SUA DELICATEZZA CON IL PARROCO AMMALATO
Don Costantini era più che contento della instancabile attività del suo Cappellano e gli voleva bene. Ma altrettanto bene gli voleva Don Sarto.
Il povero Parroco, abitualmente malaticcio, doveva spesso rimanere a letto e Don Giuseppe allora era tutto cuore nell'assisterlo. Ne sollevava con le sue graziose lepidezze lo spirito, lo circondava delle più affettuose attenzioni, e, quando qualche mattina poteva alzarsi, lo accompagnava in chiesa, gli preparava l'occorrente per la Messa, lo serviva amorevolmente all'altare e lo riaccompagnava in Canonica, non lasciandolo se non dopo averne ricevuti gli ordini o presi i consigli sui diversi affari da trattare nel corso della giornata. (84)
La nipote di Don Costantini che noi già conosciamo raccontava:
“Alla mattina Don Giuseppe veniva per tempo in Canonica, e, con quel suo fare gioviale, sempre allegro e sereno, chiedeva allo zio:
— “Oh! ancuò cossa gastu che ti dìol, Piovan? (85).
E se lo zio rispondeva che non si sentiva bene, che non poteva alzarsi, allora Don Giuseppe, pronto gli diceva:
— “Ben, ben: va là, va là. . . . sta quieto, no state tor pensieri: farò mi, Piovan” (86).
— “Ma se ti ga za da far una predica? (87) — soggiungeva lo zio.
— “Eh!. . . ben, ben!. . . non badarghe ti, Piovan, ghe ne farò do” — rispondeva Don Giuseppe (88).
E ritornava, instancabile, al suo lavoro, con umiltà, senza ostentazione, in silenzio, perché in primo piano spiccasse sempre la figura e l'autorità del Parroco (89): arte squisita, ma difficile che solo i Santi conoscono.
Il Beato Pio X, del Padre Girolamo DAL GAL Ofm c.
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