Qualche considerazione teologica
Sulle visioni dei Santi qui addotte si potrebbero fare parecchie considerazioni da vari punti di vita. Ci limiteremo a farne qualcuna soprattutto d'indole teologica e morale.
1. Non sfugga all'attenzione, prima di tutto, che quanto accaduto ai Santi e qui esposto, è dovuto all'iniziativa di Dio stesso. Tutte le visioni, infatti, ci dicono che esse sono volute e permesse da Dio per ribadire e confermare questo tremendo mistero dell'inferno. In effetti, a parte ogni considerazione, i Santi sono i migliori interpreti della Rivelazione di Dio. È Lui che fa "scendere" all'inferno il veggente o la veggente o fa guidare da angeli chi ha stabilito debba subire sì straordinaria e tremenda avventura o esperienza. Ciò dice che il suo dominio si estende per davvero ad ogni realtà esistente, ed è Lui il vero Signore e dominatore di tutto, compreso l'inferno. Non è il diavolo il padrone dell'inferno, anche se egli esercita qui un dominio che è, prima per lui, fonte di inaudite sofferenze
2. Il mistero dell'inferno, considerato soprattutto nella sua eternità, sconcerta e fa quasi smarrire la ragione. Ma esso si illumina non poco se si pensa - come hanno affermato vari dei Santi qui proposti - che esso è voluto e creato dal demonio e dal dannato stesso. I veggenti di Medjugorje, dopo aver visto l'inferno, chiedono alla Madonna se quelle persone dannate, potranno un giorno, uscire dall'inferno - e la Madonna risponde: "L'inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere più niente da Dio, hanno scelto liberamente di essere lontani da Dio, per sempre! Dio non vuole forzare nessuna ad amarlo". Dio, sommo amore, mai avrebbe voluto l'inferno. In un esorcismo fatto a Roma dal P Candido, a questi che aveva detto con ironia al demonio: "Vattene da qui, tanto, il Signore te l'ha preparata una bella casa, ben scaldata!", il demonio avrebbe risposto: "Tu non sai niente. Non è Lui che ha fatto l'inferno. Siamo stati tutti noi. Lui non ci aveva neppure pensato".
3. L'inferno è prodotto ed esiste per il peccato, e perciò è il peccato il vero creatore dell'inferno, quel peccato sul quale tanto si scherza e si ironizza, e che lo si vuole in nome della vita e della felicità da godere. L'inferno è la mercede del peccato, di ogni peccato che offende gravemente il Signore: mercede, conseguenza e frutto del peccato, soprattutto del peccato impuro sessuale in tutte le sue forme. Ne sono convinti e consenzienti tutti i Santi che presentano l'inferno. Si rilegga quanto detto ed esortato dall'Angelo a S. Giovanni Bosco, parole confermate non meno da Giacinta, la piccola veggente di Fatima che, prima di morire, dirà tra l'altro: "I peccati che portano più anime all'inferno sono i peccati della carne. Verranno certe mode che offenderanno molto Gesù. Le persone che servono Dio non devono seguire la moda. La Chiesa non ha mode. Gesù è sempre lo stesso". Tutti i dannati, nella visione di S. Giovanni Bosco avevano scritto in fronte il proprio peccato. In effetti è il peccato che danna l'anima. La visione di Don Bosco vuol dire pure forse che ognuno si può dannare anche per un solo peccato mortale, se la morte dovesse accadere senza aver potuto liberarsi da tale stato. Ma generalmente ci si danna soprattutto per un peccato predominante nella vita terrena, dal quale proliferano tante altre male erbe. L'affermazione che l'inferno è il prodotto dell'inferno, non è inficiata da quanto afferma S. Veronica Giuliani, che si va all'inferno soprattutto per l'ingratitudine all'amore di un Dio appassionato, flagellato e coronato di spine e morto per noi. In effetti, ogni peccato è un gesto di ingratitudine allo sconfinato amore di Dio. In pratica l'inferno è la ricompensa di chi non ha voluto capire e apprezzare e accettare l'infinita follia di un amore divino donatosi tutto. E sull'infinita misericordia di Dio ha prevalso, se così ci è lecito esprimerci, l'infinita giustizia di Dio: "Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Vi sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno" (S. Veronica). Il fatto che l'inferno sia originato dal peccato spiega tante cose! Ma, pur con queste luci, il mistero si chiarisce fino a un certo punto. Ci si domanda, infatti, subito: come può l'uomo volere veramente l'inferno? La risposta di S. Tommaso illumina fino a un certo punto. Egli dice che i dannati sono ostinati come i demoni e perciò il loro volere non potrà mai essere buono. E spiega così la cosa: "... il valore deliberativo deriva da loro stessi (cioè dagli spiriti dannati stessi), in quanto è in loro potere inclinare con l'affetto verso questa o quell'altra cosa. E tale volere in essi è solo cattivo, questo perché essi sono del tutto stornati dall'ultimo fine del retto volere; e d'altronde non può esserci un atto buono di volontà, se non in ordine alfine predetto. Quindi anche se vogliono un bene, lo vogliono non bene, cosicché il loro volere anche in tal caso non può dirsi buono". E ciò perché la volontà degli angeli buoni (e quindi anche delle anime umane con la morte del corpo) è confermata nel bene, mentre la volontà dei demoni (e anche di tutti i dannati) è ostinata nel male. La causa di questa ostinazione non proviene dalla gravità della colpa, bensì dalla particolare condizione della loro natura e del loro stato. Mentre infatti l'uomo, nel conoscere, procede discorrendo e cioè passando gradatamente da una verità all'altra, l'angelo invece - e similmente l'uomo con la morte - percepisce col suo intelletto in modo irremovibile. E perciò la volontà dell'uomo aderisce ad una cosa in modo instabile, conservando il potere di staccarsi da essa per aderire ad una cosa contraria; la volontà dell'angelo, invece, aderisce stabilmente e irremovibilmente al suo oggetto.
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Padre Antonio Maria Di Monda
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