Quando a san Girolamo venne chiesto perché si fosse ritirato in una grotta di Betlem a vivere da eremita penitente, egli rispose: «Mi sono condannato a questa prigione perché temo l'Inferno».
Un gigante di dottrina e di santità come san Girolamo, teme l'inferno. Noi invece, senza dottrina e senza santità, né ci preoccupiamo né vogliamo affatto pensare all'inferno. E così dimostriamo quel che siamo: poveri incoscienti.
San Paolo, rapito al terzo cielo, e carico di meriti, teme di potersi dannare (1Cor 9,27). Noi invece, con una superficialità che fa spavento, crediamo di evitare l'inferno senza né meriti né timori. Anzi, arriviamo a raccomandare di non parlare mai dell'inferno perché «impressiona», non curandoci neppure del fatto che Gesù nel Vangelo ha parlato dell'inferno non solo qualche volta, ma ben diciotto volte!
Come al solito, vigliacchi quali siamo, a noi piacciono soltanto discorsi allegri e do1ciastri, da cristianesimo facile e facilone, a base di fatui osanna e alleluia. La Chiesa invece, come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, il «fuoco eterno» (n. 1035).
«Via da me, maledetti!»
Questa è la terrificante condanna di coloro che muoiono in peccato mortale. «Costoro andranno all'eterno supplizio» (Mt 25,46).
«Andranno ...». All'inferno ci va soltanto chi vuole andarci. Dio ci crea tutti per il Paradiso e ci dà i mezzi per raggiungerlo. Ma ci lascia liberi di accettare o no. L'uomo che rifiuta, quindi, sa di perdere il Paradiso e di scegliere l'inferno. Egli vuole così, liberamente. Né si può fare torto a Dio perché rispetta la libertà dell'uomo! Ma quale follia rinunciare a Dio, perdere il Paradiso, precipitarsi in quell'abisso di orrori che è la dimora dei demoni!
La visione beatifica di Dio, l'unione a Gesù e alla Madonna, la compagnia degli Angeli e dei Santi ...: la perdita di questi beni infiniti costituisce la pena del danno dei dannati, ossia la pena più orrenda e spaventosa che si possa concepire. Del resto, se è vero che con il peccato mortale si crocifigge di nuovo Gesù nel proprio cuore (Eb.6,6), di quale supplizio «non sarà degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio» (Eb.10,20)?
«...nel fuoco eterno»
All'inferno c'è anche la pena del senso, ossia il «fuoco eterno» (Mt 18,7) che fa stare i dannati «in preda ai tormenti ... di una fornace ardente» (Lc 16,23-4).
La Geenna è l'immagine più espressiva che Gesù ha usato per raffigurare l'inferno. La Geenna è un profondo vallone su uno dei fianchi di Gerusalemme. In essa si gettavano tutte le immondizie della città, che venivano bruciate da un fuoco perenne.
L'inferno è l'immondezzaio del cielo e della terra: in esso si raccolgono tutti gli angeli ribelli e tutti gli uomini immondi, perversi e corrotti, morti in peccato mortale. Tutti bruceranno con «fuoco inestinguibile» (Mc 9,44), odiosi a Dio per l'eternità.
Davvero è «cosa tremenda cadere nelle mani di Dio» (Eb.10,31).
Ma non si potrà forse dire che sia sproporzionata la pena eterna per le colpe dell'uomo? No perché «come la ricompensa sta al merito - scrisse san Tommaso d'Aquino - così la pena sta alla colpa». Alle azioni buone corrisponde il Paradiso eterno. Alle azioni cattive (peccati mortali) corrisponde l'inferno eterno.
Il ricco epulone che durante la vita aveva pensato al tanto ai «sontuosi banchetti» nei quali gozzovigliare, e il povero Lazzaro, invece, che aveva sopportato in pace le proprie sventure, lasciando che persino i cani venissero «a leccargli le piaghe», ci fanno comprendere molto bene la diversa sorte eterna che spetta agli uomini cattivi e buoni (Lc 16,19-31).
«Molti si dannano»
A Fatima l'Immacolata fece vedere l'inferno ai tre Pastorelli. E Lucia ha descritto quella visione come meglio poteva con queste parole: «Vedemmo, come in un mare di fuoco, immersi i demoni e le anime, quasi fossero carboni trasparenti e neri, abbronzati, in forma umana, fluttuanti nell'incendio sollevato dalle fiamme che si sprigionavano da essi stessi come nuvole di fumo e cadenti da ogni lato, come lo sfavillare dei grandi incendi. Senza peso né equilibrio, fra urla e gemiti di dolore e di disperazione, che terrorizzavano e facevano svenire dalla paura ...».
«Avete visto - disse la Madonna - l'Inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori? Per salvarli il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato».
Riflettiamo seriamente su questo richiamo della Madonna, attacchiamoci fortemente al suo Cuore Immacolato, e teniamo ben radicato in noi l'impegno di vivere sempre in grazia di Dio, pronti a tutto soffrire, pur di non commettere un peccato mortale: «Non temete coloro che uccidono il corpo, ma che non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perdere l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10,28). Se gli uomini pensassero seriamente a queste parole di Gesù, chi mai si dannerebbe?
«Come muore un dannato»
San Clemente Hofbauer, apostolo di Vienna andò a visitare un moribondo miscredente, e fu accolto con insulti.
- Vattene al diavolo, frate! ... Perché non te ne vai?
- Perché voglio vedere come muore ... un dannato!, risponde il Santo.
A queste parole il moribondo resta colpito. Ammutolisce. Intanto san Clemente invoca la Madonna con ardore. Dopo poco, si ode il moribondo singhiozzare. Infine esclama: - Padre mio, perdonatemi. Accostatevi.
Si confessa tra le lagrime, e muore invocando Maria, Rifugio dei peccatori.
«La misericordia immensa di Maria - ha scritto san Giovanni Crisostomo - salva un gran numero di infelici che, secondo le leggi della divina giustizia, andrebbero dannati». Affidiamoci a Lei, dunque, con ogni fiducia.
Padre Stefano Manelli
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