venerdì 17 luglio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



LE PENE DEI, PURGATORIO E IL LORO RIGORE 


Pena del danno e pena del senso

Dopo, la divina sentenza, supposto che l'anima sia condannata  al Purgatorio, il desiderio di purificazione invade l'anima  stessa, che nella pena che le è riservata vede la via che la  condurrà più presto in Paradiso. S. Caterina da Genova, nel suo  meraviglioso Trattato del Purgatorio, dice che l'anima corre a  precipitarsi in Purgatorio, tanto è grande l'orrore che  concepisce dei suoi falli dinanzi alla purezza e alla santità di  Dio e tanto è impaziente di purificarsi dalle sue sozzure. Ecco  le parole della Santa: «Siccome lo spirito mondo e purificato  non trova luogo, eccetto Dio, per suo riposo, essendo stato  creato a questo fine; così l'anima in peccato, altro luogo non  trova adatto, salvo l'Inferno, avendole ordinato Iddio quel  luogo per fine suo: perciò in quell'istante in cui lo spirito è  separato dal corpo, l'anima corre verso l'ordinato suo luogo,  senz'altra guida che la natura del peccato, quando l'anima parte  dal corpo in peccato mortale. E se l'anima non trovasse in quel  punto quell'ordinazione (procedente dalla giustizia di Dio)  rimarrebbe in un maggiore inferno; perciò non trovando luogo  conveniente, né di meno male per lei, per l'ordinazione di Dio  vi si getta dentro, come nel suo proprio luogo.

«Così a proposito del Purgatorio, l'anima separata dal corpo,  non trovandosi in quella purezza nella quale fu creata, e  vedendo in sé l'impedimento che non le può essere levato se  non per mezzo del Purgatorio, presto vi si getta dentro, e  volentieri e se non trovasse questa ordinazione, atta a levarle  quell'impaccio, in quell'istante in lei si genererebbe un vero inferno, vedendo di non potere accostarsi (per l'impedimento)  al suo fine, che è Dio, il quale le è tanto a cuore, che in  comparazione al Purgatorio è da stimarsi nulla, benché, come si  è detto, sia simile all'Inferno (cap- 7)».

Le rivelazioni dei Santi confermano quanto dice S. Caterina da  Genova. Leggiamo in S. Geltrude come una religiosa del suo  monastero, nota per le sue austere virtù, essendo morta ancor  giovane con sentimenti di edificante pietà, si manifestasse alla  Santa, mentre questa stava pregando per lei. La defunta fu vista  innanzi al trono dell'Altissimo circondata da una brillante  aureola e ricoperta di ricche vesti tuttavia sembrava triste in  volto e pensierosa, e teneva gli occhi bassi quasi si vergognasse  di comparire innanzi a Dio. Sorpresa Geltrude, domandò al  divino Sposo delle vergini la causa di quella tristezza e di quel  timore, e lo pregò di invitare quella sua sposa presso a lui.  Allora Gesù, fatto cerino a quella buona religiosa di  avvicinarsi, le sorrideva con amore; ma ella sempre più turbata  ed esitante, dopo aver fatto un grande inchino alla Maestà di  Dio, si allontanò. Santa Geltrude, più che mai stupita,  rivolgendosi direttamente a quell'anima, le disse: - Figlia mia,  perché esiti e ti allontani, mentre il Salvatore t'invita? Hai  sempre desiderato questa suprema felicità durante la vita  terrena, ed ora che sei chiamata a goderne, te ne rimani così  fredda e impassibile? Non vedi forse che il buon Gesù ti  aspetta? - Ma quell'anima rispose - Ah! madre mia, io non sono  ancora degna di comparire innanzi all'Agnello immacolato,  poiché mi restano ancora alcune macchie da purificare. Per  potersi avvicinare al Sole di Giustizia bisogna essere più puri  della luce stessa ed io non ho ancora questa perfetta purezza  che egli brama di contemplare nei suoi Santi. Anche se le porte  del cielo fossero spalancate dinanzi a me e da me sola  dipendesse il varcarle, non oserei giammai di farlo prima di  essere intieramente purificata dalle più piccole colpe; mi sembrerebbe che il coro delle Vergini, che seguono di continuo  l'Agnello divino, mi dovesse scacciare lontano da lui per non  esserne degna. - Ma come può esser ciò che mi dici, rispose la  Santa, se io ti vedo, o mia figlia, circondata di luce e di gloria?  - Quanto voi vedete, rispose quella, non è che la frangia delle  vesti sublimi dell'immortalità. Ben altra cosa è il vedere Iddio,  il vivere in lui e possederlo per sempre! Per conseguire però  questa grazia è necessario che l'anima non abbia in sé la più  piccola macchia di colpa. Così, dopo il giudizio, si inizia la  purificazione, hanno inizio le pene. E quali pene! Vicino alla  bara di un nostro caro, che le sofferenze hanno consumato, ci  confortiamo ordinariamente dicendo: - Almeno ha finito di  patire!... - Oh! finissero veramente, col finire della vita  presente, le nostre pene! Il corpo cessa di soffrire, ma le  sofferenze dell'anima possono continuare, possono accrescersi,  e continuano e crescono generalmente. Infatti secondo quello  che insegnano i Dottori, i patimenti del Purgatorio non solo son  riservati a quasi tutte le creature umane, ma per la loro intensità  neppure sono da paragonarsi ai patimenti della vita presente.  Secondo S. Tommaso, il quale del resto non fa che riferire  l'unanime insegnamento dei Padri, le pene del Purgatorio in  nulla differiscono dalle pene dell'Inferno, eccetto che nella  durata. Altrettanto asseriscono i mistici. Ecco quel che  leggiamo in S. Caterina da Genova «Le anime purganti  provano un tal tormento, che lingua umana non può riferire, né  alcuna intelligenza darne la più piccola nozione, a meno che  Iddio non lo facesse conoscere per grazia speciale (Tratt. del  Purg., cap. 2).

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Sac. Luigi Carnino

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