poi il primo uomo: una ribellione nella quale la libertà non seppe decidersi per la perfezione di sé stessa. Forse che il demonio è più libero per il fatto di voler tutto il contrario di quel che vuole Dio? È molto istruttiva la sua rappresentazione in catene. Forse che le catene gliele ha messe Dio? No, gliele ha messe il suo orgoglio; il demonio è l’eterno incatenato dal suo “amor-proprio”. Gli uomini, quanto più “amano” sé stessi disordinatamente, più vanno assomigliando al demonio. La vera libertà sarà sostituita da una schiavitù satanica, nella quale l’orgoglio li tiene prigio - nieri come in un inferno. 

Il servizio di Dio non deriva da nessun complesso – benché il demonio faccia credere questo agli uomini per farli suoi schiavi – ; il servizio di Dio deriva da un ordine giuridico e razionale reclamato dal diritto, per essere noi sue creature. 
È vero che Dio creò l’uomo libero, ma questa libertà, preceduta dalla conoscenza e dall’amore, gli è stata data affinché riconosca e abbracci liberamente quella dipendenza giuridica e razionale. Il contrario è ribellione, quindi una falsa libertà che tenta di instaurare un ordine antigiuridico. 

Ora ci si può domandare: come può esistere l’esercizio di una libertà, quando esiste un’unica direzione? Questo è radicato nell’essenza stessa della volontà, che tende natural- mente verso il Bene e quando sceglie il male lo fa sotto l’aspetto di bene. La libertà non si decide per un male o per un bene; essa decide tra due realtà che appaiono sotto l’aspetto di bene, benché una di esse non lo sia. Quando l’uomo cerca anzitutto il suo proprio bene, posponendo il Bene, allora, presto o tardi, sperimenterà che si è deciso per il male – questo è agire per “convenienza” – . Solo quando si agisce con una coscienza retta si sperimenta la sensazione di aver operato bene, perché se si è scelto una cosa cattiva, è stato perché in coscienza la si è vista come Bene. La tentazione del demonio al primo uomo in parte era vera: «Sarete come Dio, conoscitori del bene e del male». L’uomo non conosceva il male finché non l’ha sperimentato. I santi hanno conosciuto il male, ma l’hanno superato indirizzando la loro libertà al conseguimento del Sommo Bene. 

Il dolore, che è un male, come conseguenza del peccato, non entrava nella prima economia; ora la libertà non si purificherà se non attraverso il dolore, che è un male relativo, ma apre la via verso il Sommo Bene. Il ribellarsi contro il dolore è un nuovo peccato che fa scendere più in basso l’uomo. La libertà deve accettare il dolore come medicina di salvezza. Se lo rifiuta, sta rifiutando la cura, il che non è altro che ostacolare il ritorno al Paradiso perduto. Per condurci ad esso è venuto il Figlio di Dio e ci ha detto che Lui era la Via per andare al Padre: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». E a quel Padre, che abbiamo perduto nel Paradiso, non potremo tornare se non rassomigliamo al suo Figlio Unigenito. È dentro di Lui che dobbiamo vivere, perché il Padre ci veda attraverso suo Figlio. Vedendoci così identificati, possa Egli esclamare di ciascuno di noi: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto». Ma non possiamo stare entro suo Figlio se non percorrendo la via che Egli percorse: «Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato». La Volontà del Padre stava nella Croce, nel Calvario e nella Morte, per redimerci dai nostri peccati; non che la Volontà del Padre avesse scelto per suo Figlio la croce, il calvario e la Morte; fu l’uomo che fece questa scelta e la giustizia del Padre l’accettò. Rifiutare la croce che la giustizia del Padre stabilisce per ciascuno di noi è rifiutare la “Via” che ci conduce al Padre. Il Figlio Unigenito l’ha percorsa per nostra salvezza; noi dobbiamo percorrerla, non tanto per nostra salvezza, ma perché Lui l’ha percorsa per ciascuno di noi. Che profonde le parole di Gesù, attraverso queste considerazioni: «Io sono la via»! Mai saremmo usciti da noi stessi, neppure con la parte migliore della nostra volontà. Solo l’Amore di Gesù ci tirò fuori dalla condizione di ripiegamento su noi stessi in cui vivevamo, aprendoci la via – «facendo di una via ignominiosa, che gli diedero gli uomini, via di salvezza» – che percorriamo quando, spinti dall’amore, ci decidiamo a seguirlo. L’amore a noi stessi non avrebbe mai accettato il dolore per ritornare al Padre. Ma suo Figlio si fece dolore per ciascuno di noi perché, vedendolo, abbracciassimo il dolore. 

Qui la libertà ha un ruolo di somma importanza, deve decidersi per realtà profonde che le propone la fede, e non lasciarsi soggiogare dalla resistenza di una natura decaduta, utilizzata costantemente dal demonio. Se nel Paradiso l’uomo ha abbracciato il male senza conoscerlo, ora deve abbracciare il dolore, coscientemente, perché nasconde un bene: la sua purificazione e la sua salvezza. Questo è ciò che hanno fatto i santi. Quando, per mezzo del dolore, sarà stato purificato il nostro egoismo, l’anima uscirà dalla sua schiavitù, l’attaccamento a sé stessi, ricuperando la sua autentica libertà: la perfetta scelta del Bene. 

JOSÉ BARRIUSO

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