Dalla Gerarchia Cardinalizia di Carlo Bartolomeo Piazza
e dalle Rivelazioni Private della mistica Maria Valtorta
Martirio e morte del piccolo Castulo e S. Messa di S. Paolo al Tullianum.
***
Mentre essi cantano sono entrati anche dei soldati romani e dei carcerieri, i quali montano anche la guardia perché non entrino persone nemiche.
Paolo si appresta al rito.
“Tu sarai il nostro altare” dice a Castulo. “Puoi tenere il calice sul tuo petto?”
“Sì”.
Viene steso un lino sul corpicino del bimbo e sul lino sono appoggiati 9 il calice e il pane.
E assisto alla Messa dei martiri che viene celebrata da Paolo e servita dai due preti chel’accompagnano. Però non è la Messa come è ora45. Mi pare che abbia parti che ora non ha e non abbia parti che ora ha. Non ha epistola, per esempio, e dopo la benedizione: “Vi benedica il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo” (dice così) non ha altro46. Però dal Vangelo alla Consacrazione sono uguali a ora. Il Vangelo letto è quello delle Beatitudini47.
Vedo il lino palpitare sul petto di Castulo il quale, per ordine di Paolo, tiene fra le dita la base del calice perché non cada.
Vedo anche che quando Paolo dice: “Questa consacrazione del Corpo...” un fremito di sorriso scorre sul volto piagato del piccolino e poi la testolina si abbatte subito con una pesantezza di morte che sempre cresce.
Plautina ha come un sussulto ma si domina. Paolo procede come non notasse nulla. Ma quando, franta l’Ostia, sta per curvarsi sul piccolo martire per comunicarlo per primo con un minuscolo frammento, Plautina dice: “È morto”, e Paolo sosta un attimo, dando poi alla matrona il frammento destinato al bambino, che è rimasto con le ditine serrate sul piede del calice nell’ultima contrazione, e glie le devono sciogliere per poter prendere il calice e darlo agli altri.
Poi, distribuita la Comunione, la Messa ha termine. Paolo si spoglia delle vesti e ripone queste e il lino e il calice e la teca delle ostie in una sacca che porta sotto il mantello. Poi dice:
“Pace al martire di Cristo. Pace a Castulo santo”.
E tutti rispondono: “Pace!”
“Ora lo porterò altrove. Datemi un manto, ché ve lo avvolga. Lo porterò senza attendere la sera. Questa sera verremo per Fabio. Ma questo... lo porterò come un bambino addormentato. Addormentato nel Signore”.
Uno dei soldati dà il suo mantello rosso; e vi depongono il piccolo martire e ve lo avvolgono, e Paolo se lo prende in braccio (a sinistra) come fosse un padre che trasporta altrove il figlioletto dormiente, col capo curvo sulla spalla paterna.
“Fratelli, la pace sia con voi, e ricordatevi di me quando sarete nel Regno”. Ed esce benedicendo.
Dice Gesù:
«Non è Vangelo, ma voglio che sia considerato uno dei “vangeli della fede”48 13 per voi che temete.
Anche delle persecuzioni temete. Non avete più la tempra antica. È vero. Ma Io sono sempre Io, figli. Non dovete pensare che Io non possa darvi un cuore intrepido nell’ora della prova.
Senza il mio aiuto nessuno, anche allora, avrebbe potuto rimanere fermo davanti a tantosupplizio. Eppure vecchi e bambini, giovinette e madri, coniugi e genitori, seppero morire, incuorando a morire, come andassero a festa. E festa era. Eterna festa!
Morivano, e il loro morire era breccia nella diga del paganesimo. Come acqua che scava e scava e scava e rompe lentamente ma inesorabilmente le più forti opere dell’uomo, il loro sangue, sgorgando da migliaia di ferite, ha sgretolato la muraglia pagana e come tanti rivoli si è sparso nelle milizie di Cesare, nella reggia di Cesare, nei circhi e nelle terme, fra i gladiatori e i bestiari, fra gli addetti ai pubblici bagni, fra i colti e i popolani, dovunque, incessabile e invincibile.
Il suolo di Roma è imbibito di questo sangue e la città sorge, potrei dire che è cementata col sangue e la polvere dei miei martiri. Le poche centinaia di martiri che voi conoscete sono un nulla rispetto ai mille e mille ancora sepolti nelle viscere di Roma e agli altri mille e mille che bruciati sui pali nei circhi divennero cenere sparsa dal vento, o sbranati e inghiottiti da fiere e da rettili divennero escremento che fu spazzato e gettato come concime.
Ma se voi non li conoscete, questi miei eroici sconosciuti, Io li conosco tutti, e il loro annichilimento totale, sin dello scheletro, è stato quello che ha fecondato più di qualunque concime il suolo selvaggio del mondo pagano e lo ha fatto divenire capace di portare il Grano celeste.
Ora questo suolo del mondo cristiano sta ritornando pagano e germina tossico e non pane. È perciò che voi temete. Troppo vi siete staccati da Dio per avere in voi la fortezza antica.
Le virtù teologali sono morenti là dove già non sono morte. E quelle cardinali neppure le ricordate. Non avendo la carità, è logico non possiate amare Dio sino all’eroismo. Non amandolo,
non sperate in Lui, non avete in Lui fede. Non avendo fede, speranza e carità, non siete forti, prudenti, giusti. Non essendo forti, non siete temperanti. E non essendo temperanti, amate la carne più dell’anima e tremate per la vostra carne.
Ma Io so ancora fare il miracolo. Credete pure che in ogni persecuzione i martiri sanno esser tali per aiuto mio. I martiri: ossia coloro che mi amano ancora. Io, poi, porto il loro amore alla perfezione e ne faccio degli atleti della fede. Io soccorro chi spera e crede in Me. Sempre. In qualunque evenienza.
Il piccolo martire che resta con le manine strette al calice,
anche oltre la morte, vi insegna dove è la forza. Nell’Eucarestia. Quando uno si nutre di Me, secondo il detto di Paolo49 14, non vive più per sé ma vive in lui Gesù. E Gesù ha saputo sopportare tutti i tormenti, senza flettere. Perciò chi vive di Me sarà come Me. Forte.
Abbiate fede.»
A cura di Mario Ignoffo
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